Con una certa trepidazione mi accingo a ricopiare qui di seguito alcune righe che un mio più illustre maggiore scrisse nella prima metà del secolo scorso.
Con tali fiaccole, il carcere tessuto dalle ombre sembrava si aprisse alla virtù del sole meridiano.
La vