mercoledì 24 dicembre 2008

God bless us, everyone

Una visita di Santo Nicola
(Era la vigilia di Natale)

Libera traduzione ed adattamento da A visit from St. Nicholas, (meglio conosciuta con 'Twas the night Before Christmas) di Clement Clarke Moore.


Era la vigilia di Natale e a Monterivecchi
nessun si muoveva, neppur di sottecchi.
Le calze appese lungo le scale
attendevan l’arrivo di Babbo Natale

Ada dormiva nel letto serena
sognandosi i dolci mangiati per cena
e mamma Lucilla con Ciccio suo sposo
si preparavan al lieto riposo

quando un forte rumore si udì sopra il tetto
corsi a vedere saltando dal letto
andai alla finestra così di filata
e cercai di guardare attraverso la grata.

La luna splendeva sui colli e sui clivi
rendendo d’argento cipressi ed ulivi
quando … laggiù nella nebbia a tratti men fitta
vidi otto renne ed una piccola slitta.

D’un tratto mi venne il cuore alla gola
quello era senz’altro Santo Nicola !
Più svelte dei lampi, più forti dei tuoni
chiamava le renne scandendone i nomi

Vai Dasher, Vai Dancer !
Su Prancer e Vixen !
Dai Comet ! Dai Cupid !
Via Donner e Blitzen !
Lassù sulla torre !
Sul punto più alto !
Ed ora, su, tutte ! L’ultimo salto !


Come foglie secche dal vento portate,
che incontrando l’ostacolo fanno impennate
così atterrarono innanzi ai miei occhi
San Nicola e la slitta con tutti i balocchi.

E tutto d’un tratto sentii sopra i tetti
il suono ovattato dei lor zoccoletti.
Ancor non mi ero del tutto voltato
che Santo Nicola s’era già presentato.

Vestito in pelliccia dai piedi alla testa,
Colla vecchia uniforme del giorno di festa,
Avea sulle spalle un sacco di iuta
e lieto ridea colla faccia barbuta

La faccia contenta, dagli occhi uno sprizzo
due rose le gote, il naso rubizzo.
Dalla bocca sortì una sincera risata
la barba sul mento era neve ovattata.

Tra i denti teneva una pipa d’Olanda
e il fumo d’intorno parea una ghirlanda.
Il viso rotondo, la risata argentina,
ridendo, la pancia parea gelatina.

Panciuto e grassoccio, mettea buonumore
e quando lo vidi io risi di cuore
strizzatomi l’occhio mi fece sapere
che nulla avevo ormai da temere

non disse parola e tutto d’un tratto
Riempì tosto le calze e quindi di scatto
Mise il suo dito davanti alla bocca
e via se ne andò come freccia che scocca

Saltò sulla slitta, fischiò e come un dardo
Via s’involò come piuma di cardo.
Ne sono sicuro, non ho udito male:
“Buonanotte”, esclamò, “e anche a te Buon Natale !”

martedì 23 dicembre 2008

Dei limoni gravidi di Pietrasanta


Giovan Battista Ferrari , senese di nascita e romano d'adozione, fu un padre gesuita già professore di ebraico al Collegio Romano. La sua eccezionale passione per l'orticultura lo mosse a divenire consigliere botanico della famiglia Barberini ed a pubblicare uno dei più straordinari testi sull'argomento: De Florum Cultura Libri Quatuor, uscito a Roma coi caratteri di Stefano Paolini nel 1633 e subito versato in italiano già nel 1638 col titolo Flora ovvero cultura dei fiori, sempre a Roma per i tipi di Pier Antonio Facciotti*

Ma a noi più che il De Florum Cultura interessa una sua opera successiva: Hesperides sive de Malorum Aureorum Cultura et Usu Libri Quatuor, Roma, Herman Scheus, 1646,  ex typographia Vitalis Mascardi. E ci interessa non tanto perchè precoce esempio d'opera scientifica redatta col metodo galileiano dell'osservazione diretta, quanto perchè in essa si tratta, e vengono fedelmente illustrati, i celebri limoni gravidi di Pietrasanta.

Si, avete letto bene: i limoni gravidi hetrufcus Petræ fanctæ ager, ossia una cultivar di limoni detta cedrina caratterizzata dal contenere entro il frutto altri frutti più piccoli, quasi come se fosse una matrioska.

Ma lasciamo che a parlarcene sia il Ferrari:

La terra etrusca di Pietrasanta, confinante con la Liguria, genera con l'appellativo di cedrino il più prelibato e dolce dei limoni, quanti ce ne sono, nato dall'innesto (come dicono) del cedro, che per il suo profumo e per la natura simile viene chiamato cedrato. [...] E' pur vero che nell'estrema Etruria la campagna adiacente alla città di Pietrasanta, straordinariamente fertile per il tiepido soffio del vicinissimo mare, genera limoni cedrati quasi sempre pieni di altri limoni. [...] In qualcuno di essi [...] appare un altro limone più interno e se questo mezzo viene tagliato, dopo la buccia dorata e la polpa bianca, si presenterà un midollo bianchiccio, non di rado un terzo frutto, avvolto dall'embrione. Persino dall'incisione aperta dell'ultimo frutto qualche volta si osserva una covata compatta di piccoli limoni.

Con questa idea, che spero susciti la vostra curiosità al pari di quanto ha stimolato la mia, e con l'augurio di poter gettare nella fiamma ardente del vostro caminetto una scorza del cedrino di Pietrasanta così da profumare l'ambiente e render più vivi i grilli del focolare, vi porgo con sincerità the compliments of the Season.


Ferrari, Gio. Batta, S.J., Hesperides sive de Malorum Aureorum Cultura et Usu Libri Quatuor, Liber Tertius, Limon citrato primæ notæ, Cap. XIX, pp. 263, Roma, Herman Scheus, 1646.

Freeberg, D., Ferrari and the pregnant lemons of Pietrasanta, in: Il Giardino delle Esperidi. Gli agrumi nella storia, nella letteratura e nell'arte, Visentini, Firenze, Edifir, 1996, pp. 41-58.


* Chi fosse interessato a questa edizione ed alle magnifiche incisioni ad opera di Guido Reni e Pietro da Cortona, sappia che ne esiste una anastatica per merito della casa editrice Leo S. Olschki nella collana Giardini e Paesaggio.

lunedì 22 dicembre 2008

Villeggianti

Forte dei Marmi vantava, almeno un tempo, il primato del cosiddetto turismo d'élite. Mi diverte pensare d'aver trovato, nell'archivio mediceo avanti il principato uno dei primi esempi di villeggiatura d'alto livello.

[...] Il Duca [Cosimo I] fu tutto hierj alle miniere [di Pietrasanta], dove chi vole andare e' forza mirare dove sj pone lj piedi, chj non vole precipitare, il che fu causa che la Duchessa [Eleonora di Toledo] e il Campana, che s'erano inviatj per quella volta, non si conducessero lassù, ma in quel cambio consumoreno tutto il giorno su per il litto del mare. Questa mattina loro Ex.tie sono cavalcate verso il mare per fare oggi una pescha [...]

Fiorentini al mare ce ne sono sempre stati, e forse ce ne saranno ancora, ma questi sono davvero i loro progenitori. Basti considerare che la lettera è datata 23 decembre 1542. Come fosse domani.

Tant'è.

giovedì 18 dicembre 2008

Bilanci e bilance

Fossi un venture capitalist investirei in bilance di Mohr-Westphal. Pur per motivi a me ignoti, la domanda delle medesime dev'essere molto forte. Basti considerare che il 22 % dei miei visitatori occasionali giunge su Solusadsolam con quella chiave di ricerca. Per converso la chiave "coito bestiale", che credevo più attraente, si attesta ad un misero 0,85 %.

Tant'è.

Virgola e San Gennaro


Pensavo che l'ultima delle aberrazioni umane si fosse incarnata in quel gatto che alla televisione si candida a suoneria del tuo telefono cellulare.
Che, rebus sic stantibus, ci sia qualcuno ancora in grado di tollerare quel simulacro felino che tenta di muovere la bocca e le vibrisse in modo semi-antropomorfo è per me mistero insondabile e, non vi nascondo, motivo di nervosismo, isteria e profondo rammarico.

Ma oggi, con la posta, ho visto battere persino quell'infimo primato e mi è toccato ricredermi. Trovo infatti un pieghevole (che sarò felice di inviare via email a chi me ne faccia specifica richiesta) nel quale mi si propone di ricevere a giorni alterni una preghera di benedizione tramite SMS a maggior gloria mia e dei miei cari. Per stimolarmi ancor di più all'adesione mi si blandisce con un santino di Padre Pio da usarsi come sfondo per il cellulare e mi si promette di ricevere - al costo di 2 Euro cadauna - immagini speciali dei santi protettori nei giorni in cui non avrò la preghiera. Insomma, per sei euro mi assicuro la settimana santa ed il riposo domenicale.

I proponenti, consci della non unanime approvazione della figura del Santo di Pietralcina, si prodigano nel fornire un ricco menu di edificanti alternative: da Gesù Cristo al Papa (compreso quello passato), dalla Madonna di Lourdes a Santa Cecilia passando per Sant'Antonio, San Giuseppe e Santa Lucia che si può avere come wallpaper inviando S14 al numero 48**24).

Io stento a credere non solo che ci possano essere persone interessate a questo tipo di servizi, ma che possano esistere imprese (e la proponente è una società per azioni !) il cui oggetto sociale è costituito da questa eccezionale vacuità, da questo vuoto pneumatico di contenuti, da una così evidente vendita del nulla con un fiocco sopra.

O tempora, o mores .

mercoledì 17 dicembre 2008

Hey !

In cambio del Piano Marshall gli Stati Uniti hanno preteso, tra le altre cose, che le nostre televisioni trasmettessero serie televisive propagandistiche dell'american dream. Ci hanno conquistato, insomma, più con Happy Days che con tutto il resto.

[Per inciso: stessa sorte è toccata al blocco sovietico. Dove non hanno potuto migliaia di testate nucleari è bastata una piccola iniezione di consumismo]

Intere generazioni sono cresciute con il modello Fonzie, seguito dal Beverly Hills 90210 e dal Dawson Creek,  per arrivare all'odierno Anna Montana passando da O.C. e da chissà quanti altri che non mi vengono alla mente. I teledipendenti mi scuseranno.

Io sono rimasto fedele a Fonzie, tanto che ancora oggi mi riguardo le puntate su Sky approfittando della possibilità di ascoltarle in lingua. A parte il fatto che la versione italiana le eleva ad un livello assai più alto rispetto all'originale (ascoltandoli con le loro voci si sente che sono nati per un pubblico di fascia medio-bassa), mi diverte fare quel piccolo sforzo in più per poter dare un senso alla storia e per poter cogliere aspetti lost in translation.

Uno di questi è il celebre sit on it che si legge scritto sul muro nella sigla iniziale (assieme a Wiscosin (sic) cheese e Mickey is a mouse) e che diventa un vero e proprio tormentone della serie.
Si tratta, ora lo posso dire con sicurezza dopo aver consultato l'utilissimo Urban Dictionary, di una frase gergale dal significato equivalente al nostro pecoreccio "frena la mula !" o "fèrma un colpo !". Un invito a fermarsi per un istante a riflettere sulla stupidaggine appena proferita od a prendere un momento di pausa per dare un senso più logico a quanto appena detto e/o fatto.

Sarà, ma io mi diverto così.

Popper, Karl, Cattiva maestra televisione, Donzelli, Roma, 1994 

martedì 16 dicembre 2008

Meteorismo

Dovevo dar retta a chi, più prudente di me, questionava l'assunzione inopinata di antibiotici. Avevo appena terminato un ciclo di sette giorni e, dopo neanche un fine settimana, ho rincarato la dose con un farmaco suggeritomi dal dottore. Se è vero che ho ottenuto la vittoria sulla gola, più in basso le truppe hanno perso su tutta la linea. Tant'è che ho passato questi giorni nella posizione del Dante di Rodin.

Ora, quando i buoi sono scappati, chiudo la stalla con dosi di Codex, medicina contenente cinque miliardi (migliardi) di fermenti lattici vivi; e vi garantisco che me li sento tutti, uno per uno, scendere nello stomaco e razziare come orde di barbari alla conquista di Roma. Cinque miliardi la mattina, che imperversano fino a dopo pranzo, ed altri cinque la sera - i rinforzi alla fanteria - che rincalzano le fila di quelli ormai esausti.
Zucchero cantava "... perchè c'è un diavolo in me, baby, forse c'è un diavolo in me". Ecco, nel mio caso leviamo pure il forse.

Mi sia consentita, in calce, una nota sul titolo. La parola meteorismo viene dal greco meteòros che significa "sollevato, in alto, levato". Da qui una riflessione sulla parola meteora, che non comunica affatto la condizione transeunte di chi passa e se ne va, ma piuttosto di chi è elevato, chi sta in cielo,al di là,  in mezzo all'aria (meta - aer).
Ricordo una trasmissione che rianimava vecchi artisti con GCS inferiore ad 8. Ma che un tempo, durante i loro quindici minuti di celebrità, stavano in alto, in cielo. Come le vere meteore.

giovedì 4 dicembre 2008

Capostipite

"Vedi ? io sono nato in quella casa. Si stava là, erano contadini i nostri, prima che tuo nonno venisse a Querceta a negoziare."

Parole di Abramo Salvatori in Salvatori, L., Al confino e in carcere, Feltrinelli, Milano, 1958.

Dell'agiografia

Tra i vari skills che si richiedono nel mio lavoro, c'è quello di riconoscere a colpo d'occhio gli attributi grazie ai quali vengono identificati i santi. Cosa che, naturalmente, io non so fare come dovrei. Mi accorgo, insha'Allah, solo di quelli più evidenti: la ruota di Santa Caterina, il leone nel deserto di San Girolamo e, venendo a noi, la torre di Santa Barbara.

Scrivo "venendo a noi" perchè oggi la Chiesa ricorda e venera Santa Barbara benedetta, protettrice dal fuoco e dalla saetta. Trattasi, invero, di una santa che più volte ha incrociato la mia vita di miscredente bestemmiatore.
La caserma di Milano dove ho svolto parte del servizio militare era a lei intitolata, ed ogni volta, entrando, mi veniva da pensare alla santabarbara dei galeoni, la polveriera che poteva scoppiare da un momento all'altro (non a caso la santa è protettrice dei VV.FF. e garante contro i danni dei fulmini e degli scoppi improvvisi).
La ridente ed amena cittadina di Montecatini val di Cecina (a me cara per ragioni di studio) entro i cui confini era situata una delle più estese miniere di rame di tutta Europa, aveva come vice-patrona Santa Barbara, in quanto protettrice dei minatori e degli artiglieri.
Infine il suo elemento distintivo, la torre, mi porta alla mente il luogo in cui ho la fortuna di vivere e, dandomi l'idea di casa, mi fa sentire più vicino il suo mistico e superstizioso influsso.

In questi giorni, durante i quali sento con una certa intensità il bisogno di spiritualità, mi consola rivolgere un breve ma intenso pensiero a Santa Barbara ed a coloro che, in ogni tempo, si sono rivolti a lei in preghiera e raccoglimento.

[Per inciso: Te dovevi fa' 'l préte, mi dice sempre la mia mamma]


mercoledì 3 dicembre 2008

INRI

[Per inciso: sia chiaro che io sono cattolico, apostolico, romano e sinceramente credente nei dogmi di Santa Madre Chiesa. Per carità].

La bimba quest'anno ha iniziato le elementari e suor A***, la sua maestra, ha principiato ad instillare nella sua giovane mente i primi rudimenti di catechismo e di storia biblica.
La mattina, quando la porto a scuola, vuole che le racconti storie della vita del Cristo od episodi del vecchio testamento ed io cerco di recitarglieli come se fossero, appunto, delle storie: imposto voci diverse, calco sugli elementi scenografici, indugio in pause strategiche nei momenti di maggior tensione ... e via di seguito.
I racconti che vanno per la maggiore sono quelli riguardanti i miracoli di Gesù: in particolare la resurrezione di Lazzaro, la moltiplicazione dei pani e il dono della vista al cieco.

Tutto questo raccontare mi ha fatto ricordare il soggetto di un film di fantascienza che ho in mente da quasi vent'anni. Mi venne pensato, una volta, quanto sarebbe "potente" una pellicola nella quale tutti i miracoli di Nostro Signore venissero riletti in chiave sci-fi.
Immaginiamoci, tanto per spararla grossa,  uno scienziato tipo Jeff Goldblum che viaggia nel tempo con un corredo di medicinali, cibi e strumenti tipici della nostra era. Torna indietro di duemila anni ed inizia il suo percorso di esplorazione e studio della civiltà. Nel farlo, però, utilizza incautamente i prodigi della nostra tecnica. Rende la vista ad un cieco somministrandogli un collirio al cortisone, risuscita un morto con una iniezione cardiotonica, moltiplica pani e pesci aggiungendo acqua ai suoi cibi liofilizzati ... insomma senza rendersene conto ripercorre tutta la serie di miracoli che noi abbiamo attribuito a Gesù.

Tutto il film dovrebbe essere orchestrato in modo da far crescere pian piano il sospetto che quella "innocua" spedizione scientifica per conto dell'INternational Research Institute sia divenuta in realtà responsabile d'un capovolgimento completo della nostra base religiosa occidentale.

Roba, se fatta bene, da far tremare le vene nei polsi.

Non vi pare ?

martedì 2 dicembre 2008

Vertigo

C'è il ragazzo di bottega ed il maestro pittore, il mediano ed il 10 fuoriclasse, l'avvocato di provincia ed il principe del foro. Facciamocene una ragione.

Per quanto a noi ci dolga il collo a forza di guardare in alto, per quanta fatica e sudore si impieghi per tentare l'impresa, non ostante ogni sforzo e tentativo, c'è sempre chi - bel bello - arriva, ti supera in un attimo e vince di gran lunga e senza sforzo. Si chiama classe, ed è innata. Se ci nasci bene, sennò ciccia. Gli inglesi definiscono chi ce l'ha "talented" e gli americani "gifted". E', insomma, un talento della parabola (Mt., 25, 15) od un dono che viene dal cielo.

Oggi ne ha dato prova tangibile daniuccia nel suo post. Ha dimostrato come si possa raggiungere, passeggiando, una vetta e come si possa arrivare alla cima senza affanno e con l'aria distratta di chi dà per scontato il risultato ottenuto.

Come sperare, con i nostri mezzucci, di arrivare alle sue vette ?
Lassù l'aria è troppo fine, e non si respira.

Chapeau.

lunedì 1 dicembre 2008

Viva Bush !

Sfido chiunque a riconoscere questo testo :

Heathcliff, it's me, I’m Cathy, I've come home and I´m so cold, let me in your window.

Per anni mi è risuonato, e senz'altro vi è risuonato, nella mente. Mai, mai, mai avrei pensato a questo testo.
Provate, se vi fa comodo, a leggerlo così

Heathcliff / it's me, I’m Cathy, I've come home and I'm /  so cold, / let me in your ... window.

E se proprio proprio non ci cavate un ragno da un buco, cliccate qui http://www.youtube.com/watch?v=Hv0azq9GF_g

[Per inciso: il soggetto di questo post è dovuto alle avverse condizioni meteorologiche, che hanno sradicato un cipresso in giardino].

domenica 30 novembre 2008

Slanchivàr !


Caro Babbo Natale,

quest'anno ti scrivo con un certo anticipo perchè, conoscendo i tuoi impegni, voglio evitarti le corse dell'ultimo giorno ed anche perchè desidero che tu abbia tutto il tempo necessario per procurarti  - eventualmente - quello che ti chiedo. Non sia mai che, come l'anno scorso, tu ti debba giustificare per non aver trovato quel poco che ti avevo richiesto.

A me pare, tutto sommato, di essermi comportanto bene per tutto il 2008. E' ben vero che l'anno non è ancora finito, e che in un mese si possono combinare le peggio nefandezze, ma se si guarda al trend dei mesi precedenti, c'è da sperare per altri trenta giorni di bontà. Tu, piuttosto, come ti sei comportato ? Scommetto che te l'hanno chiesto in pochi. Tutti sono a dichiararti spontaneamente le proprie pagelle di bontà e rari nantes osano mettere in dubbio la tua. Insomma, spero che anche tu possa dirti soddisfatto della condotta passata e sono certo che - proprio come faccio io - prometterai a te stesso ed ai tuoi familiari di impegnarti di più per il 2009 venturo. (Se mi permetti una confidenza, io fossi in te insisterei di più sulla spinosa questione del cibo, che in quel campo mi pare tu ti lasci un po' troppo andare).

Ecco. Detto questo, veniamo pure alla faccenda dei regali. Bambole, trenini, biciclette, costruzioni, puzzles e palloni nè ho in quantità. Per quelli, quindi, non ti disturbare. E ti sollevo anche dal pensare a mutande, calzini e maglioni, che quella è competenza di mamme e vecchie zie. La busta con dentro i soldi così "ci compri quello che ti pare", mi pare davvero poco delicata, specialmente per te che hai una reputazione da difendere. I profumi, come ben sai, sono troppo personali e le cravatte, inutile dirtelo, ognuno preferisce comprarsele da sè.

Io, per andare sul sicuro, ti suggerisco di portarmi una bella bottiglia di whisky. Meglio se maggiorenne e se proveniente dall'isola di Islay (leggi ai - la). Come sai, da ormai più d'un anno ho sospeso il fumo della pipa. Non posso dire d'aver smesso, per onestà verso me e verso gli altri, ma posso impunemente affermare di esser in fase sospensiva (non sia mai che un giorno riprenda). Quindi, la sera, invece che rimanere con me stesso a celebrare il rito sacerdotale della pulitura, carico ed accensione della più gelosa delle amanti, voglio illudermi di poter diluire (o nel caso affogare) affanni ed amarezze in un thimbleful d'Acqua di Vita. 

Se ti pare che abbia chiesto troppo, mi contento anche di una bottiglia di Laphroaig (leggi la - froig) 10 anni. Quella, detto tra noi, la trovi anche all'Esselunga.

Ti ringrazio per quanto potrai fare e, con l'augurarti ogni bene per le prossime festività, ti stringo la mano e resto, tuo affezionatissimo


P.S. Quasi dimenticavo. Anche i miei bimbi ti manderanno una letterina. Perdona gli errori di ortografia e mandami pure il contante tramite bonifico bancario. A comprare i regali, come d'accordo, anche quest'anno ci penso io.

sabato 29 novembre 2008

Nenenè, indovina quel che è

Su, via, basta, rompiamo gli indugi. Una settimana di letto, di febbretta, di tossone, di beata solitudo / sola beatitudo, mi hanno tolto la voglia di scrivere sul blog.
Che ci crediate o no, oggi ho ricevuto due rimproveri dai miei lettori: uno verbale ed uno, addirittura, scritto. Perchè non scrivi ? Che fai ? Hai smesso ? Quando ricominci ? Non ti diverti più ? E' colpa delle medicine ? Insomma, pare che si reclami a viva forza un post. Brutto, noioso, magari banale, purchè sia una riga scritta da leggere. E va bene. Eccovi contentàti.

Anni fa (ero un bimbo) mi giunse notizia di un concorso di indovinelli a doppia lettura. O sconcissimi da depravati, od innocenti da educande. Io partecipai con quello che segue, ma non ho mai saputo nulla, nè se l'hanno pubblicato, nè se l'hanno risolto. Provateci voi, se vi diverte:



Ogni sera me la faccio
sopra il tavolo, in cucina,
e la finisco indisturbato
dentro al letto. Poverina !

Resta solo, alla mattina,
contenente un po' di seme
quella lurida "bustina"
colla quale nessuno teme


A me pare, al solito, banalissimo e spregevole.

giovedì 20 novembre 2008

Palle di cannone ingallate

L'altro giorno, qui a Firenze, c'è stata la vernice di una mostra d'arte contemporanea. Non sapendo più cosa inventarsi per attrarre il pubblico, l'astuta maîtresse de maison ha proposto - in vece del solito prosecchino con fragole minto e riminto - una selezione di tè cinesi offerti secondo i metodi cerimoniali classici. Al servizio non c'erano proprio due gheisce sbiaccate di cerone, ma piuttosto un paio di ruspanti piemontesi di Alba che, abbandonati gli odorosi truffes per le più aromatiche foglie di camellia sinensis, si sono prodigate a decantare - in ogni senso - le virtù dell'ambrata bevanda. Costoro distribuivano, oltre al liquido, un solido opuscolo illustrativo delle mille e mille proprietà del tè verdè.

Cercando di capire come mai i cinesi sono felicemente ultimi nelle statistiche sull'incidenza di certi tumori, alcuni scienziati hanno trovato la molecola EGCG (Epigallo Catechina Gallato) portatrice d'effetti anti tumorali ed anti infiammatori. Non solo in chiave preventiva, ma persino in caso di patologia già esistente. A questo punto è inutile che io mi metta a riassumere quello che trovereste con una qualsiasi ricerca su Google. Voglio però consigliarvi, prescrivervi, direi quasi: imporvi la sorbita di tre o quattro tazze di tè verde al giorno.

Acqua minerale naturale, temperatura prossima all'ebollizione, due cucchiaini di Gunpowder Green (vae alla bustina !) one for you and one for the pot, infusione massima di tre minuti. Niente latte, zucchero, limone. Per carità. Tazza in porcellana più fine possibile.

Chi non riuscisse a procurarsi un decente tè verde in foglie mi scriva e riceverà preziosi ed inattesi consigli.

Mi raccomando. 

martedì 18 novembre 2008

Mesmer

Io non mi ricordo nulla.

O meglio, quasi nulla.

O meglio ancora, i ricordi mi riaffiorano se opportunamente stimolati. Per questo rimango affascinato da chi conserva ben presenti vivide immagini degli eventi passati.

La memoria è come una soffitta nella quale vanno riposti, il più ordinatamente possibile, gli strumenti che riteniamo necessari per la nostra vita. E, come diceva mr. Holmes,  it's a mistake to think that that little room has elastic walls and can distend to any extent. Si vede che io ho accumulato troppa robaccia e, come se non bastasse, l'ho riposta in modo poco efficiente. Così mi trovo a non ricordare se non per caso e grazie a rispolverature altrui.
Cercando l'etimologia della parola "memoria" ho trovato quanto segue: 

mèmore = lat. MEMOREM, [...] màr - mar, ricordarsi, conoscere [...]. Da questa radice rampolla anche il gr. mèrmêra cura, sollecitudine e propr. il frequente ricordo di una cosa, mer - mêrìzô, volgo e rivolgo in mente, màr - tyr testimone e propr. quegli che rammenta (v. Martire).

E quindi ho chiuso il cerchio. Mancata cura e sollecitudine nello stivaggio in soffitta; volta e rivolta in mente dei vecchi ricordi, come Mesmer che ipnotizzava in limine vitae. Ed infine il bellissimo martire=testimone.  Per oggi mi posso contentare.

Conan Doyle, Sir Arthur, A Study in Scarlet, in Beeton's Christmas Annual, Ward, Lock & Co., London, 1887.

lunedì 17 novembre 2008

Un cocco per te

C'è caso che io metta su un pollaio.
Quod, in frumenti inopia, ovum (sarebbe, in realtà, ervum).
Ho pensato di prendere una decina di galline.
Avrò il problema delle uova in eccesso rispetto al consumo familiare.
Vorrà dire che le regalerò.
Senza però assumermi alcuna responsabilità.
Che di questi tempi non è cosa da poco.

[Per inciso: Oggi (solo oggi !) ho imparato che Myricae si traduce in tamerici, e posso dirmi felice].

venerdì 14 novembre 2008

Ictu oculi


"Dev'essere da qualche parte", diceva una.

"E' qui in casa senz'altro", diceva l'altra.

Tant'è che me lo sono dovuto comprare io e far spedire da una libreria di Venezia.

Mi riferisco al libro del quale ho riportato un paragrafo nell'ultimo post, che in questi giorni è oggetto delle mie letture e di note margine (perché non sono contemporaneo) e che mi muove alla promessa di andare a visitare i luoghi descritti e dall'autore. Mi affascina l'idea che, dopo ottant'anni e passa, i miei occhi rivedano quello che lui aveva visto, che due palme di piedi della stessa razza ricalpestino quei sassi, che due nari di nepote riannusino il nepote dello stesso odoroso gelsomino. E poi tanto va a finire che non ci vado, che i viaggi me li faccio nella mente, che poi carica cento bagagli, sistema i bimbi, prenota gli alberghi e i traghetti, gli spostamenti, fai sopportare il caldo, mantieni alto l'interesse ... tutto per  una cosa che - a dire il vero -  interessa principalmente, se non esclusivamente, me. Ed allora mi diverto a pensare di esser venuto qui a Firenze apposta, come un turista, per vedere cose che magari interessano ad altri anch'essi restati a casa.

Eccomi davanti al civico 22 di Piazza de' Pitti dove in questi pressi / fra il 1868 e il 1869 / Fedor Mihailovic Dostojevskij / compì il romanzo "L'idiota".

Ed ora sono al 132 di via de' Serragli  dove in questa casa bella / prima di salire a Bellosguardo / per più operoso soggiorno / dimorò nel 1858 / l'autore della "Lettera Scarlatta" / Nathaniel Hawtorne.

Ed infine in via Romana, sopra il 135 dove c'è scritto che dalla casa modesta / ove abitò adolescente / Giosuè Carducci / la scuola tecnica d'Oltrarno / in concordia col comune / volle che il bronzo perenne / ne additasse la gloria / XVII Aprile MCMVII.

Tant'è.


Bassi, F., La Storia d'Italia nelle Epigrafi Ditirambiche sui Muri di Firenze, Helicon, Firenze, 2000,

mercoledì 12 novembre 2008

Palermo - Trapani

Con una certa trepidazione mi accingo a ricopiare qui di seguito alcune righe che un mio più illustre maggiore scrisse nella prima metà del secolo scorso.

Così le due notti passate a Trapani rimangono nella mia memoria con un appunto di minor sofferenza. Trascorsero in una atmosfera di allegria, alla quale non era estraneo il fuoco che il vulcanico vino delle vigne di Mazzara e di Marsala accendevano nella fantasia e nel cuore di tutti, anche di quelli che, astemi, per curiosità solo qualche sorso bevevano.
Con tali fiaccole, il carcere tessuto dalle ombre sembrava si aprisse alla virtù del sole meridiano.
La vita del passato e la brama dell'avvenire, lette e proiettate con la fatica del ricordo e del pronostico, perdono gli uncini dell'asprezza e corrono più lisce alla foce del desiderio. Se qualcuno dicesse che l'esistenza "tanto è amara che poco più è morte", con un bicchiere di quello che io intendo si convertirebbe a scoprire in Dante una tendenza ad esagerare.
E' un vino che sta tra il giallo e il rosso degli antichi velluti genovesi.

Salvatori, L., Al confino e in carcere, Feltrinelli, Milano, 1958.

Doppelgänger

O bimbo, sta' 'ttènto, se ti guardi troppo nello specchio ci vedi 'l diavole.

martedì 11 novembre 2008

Smidollati !

Ancora una riga sulla questione schiacciata/focaccia. La riflessione di ieri ha sollevato una serie di obiezioni tipiche di chi, anziché stendere una regola generale, trova più facile trovarvi l'eccezione. Obiezioni - a dire il vero - espresse verbalmente e non tramite l'apposito servizio di commenti offerto dal blog.
Alcuno si è voluto riferire alla schiacciata alla fiorentina, altri alla focaccia di Recco. Al proposito occorre osservare come la necessità stessa di dare una localizzazione al prodotto sia già di per sé segno di particolarità, di difformità, di delirio rispetto alla regola. Per questo motivo si aggiunge "alla fiorentina" o "di Recco": proprio per significare che siamo innanzi ad una schiacciata o ad una focaccia sui generis.

[Per inciso: quand'ero piccolo pensavo che quel "sui" volesse dire "sopra i"].

Quella del capoluogo è dolce ed è fatta con l'uva fragola. Quella ligure è invece improntata alla massimizzazione del profitto e fu portata alla ribalta dalla celebre Manuelina dell'omonimo ristorante. Consiste, come saprete, in un velo di Maya di pasta, squarciato da abbondantissima crescenza scaduta.

Pare invece dato per assodato che la differenza di cui si è dibattuto ieri dipenda, appunto, dall'atto dello schiacciare la pasta così da accelerare la cottura e diminuire la presenza di midolla. Ciò, almeno, per quanto mi riguarda.

Lo strolago di Chinatown

Ieri, per lo meno qui a Firenze, è uscito il Sesto Cajo del 2009.
Quelli che mi leggono fuori dal Granducato sappiano che mi riferisco ad un librettino dalla copertina celeste, di circa 10 x 15 centimetri, spillato nel mezzo con due bullette e presente nelle nostre edicole dal 1877. Il titolo completo è:

Il vero / Sesto Cajo Baccelli / Fratello maggiore di / Settimo Cajo Baccelli / Nipote del celebre / Rutilio Benincasa / Astronomo-Cabalista / Soprannominato: / Lo Strolago di Brozzi / Lunario per l'anno 2009.

 Trattasi di un piccolo manualetto - sempre uguale dal centotrent'anni - contenente previsioni del tempo per (tutto !) l'anno a venire*, indicazioni delle lune e dell'epatta, dei tempi per la semina, spigolature sulla campagna, elementi di agiografia spicciola, notizie sui mercati e  fiere di paese, sui lavori da compiere in cantina secondo le stagioni, e via e via e via.
Da quando è uscito ha cambiato tre o quattro editori, ora è pubblicato da una sussidiaria della Giunti, ma ha sempre mantenuto le sestine d'apertura e - credo - i tre problemini in penultima pagina. Vi scrivo a proposito di quelli di quest'anno. Il primo è banale, il terzo è stupido, ma il secondo è affatto peregrino.
Andate in edicola, comprate il Sesto Cajo, e provate a risolverlo. E' chiedere troppo ?

Ed ora, una nota sul titolo. La parola strolago, vernacolare per astrologo, è divenuta strolico nel nostro versiliese e significa strambo, strano, stralunato, saturnino, lunatico, meteoropatico. Il riferimento a Chinatown, invece, è dovuto al fatto che oggi il ridente suburb di Brozzi è diventato presidio quasi esclusivo dei cinesi.



* Una volta ho incontrato uno dei tipografi che lo stampavano il quale mi ha raccontato di come si divertissero, tra loro, ad inventare le previsioni a caso, mettendo soli e piogge a seconda dell'umore.

lunedì 10 novembre 2008

Zuppa o pan bagnato ?

Proprio per non lasciare a bocca asciutta i miei venticinque lettori propongo, in questi giorni di silenzio stampa, un quesito di non facile soluzione. Qual'è la differenza tra focaccia e schiacciata ?
I principali dizionari online definiscono l'una utilizzando il nome dell'altra e, in buona sostanza, trattano i due termini come sinonimi. In realtà noi sappiamo, oltre al fatto che il concetto stesso di sinonimo non esiste, come tra i due cibi corra una differenza sostanziale.
Lasciamo ai milanesi il pravilegio di chiamare indifferentemente schiacciatine o focaccine i costossisimi manufatti edibili di Valè e rivendichiamo per noi stessi il privilegio di riferirci alle prime od alle seconde in ragione - a mio avviso - della quantità di midolla presente nel prodotto.
Dico male ?

giovedì 6 novembre 2008

An apple a day

Quando morì il povero Sem Ghelardini, il comune di Pietrasanta fece stampare un poster sul quale, oltre l'immagine, c'era scritto: "Di quali sei te ? Che bevi ?". Frase d'esordio, ice breaker, del compianto scultore versiliese. Ecco, ora gli rispondo.

Io sono di quelli del Melaio.

Pea. E., Arie Bifolchine, Vallecchi, Firenze, 1943.

mercoledì 5 novembre 2008

Michael Douglas, John Lange, Jeffrey Hudson

E' stato lo scrittore della mia adolescenza. Quello che ha segnato per sempre il passaggio dai fumetti ai romanzi. Quello che mi ha aperto la via alla letteratura.
Sempre un passo avanti, precursore dei tempi, documentatissimo profeta. Creò E.R. - la fortunata serie televisiva che ha dato il la al medical drama - vent'anni prima che uscisse in televisione. Introdusse il concetto di mobbing con anni d'anticipo rispetto al giornalismo. Preconizzò l'utilizzo concreto delle nanotecnologie con un tempismo d'eccezione.
E ciò non ostante scriveva letteratura popolare, per tutti, libri da ombrellone. Mettendo però in fondo una ricca bibliografia per invitare all'approfondimento, per suggerire letture ulteriori, per invogliare ad andare oltre alla finzione.
E' morto oggi, quando l'America - forse, e speriamo - volta pagina.
E quando anch'io, suo affezionato lettore, volto l'ultima pagina sulla biografia dell'amato Michael Crichton.

Proto

Lunedì mattina (che non lavoro) e nelle pause pranzo (come ora che è il tocco e mezzo) ho riguardato le bozze di un nuovo dizionario che uscirà entro la fine dell'anno. Non sono molto d'accordo col metodo scelto per l'elencazione delle parole, ma essendomi stato chiesto solo di correggere gli eventuali errori di stompa, limito il mio intervento a quanto strettamente necessario.
Tre giorni di full immersion nel nostro dialetto versiliese mi hanno rimesso al mondo. Credo che sia stato buffo sentirmi parlare, qui a Firenze e in questi giorni, con una dovizia di vocaboli presi dal nostro lessico.
In coda al dizionario c'è un elenco di filastrocche, modi di dire e proverbi. Ve ne lascio tre che mi hanno particolarmente divertito:

"Arosto c'un ti tocca, lascilo brugià"

"Chi vòle 'mpara' a bestemmia', porti tre legni senza legalli"

"E' méglio pióvi óggi che ne le méglio giornate"

Quest'ultimo attribuito all'indimenticabile Silvano Alessandrini.

lunedì 3 novembre 2008

Ars magna

Scrivo di fretta poche righe sul loisir che in questi giorni ha occupato i miei molti lettori. 
Chi prenda le singole lettere che compongono una o più parole e, dopo averle agitate per bene in uno shaker, rovesci il tutto nuovamente sul tavolo, avrà ottenuto un anagramma. Un celebre enigmista che si firmava Snoopy, ne propose la seguente definizione:

Lo determini mercè l'esatto / rimescolamento di lettere

Il bello di questo gioco consiste nell'applicarlo a casi concreti, a titoli di libri, a luoghi in cui si vive ... a qualcosa, insomma, che ci è in qualche modo di stimolo ulteriore. Il piacere è minimo, infatti, nel leggere che Roma si anagramma (tra l'altro) in amor, mentre forse può essere di maggior interesse notare come il santo Natale divenga l'alta solennità.

Una particolare species di questo genus è il c.d. aptagramma, ossia quel particolare tipo di anagramma nel quale la frase di partenza e quella di arrivo sono collegate da un medesimo significato. Si pensi, ad esempio, al celebre Democrazia Cristiana /Azienda camorristica.
Se poi il gioco viene fatto su nomi-e-cognomi il risultato può diventare davvero degno di nota. Sublime capolavoro è quello di Gianni Mura che vede in Carol Voitila / l'alto vicario.

Per mio conto, oltre a pavoneggiarmi per aver visto in Forte dei Marmi / fremiti d'amore voglio ricordare l'aptagramma che ha trovato Stefano Bartezzaghi a partire dal mio nome-e-cognome. Riconoscendo il mio gusto per l'inutile ha correttamente visto in me il giocar sulla vanità.

Per chi voglia approfondire l'argomento consiglio, oltre all'imprescindibile:

Bartezzaghi, S., Lezioni di enigmistica, Einaudi, Torino, 2001.

i due gustosissimi:

Bendazzi, A., Bizzarrie letterarie, presso l'autore, nel Seminario, Ravenna, 1951.
Bendazzi, A., Bazzecole andanti, Vallardi, Milano, 1996.

Ed ora vi saluto, che mi tirano i punti dell'operazione, e vado a letto colle galline.

domenica 2 novembre 2008

L'esarca di Ravenna

Sarò banale. Ma, forse, chi ancora non conosce quello a cui accennerò, mi sarà riconoscente.

E' noto come Totò fosse fiero dei suoi titoli onorifici, del suo blasone e delle origini nobili che poteva vantare; tanto che si battè persino legalmente per potersi fregiare dei seguenti patronimici:

Antonio Griffo Focas Flavio Dicas Commeno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio, altezza imperiale, conte palatino, cavaliere del sacro Romano Impero, esarca di Ravenna, duca di Macedonia e di Illiria, principe di Costantinopoli, di Cicilia, di Tessaglia, di Ponte di Moldavia, di Dardania, del Peloponneso, conte di Cipro e di Epiro, conte e duca di Drivasto e Durazzo.

Ma in una poesia, scritta proprio in occasione della odierna ricorrenza, egli ribaltò completamente la situazione, con una leggerezza ed un virtuosismo propri del genio. Io ritengo - per quanto possa valere la mia idea - questa sua composizione una tra le vette raggiunte nella sua vita, e forse financo la più alta. Sarà perchè ammiro negli altri i capovolgimenti ed i cambi di prospettiva dei quali io non sono capace.

Perciò, suggerisco a chi non conosca 'a livella di leggere qui ed, ancor meglio, di vedere qui.

Ecco, scritto questo, vi prego di considerare il presente post un omaggio verso la pietà dei defunti, ed il mio requiem aeterna per chi vi guarda di lassù.

Tant'è.

venerdì 31 ottobre 2008

Qui ambulat in tenebris

Amici, lettori, passanti per caso, siamo qui riuniti oggi per celebrare assieme il fausto giorno di Santa Lucilla martire, fiaccola di carità e vivido riferimento nelle ombre di ogni giorno.

Luce del mondo, meridiana face di caritate, alto lume di pratica bontà.

Rivolgiamo a lei una preghiera affinchè interceda sempre per noi.
Che, per l'amor di Dio, qui ambulat in tenebris, nescit quo vadat.

mercoledì 29 ottobre 2008

Galina Kocilova

Jeri sera, a cena, il contendere verteva su una questione apparentemente trascurabile. In realtà il problema è più serio di quanto si possa pensare. Ed anzi, il fatto stesso che si contenda su questioni di tale natura, ci impone una riflessione sul fondamento stesso della nostra società. Siamo dunque, noi uomini del secolo ventunesimo così rozzi ed ignoranti ? Abbiamo completamente perso la saggezza dei nostri padri ? Non sappiamo più la strada dalla quale siamo venuti ? La quaestio era la seguente: in un pollaio formato da sole galline, nascono le uova ?

Vi pregherei di rispondere senza ricorrere a Google od ai vostri nonni.

martedì 28 ottobre 2008

La settimana scorsa, nel 1554

Acid green, purple fashion, silk blue ... sono i nomi moderni dati a colori che erano già nella tavolozza di Jacopo Carrucci, il Pontormo. Ennesima e superflua riprova che non si inventa nulla e che nella vicenda del sapere non vi è progresso, ma al massimo una continua e sublime ricapitolazione.

Pontormo era un ossessivo compulsivo e registrava con maniacale precisione ogni suo pranzo ed ogni sua cena. Almeno così traspare da quei brani dei suoi diari che sono giunti sino a noi.
Di seguito le sue note di ciò che gli accadde la scorsa settimana, quasi cinquecento anni or sono.

Adì 18, la sera del santo Luca, cominciai a dormire giù col coltrone nuovo.
Adì 19 d'ottobre mi sentivo male, cioè infredato, e dipoi non potevo riavere lo spurgho, e con gran fatica durò parechi sere uscire di quella cosa soda della gola come alle volte io ho hauto di state: non so se s'è stato per esser durato un buondato bellissimi tempi e mangiato tuttavia bene; e adì detto cominciai a riguardarmi un poco e duròmi 3 dì 30  once di pane, cioè 10 once a pasto, cioè una volta el dì e con poco bere; e prima, adì 16 di detto, imbottai barili 6 di vino da Radda.
Adì 22 detto 1554 tornai e stetti in casa solo aspetare el fattore insino alle 4 hore, e dipoi mangiai uno pesce d'uovo, 8 once di pane, una noce e uno fico secho e due meluze cotte.
Adì 23, la sera, mangiai minestra di castrone lesso e dua mele cotte e 10 once di pane e una meza mezetta di vino, e cominciato a manomettere la botte.


Pontormo, Diario, Manoscritto Magliabechiano VIII 1490, BNC, Firenze.
Pontormo, Diario, Abscondita, Milano, 2005.

[Per inciso: la squisita ditta Berti di Scarperia ha realizzato un coltello ispirandosi fedelmente a quello dipinto dal nostro ne La Cena in Emmaus conservata agli Uffizi]

[Per inciso: pesce d'uovo è nome straordinario per la nostra più prosaica frittata]

lunedì 27 ottobre 2008

Della crittografia mnemonica

Considerando che neppure la promessa di descrizioni particolareggiate sull'unione carnale tra uomo ed animale stimola un vostro commento, provo a cambiare soggetto nella speranza di stabilire un più vivace dialogo con chi  mi legge.

La crittografia mnemonica è universalmente ritenuta una delle più alte forme di enigmistica. Si tratta di un gioco in grado di raggiungere i più profondi abissi del cervello, della memoria, della capacità di ricordare e - soprattutto - capace di collegare tra loro elementi apparentemente lontanissimi allo scopo di raggiungere una soluzione. Vediamone anzitutto la sintassi.
Essa è formata da un diagramma, da un esposto e, naturalmente, da una soluzione.

Il diagramma è la parte che contiene, oltre al nome del gioco, una serie di numeri che indicano quante lettere compongono la frase risolutiva e come esse vadano divise. Esattamente come nei rebus. Se nel diagramma compare, ad esempio: (3, 12, 9) significa che la soluzione da cercare sarà una frase composta da una parola di 3 lettere, da una di 12 lettere e da una di 9.
L'esposto è, invece, l'abbocco che viene dato al giocatore per trovare la soluzione. E' il punto di partenza dal quale deve iniziare il ragionamento, è - insomma - l'unico dato (oltre al diagramma) che si ha a disposizione per risolvere l'enigma.
La soluzione, infine, è quanto si richiede al giocatore. Essa, per esser tale, deve avere le seguenti caratteristiche:

1) essere una frase fatta, una polirematica (come direbbe De Mauro), un titolo di un film, di un libro, una espressione gergale ormai definita, un luogo comune ... e via di seguito.;
2) deve essere legata all'esposto da un meccanismo di doppio senso;

Un esempio - forse il migliore - scioglierà molti dubbi:

[Diagramma:] Crittografia mnemonica (5, 6, 2, 13)
[Esposto:] CUCCHIAINO

[Soluzione:] Mezzo minuto di raccoglimento

Dal diagramma capiamo che si tratta di una mnemonica e che la soluzione è una frase composta e divisa secondo lo schema numerico. Ragionando sull'esposto "cucchiaino" si giunge - dopo molta fatica e molte imprecazioni - a descriverlo come un attrezzo (mezzo) piccolo (minuto) atto a raccogliere (di raccoglimento).

La frase risolutiva ha una prima lettura, diremo, ordinaria: "Mezzo minuto di raccoglimento" è una frase fatta che si può usare per significare una pausa di riflessione, un attimo di sosta con la mente rivolta ad un pensiero elevato, un istante di preghiera.
Ma al contempo ha una seconda lettura, adatta a descrivere perfettamente l'esposto dal quale siamo partiti.
Requisito essenziale, indirizzato specialmente a chi voglia costruire una mnemonica, è la distanza tra le due letture. E' necessario che esse abbiano due sensi totalmente diversi, legati soltanto dall'esca dell'esposto.

Chi voglia cimentarsi può tentare di risolvere la seguente:

Crittografia mnemonica (3, 6, 2, 5)
SODALIZIO DI ARCHITETTI INSOLVENTI

con l'avvertenza (per i principianti) che la soluzione è il titolo di un romanzo a me caro.

Chi voglia, invece, approfondire l'argomento può leggersi:
Bartezzaghi, S., Lezioni di enigmistica, Einaudi, Torino, 2001.

domenica 26 ottobre 2008

Sesso estremo

Nel post di domani descriverò scene di coito bestiale.
Voglio vedere se, almeno quello, lo commentate.

venerdì 24 ottobre 2008

MCDXCII

Il tempo scorre diversamente a seconda dei luoghi, ma l'eternità è uguale dovunque.

[Cancogni, M., presentazione a Leone Tommasi, Marchi e Bertolli, Firenze, 1969]

Uno dei pochi vantaggi di vivere a Firenze consiste nel poter visitare, a scappatempo, luoghi di ineffabile bellezza. Mezz'oretta nella Basilica di Santo Spirito, digestione dopopranzo a Palazzo Davanzati, passeggiata perditempo tra i marmi di Santa Croce. Attività che torna comodissima per stimolare l'altrui curiosità quando tocca fare da cicerone ad ospiti stranieri.
L'altro giorno mi sono offerto d'accompagnare un professorone americano in giro per la città e l'ho portato all'Officina Profumo Farmaceutica di Santa Maria Novella, tanto per fargli capire di che pasta eravamo fatti noi italiani. L'ultima saletta si affaccia verso il chiostro grande della chiesa ed una grata in ferro impedisce  di accedere a quell'oasi di pace.

[Per inciso: che claustrum sarebbe, se fosse possibile accedervi ?]

Corridoi con volte a botte, lunette affrescate, colonnato armonioso, erba tagliata, alti cipressi, luce morbidissima. Tutto contribuiva a far credere che in quel luogo il tempo si fosse fermato, che fossimo rimasti ancora alla fine del quattrocento.
Io, che non riesco a resistere ad un tocco di drammaticità, ho messo il braccio tra le sbarre della grata, mi sono voltato verso il professore e gli ho detto: "Look. There time stands still. My hand now is in 1492".

Tant'è.

mercoledì 22 ottobre 2008

Epilogo

Ecco, ora che avete in mano tutti i dati, possiamo passare all'epilogo.
Per anni sono entrato nel Tempio di Dendur e per anni ne ho ammirato i graffiti senza vedere ciò che avevo davanti agli occhi. Solo l'ultima volta, dopo aver passato l'inverno a leggere di Segato e di Frediani, mi sono accorto di quello che c'è sempre stato, lì in bella posta sullo stipite sinistro del portale d'ingresso.



Le firme a chiare lettere di Amiro e di Segato visitatori anch'essi di Dendur seppure in un tempo ed in uno spazio completamente diversi dai miei.

Ed ecco che Federico Nietzsche aveva ragione: "un uomo non ha orecchie (occhi) per ciò a cui l'esperienza non gli ha ancora dato accesso".

[Per inciso: oh, se non commentate ora ...]

Atto 2 - New York, 2008

L'associazione americana Baker Street Irregulars  ha avuto l'incauta idea di iscrivere il mio nome nel loro libro soci. Onore che non merito e che - per fortuna - condivido con un collega italiano che ha valori molto maggiori dei miei. Ogni gennaio, dal 1934, gli irregulars si incontrano a New York per un fine settimana denso tanto di appuntamenti culturali quanto di brindisi e di simposi mangerecci. Ogni paio d'anni mi unisco anch'io al gruppo e ne approfitto per visitare la città ed i suoi eccezionali musei. Destino sempre un giorno al Metropolitan e,  nonostante l'abbia già vista quattro o cinque volte, passo sempre una mezz'ora nella Sackler Wing dove è stato trasportato pari-pari dall'Egitto il Tempio di Dendur. Opera architettonica già di per sè straordinaria, magnificamente collocata in un laghetto artificiale ai cui bordi crescono piante di papiro. 

Atto 1 - Egitto, 1822

Ora, sia Frediani che Segato erano due egittofili. Il primo, avendo cura di lasciare moglie e figlio a Pruno,  partì  per l'Africa alla ricerca dell'avventura adottando il nome-de-plume "Amiro".
Il secondo, che mostrava lampi di genio sin dalla più tenera età, sentendosi chiamare dai suo conterranei divagato e parassita, pensò bene di cercar fortuna nella terra dei faraoni e partì per il Cairo con un gran numero di lettere di raccomandazione.

Frediani, alla disperata ricerca di sponsores, continuava a scrivere ai suoi protettori descrivendo con magnificenza le bellezze e le rarità d'Egitto e promettendo invii di balle di caffè e spezie rare. Segato invece studiava, leggeva, sperimentava, disegnava, domandava, approfondiva ... tutto preso dalla curiosità e dalla voglia di imparare.
Attratto dal mystero e dalla magia dell'antico popolo egizio decise di entrare in una tomba per approfondire le pratiche della mummificazione. Vi rimase rinchiuso per sette giorni e ne uscì - narrano le cronache - con aspetto senescente e... col segreto per pietrificare il corpo umano.

I due si incontrarono e per un certo periodo viaggiarono insieme vivendo avventure che un giorno varrebbe la pena raccontare. E chissà che un giorno ...

Ma restiamo in tema.

Dramatis personae - Enegildo Frediani

Altra attività che ha allungato, e di molto, il mio corso di studi universitari è stata l'enigmistica classica. Tra i padri della medesima è spesso ricordato il seravezzino Enegildo Frediani, personaggio dalla poliedrica personalità, che qui cape per aver dato alle stampe nel 1816 il volume "Sciarade, logogrifi e fredianesche". Libro che può considerarsi precursore e fondatore dei canoni dell'enigmistica italiana. E' degna d'esser ricordata la sciarada che egli dedicò alla sua città natale:

Fiume il primo
Fiume è il secondo
E dell'intiero
Reggono il pondo


Oggi appare assai modesta e priva di ingegno, ma per gli inizi dell'ottocento ...

[Per inciso, la soluzione: Serra - Vezza -> Serravezza]

Dramatis personae - Girolamo Segato

Tra le mie specialissime perdite di tempo si annovera la lettura delle lapidi cimiteriali. Ne apprezzo il messaggio, il linguaggio, l'esecuzione e persino - mirabile dictu - l'aspetto umano e sofferente.
Non poteva quindi passare inosservata, voi ne converrete, questa epigrafe:

Qui giace disfatto
Girolamo Segato da Belluno
che vedrebbesi intero 
pietrificato
se l’arte sua non periva con lui.
Fu gloria insolita 
dell’umana sapienza
esempio d’infelicità non insolito
morto di 
anni XLV il III febbraio MDCCCXXXVI 
Amici congiunti concittadini
p.p. LI anni dopo la sua morte
Maggio MDCCCLXXXVII




Prologo

Testo originale: "Zuletzt kann Niemand aus den Dingen, die Buecher eingerechnet, mehr heraushoeren, als er bereits weiss. Wofuer man vom Erlebnisse her keinen Zugang hat, dafuer hat man kein Ohr."

Traduzione di Google: "Nessuno può durare dalle cose che comprendeva libri, ascoltare di più di quello che già sa. Che per ottenere da lei esperienze non ha accesso, nessuno ha dato orecchio."

Traduzione corretta: "Nessuno può trarre dalle cose, libri compresi, più di quanto sa già. Un uomo non ha orecchie per ciò a cui l'esperienza non gli ha ancora dato accesso."

Nietzsche, F., Ecce Homo.: Wie man wird - was man ist, Leipzig, Insel Verlag, 1908.

Nietzsche, F., Ecce Homo. Come si diventa ciò che si è, trad. it. Aldo Oberdorfer, Fratelli Bocca Editori, Torino, 1910.


lunedì 20 ottobre 2008

Pacifero

Oggi, giorno che Santa Madre Chiesa dedica al culto ed alla venerazione di Santa Maria Bertilla Boscardin, abbiamo iniziato la raccolta delle olive. Si prevede la prima frangitura per il 30 prossimo, e la seconda - inshallah - verso la metà di novembre.
L'olio, che noi produciamo per nostro esclusivo uso e consumo, viene imbottigliato col nome di Pacifero. Ciò perchè, come scrisse il Comandante:

Pacifera è l'oliva, e tarda e pingue
poscia che gemùto ha sotto la mola
si raddolcisce e più non fa parola
mentre la garrula acqua ha mille lingue

Al primo commentatore degno di tale nome in omaggio una bottiglia da 250 ml.

[Ah, cosa non si fa per un commento]

sabato 18 ottobre 2008

Humbug !

Oggi è uscito il nuovo disco di Capossela, ed io me lo sono regalato subito, tanto per non smentirmi.
In una canzone viene citato un certo Ebenezer, e quel nome monovocalico non può essere pronunciato se non a rischio di evocare il fantasma di Scrooge.
Il fantasma è venuto e mi ha portato un nuovo regalo, che io condivido immediatamente con voi. Tanto per non smentirmi.

Pare che Carlo Dickens abbia trovato il nome di Scrooge sulla lapide di un povero defunto scozzese, tale Ebenezer Lennox Scroogie. Questi di professione faceva il meal man, venditore di cereali, ma Dickens lesse per errore mean man, ossia perfido. Ne prese in prestito il nome e lo donò a quello straordinario personaggio che ancora oggi ogni venticinque dicembre bussa alla nostra porta invitandoci ad essere migliori.

giovedì 16 ottobre 2008

Lo sticchio

Visitare la Sicilia senza aver letto Sciascia è folle. Si ha la garanzia di non capire nulla. Leggendolo, invece, si mette per lo meno a fuoco che esiste un metalinguaggio fatto di silenzi, di pause e di parole che hanno sempre un significato ulteriore.
Quando si ricorre ad un linguaggio criptato lo si fa solitamente a scopi difensivi. E la Sicilia, violentata nei secoli da ogni razza d'invasore, ha costruito un sistema linguistico chiuso ed inaccessibile, dove il silenzio parla più delle parole e dove il genere maschile indica spesso attributi femminili.
Basti riflettere sul fatto che - sempre con rispetto parlando, per carità - il pene è chiamato la minchia, mentre la ... candida rosa ha un nome maschile. Che ha dato il titolo a questo post.

[Per inciso: io l'ho saputo ad agosto. E' da allora che volevo dirlo a qualcuno].

La bilancia di Mohr - Westphal

La densità della giornata di ieri era alle stelle. Roba da mandare in tilt persino la bilancia di cui sopra. Vi accenno, a mia maggior gloria, ai vari passaggi.

07:15 Sveglia;
09:00 Negozio;
09:30 Idraulico monta il climatizzatore;
11:30 Dal dermatologo per un "pallino" che ho nella schiena;
12:00 Verso studio ecografico a piedi. Mangio per la via;
14:10 Dall'ecografo. E' un lipoma, ossia: grasso;
14:30 Visita alle Cappelle Medicee con mia moglie adorata;
15:30 Ritiro referto;
14:45 Fabbro per montare griglia climatizzatore;
16:00 Al vecchio negozio per una mini-riunione;
17:00 Al nuovo ufficio per sistemare frettolosamente le cose;
18:30 Dal dermatologo con referto eco. Escissione il 29 p.v.;
18:45 Parto per il mare. E' nata la bimba di una amica;
19:15 Spizzico rifiuta di servirci una margherita. Diavola, provola o rien.
20:00 Sosta a Serravalle. Panini mefitici che scateneranno tsunami gastrico.
20:30 All'ospedale Versilia per visita alla puerpera;
21:45 Dalla mia mamma, per una breve sosta;
22:50 Mia moglie adorata si sente male. Emesi nella piazzola in A11;
23:50 Arrivo a casa;
00:01 Bimba a letto, antibiotico al bimbo, custodito la mugliera;
00:24 Sonno.

mercoledì 15 ottobre 2008

Fùria

Sono giorni particolari. Sempre di corsa da una parte all'altra di Firenze. Non ho tempo per fermarmi nè per scrivere sul blog.
Non mi resta che proporvi, come nella migliore tradizione delle sitcom americane, un re-run di quanto scritto in passato. Vorrete scusarmi.


[Per inciso: il mosaico di parole è stato fatto con www.worlde.net]

lunedì 13 ottobre 2008

Ancora sul Decus et Tutamen


Molti visitatori giungono a me attraverso la chiave di ricerca Decus et Tutamen e poi trovano - anziché la traduzione del motto che compare sul bordo delle monete da una sterlina - un deludente post sulle conchiglie.
Sento quindi l'esigenza di informare i miei primipari che essa si volge in italiano con "decoro e protezione".
Lo scudo di battaglia, così come nel mio post il guscio della conchiglia, assolve ad entrambe le funzioni di ornamento e salvaguardia dall'attacco nemico.
Tant'è.

Amore ed Imene

Mi capita, ogni tanto, di aprire un libro e leggere a caso una riga od un verso a scopo vaticinatorio. Magari ho un problema da risolvere, un dubbio, una riflessione che non trova sbocco, ed allora solitamente apro la Commedia per trovare in un verso a caso, uno spunto, una soluzione, un viatico.
In casa a FdM abbiamo da anni una copia sudicia e consunta de Il Giorno di Parini e l'altro giorno l'ho utilizzata per questo giochetto. Poi, trovando la lettura di un certo interesse, ho proseguito ed ho trovato una cosa divertente che mi pare opportuno condividere con voi. Ai versi 330 e ss. de Il Mattino si legge:

Tempo fu già che il pargoletto Amore
Dato era in guardia al suo fratello Imene;
[... dice poi Venere]
"Ite, o figli, del par; tu più possente
Il dardo scocca; e tu più cauto reggi
A certa meta". Così ognor congiunta
Iva la dolce coppia, e in un sol regno
E d'un nodo comun l'alme stringea

La spiegazione, in nota, espone la teoria secondo la quale Amore ed Imene sono entrambi figli di Venere: il primo rappresentante della passione cieca, veemente, volubile; il secondo tutore della santità delle nozze e della severità del matrimonio.
Da qui è nata in me una riflessione sull'ulteriore senso poetico dell'anatomia femminile (con rispetto parlando, s'intende). Riflessione che offro alla vostra attenzione, così, gratuitamente.

Parini, G., Il giorno, con introduzione e commento di Giuseppe Albini, Sansoni, Firenze, 1920


P.S. I lettori meno accorti notino che col verso "Iva la dolce coppia" il Parini non volle far riferimento ad inique gabelle sul valore aggiunto, ma piuttosto licenziare poeticamente il verbo andare.

venerdì 10 ottobre 2008

Mi sia permessa una parola sulle forme flesse di averci, stimolata dal recente uso che ne ha fatto l'attenta linguista Daniuccia - dalla quale c'è sempre da imparare - e suggellata dalla risposta ad un quesito inviato all'Accademia della Crusca.

[Che palle, sempre con quest'Accademia. Ogni momento la tiri fuori! Diranno i miei lettori. Che volete, io ne sono indegnamente Amico, e ne spingo il nome perchè ne aumenti la considerazione]

La frase era: - "di ricordi, ognuno c'ha il suo" ed è stata inviata alle 11:26 AM del 9 ottobre u.s. via Ping.fm -> Twitter -> Facebook.

Le possibili varianti sono:

1) ci ha
2) c(i) ha
3) cià
4) cj ha

Secondo Sergio Raffaelli, autore della risposta di cui sopra, la prima variante è preferita dagli studiosi e cultori dell'italiano, ma ha il difetto di spingere alla pronuncia della vocale i che nel parlato non c'è. La seconda appare, cito testualmente, "in circuiti culturali elevati", ma ha il problema della parentesi che è "artificio alquanto ingombrante". La terza è erronea e "sguaiatamente dialettale". La quarta, egli sostiene, è da preferirsi  perchè non genera equivoci e non è "ingombrante oltre misura".
Ebbene, signori, contro ogni aspettativa io difendo Daniuccia ed il suo uso colto dell'apostrofo. Quella j lunga mi sa di romanaccio, di daje, ed ha poco a che vedere con il c'ha "attualizzante".
In confronto a certi commentatori che dimenticano le sorelline mute (non solo l'incolpevole -g- dell'altro giorno, ma anche un visitatore del blog di Darker che, nonostante quanto scrive, non pare rilegga abbastanza con calma) qui mi pare si respiri aria più fine. Proprio quella di cui ho bisogno per riprendermi dal mal di gola.

Non vi pare ?

P.S. Un encomio solenne a chi saprà spiegare il motivo del titolo di questo post.

mercoledì 8 ottobre 2008

Fahrenheit 102.2

La febbre mi impedisce di postare.

lunedì 6 ottobre 2008

U.P.

Oh, sarà, ma oggi  non ho tanta voglia di scrivere un post. Mi fanno male gli occhi, ieri sera ho dormito troppo e in giro non c'è nessuno.

E poi ho Tritato Tempo (Tanto, Troppo ... Tutto) Testando Twitter, Twitterrific e Twhirl.

Con alcuni lettori si era deciso di fare un post congiunto, od un cross post, ma il lunedì ci ha sopraffatto. Ho pensato all'argomento di domani e mi sono quasi persuaso a non scrivere quanto promesso. Non vorrei esser troppo diretto. O forse potrei scriverlo lo stesso ed usare uno dei miei pseudonimi firmandolo

Umberto Pone

domenica 5 ottobre 2008

AGM Report

Stremato da una giornata all'insegna dell'eccesso il vostro poster (nel senso di colui che scrive post) non è in grado di relazionare sull'esito dell'AGM.
La fatica, del resto, sarebbe inutile, avendo avuto una presenza pari alla quasi totalità dei lettori. Resta il rammarico di non aver incontrato l'amico di Hong Kong che, per problemi tecnici sulla dorsale asiatica, non ha potuto effettuare il collegamento video tanto sperato.

Vi lascio con la promessa di un esperimento di cross-posting e con il titolo del mio intervento del prossimo martedì: Del perchè la mamma di S. è persona sgradita.

sabato 4 ottobre 2008

Dove c'è Mr. Satch c'è casa

In prima o in seconda media andammo in gita con la scuola, forse a Firenze, forse altrove. Io avevo un walkman ed una cassetta nella quale avevo registrato alcune canzoni di Louis Armstrong. 

[Per inciso: la precocità è, in certi campi, un mio problema]

Non pretendevo di farle ascoltare agli altri, ma di sentirle in pace con le mie cuffiette. Fui preso in giro, ed a ragione. A pienissima ragione.
I miei compagni non capirono, e neppure io capii, che in realtà volevo portare con me un po' di "casa", per superare il disagio della prima gita fuori da solo.

Ecco, questo per dirvi che Louis Armstrong, da allora, è per me "casa". In particolare c'è una canzone che mi lega fortissimamente al mio povero babbo, ma non la renderò pubblica perchè è intima e mi molce il cuore.
Vi lascio invece una haunting melody con la speranza che essa, trasmigrando dalla mia testa, si accampi nella vostra e vi alberghi per qualche tempo. Signore e signori ... it takes two to tango !

venerdì 3 ottobre 2008

1st Annual General Meeting

Domenica 5 ottobre p.v. si terrà, nell'amena località di M*** (g.c.), il raduno nazionale dei lettori di Solus ad Solam. L'entusiasmo è alle stelle, tanto che si pensa di raggiungere - sin dalla prima edizione - il 100% delle presenze.
Se qualche defezione ci sarà, ahinoi, sarà tra le schiere degli stranieri. Nutriamo un leggero timore, infatti, che il nostro sporadico amico di Hong Kong, che si collegò in data 22 settembre u.s. alle 22:54:16 e poi tornò in data 27 settembre u.s. alle 21:12:25 , non abbia fatto in tempo a prenotare il trasferimento aereo. Ciò non per penìa d'interesse ma per nostra colpa nell'aver dato la notizia con così scarso anticipo. 
Gli intervenuti, dopo aver dimostrato dimestichezza ed attenzione per i nostri post, avranno cibi e bevande gratuiti.
E' prevista anche l'estrazione di un uovo in cioccolato, dono della premiata ditta Sirena di Calenzano, per chi avrà il biglietto corrispondente al primo estratto sulla ruota di Firenze del 7 ottobre p.v.
Dopo la rituale fotografia di gruppo verrà distribuita una medaglia ricordo a tutti i partecipanti.

Flask (ancora)

Ed infine, per mostrare come Moby Dick assolva anche alla bisogna della categoria ta ta tatata ta ta ta ecco l'ultimo post della serie:

Così ho veduto la Passione e la Vanità battere i piedi sulla magnanima terra vivente, ma non per questo la terra alterare le sue maree e le sue stagioni.

Melville, H., Moby Dick, Adelphi, Milano, 1994.

[Cap. XVI, La prima discesa in mare, pag. 252].

Ora basta.

giovedì 2 ottobre 2008

Moby

Perchè non si creda che il rigirìo tra Twitter, Facebook, Blogger, Flickr, Netvibes e Reader mi abbia fatto perder di vista la promessa, eccovi il penultimo post su Moby.

[Per inciso: se avete cose urgenti ed importanti da dirmi, non affidatevi a questi instant messenger perchè mi stanno ubriacando. Giungerà gradita e sicura una lettera ordinaria alla solita Casella Postale 140]

Come credo di aver già illustrato, ritengo di un certo interesse esaminare l'uso che han fatto della luce gli artisti e gli scrittori. Una antologia della luce nella letteratura, ammesso che non sia stata ancora realizzata, sarebbe opera meritoria e folgorante alla quale porre mano immediatamente.
Ma in questo post intendo chiarire un altro punto: persino nell'oscura categoria Lucus a non lucendo nella quale raccolgo queste mie fumose speculazioni, non manca il supporto di Melville.
Egli ha la mirabile ed abbagliante idea di stravolgere, nel lettore, la sicurezza che la luce del sole sia qualcosa di buono, benvenuto, rassicurante, ricercato, benigno, atteso. In questo caso, come leggerete, il sole è invece qualcosa di completamente diverso. Talmente distante dall'uomo e dalle sue necessità che, il solo pensiero, acceca.


Pensate quindi a quali estremi di accesso e forsennato furore fossero spinte le menti dei più disperati cacciatori quando, tra i frantumi delle lance stritolate e le membra affondanti dei compagni squarciati, essi uscivano nuotando dai bianchi ribollimenti dell'ira terribile della balena nella luce serena ed esasperante del sole che continuava a sorridere come a una nascita o a uno sponsale.

Melville, H., Moby Dick, Adelphi, Milano, 1994.

[Cap. XLI, Moby Dick, pag. 223].

\ˈnəj\

Problema: come tradurre in italiano il verbo to nudge senza incorrere in imbarazzi a sfondo sessuale.
Caso pratico: un servizio di social media chiamato Twitter permette di inviare messaggi brevissimi ad amici

[Per inciso: in italiano gli uccelllini fanno cip, in inglese invece fanno twit. Da lì la brevità dei messaggi]

... e tra i vari servizi offerti c'è quello di "stimolare" i tuoi corrispondenti ad aggiornare il loro profilo od il loro "stato" corrente. In inglese si dice, appunto, nudge: che corrisponde al colpetto col gomito dato per attirare l'attenzione di un collega, un commensale, un amico seduto al tuo fianco. Quindi: nudge Maria significa, più o meno, richiedi a Maria di scrivere qualcosa di sè. Capite da soli che non si può tradurre:

dai un colpetto a Maria
dai una botta a Maria
stimola Maria
ammicca a Maria
tocca Maria
sgomita Maria

e via di seguito.

Problema di poco conto, questione di lana caprina, diranno alcuni miei lettori. Ma il sale ognuno lo trova dove crede.
Avete qualche suggerimento ? Se si, nudge me.


mercoledì 1 ottobre 2008

Fuck Simile

Ma si può, si può, si puòòòòòòòòòò scrivere fax simile ? Ma cosa ha in testa chi scrive una cosa del genere ? Perchè non si sente l'esigenza di controllare ? Perchè ? Perchè ? Percheeeeè ?

[Si nota che l'eccesso di nervoso mi ha fatto pigiare sui tasti con eccessiva verve ?]

[Fate presto a leggere questo post perchè può darsi che lo cassi]

[!]


Pequod

Sono irresistibilmente disturbato dagli errori di stampa. Sarà perché una delle mie fatiche editoriali aveva un refuso nella prima linea della prima pagina, ma proprio non riesco a fare a meno di segnarli a margine del libro, con la stizza di una maestrina dalla penna rossa.
Anche in Moby Dick ce ne sono. Nulla di grave, per l'amor di Dio, ma tra una ristampa e l'altra gli editori potrebbero trovare il tempo di emendarli.

Era una nave della vecchia scuola, piuttosta piccola che altro, con addosso un aspetto antiquato ...

Melville, H., Moby Dick, Adelphi, Milano, 1994.

[Cap. XVI, La nave, pag. 102].

Ψυχή

Oggi Mrs. D. ha utilizzato, in un suo post, la parola "psichedelico". A me è venuta in mente la parola "psicopompo" ossia il Caronte trasportatore delle anime all'inferno. Siccome Borges sostiene che tra i giusti ci sia anche chi scopre un'etimologia, desidero fissare l'idea di "psyche" alla base delle due parole.

Psichedelico è composto da psyché - 'anima' ed edìlôun - 'mostrare'
Psicopompo dal solito psyché - 'anima' e pompós - 'che guida, che conduce'

Naturalmente quanto ho scritto è farina del sacco di Garzanti linguistica.
Ma è bene soffermarsi un minuto per rifletterci sopra. Così quando si sente parlare di pompe funebri si capisce che non si tratta di idraulica (come pensavo da bambino).

martedì 30 settembre 2008

Nota

Questo blogspot nasconde una insidia. Il giorno 26 ho scritto i vari post su Moby Dick e li ho salvati come bozza con l'intenzione di snocciolarli via via nei vari giorni a seguire. Ora mi accorgo che quello di stamattina - dal titolo "lo stuoiaiolo" - me l'ha sì pubblicato, ma come se l'avessi fatto in data 26, giorno in cui lo sbozzai.
La faccenda non va bene. Per nulla. Ormai lo lascio per non creare ulteriori casini, ma non sono contento. Anche perché ho altre tre o quattro bozze che voglio riservarmi per il futuro e non desidero affatto che tornino indietro nel tempo. Se avessi, ad esempio, deciso di scrivere oggi un post natalizio ... il 25 dicembre me lo troverei pubblicato ad inizio autunno.

Ora, rimedierò copiando il testo delle bozze e rincollandolo in una nuova creazione. Ma si sappia, anche a vostro maggior beneficio, che la cosa non va bene.

Io mi domando e dico

La vostra tenacia nel trattenere i commenti, persino innanzi ad una solenne descrizione della morte, è tanto encomiabile quanto irritante. Sarò immodesto, ma ritengo altamente improbabile che sia nella poesia che nella prosa degli ultimi due giorni io sia stato così pallido da non meritare un callido commento.
Possibile che non sia riuscito neppure a stiepidire il vostro algido cuore quel tanto che basta per stimolarvi a lasciarne testimonianza ?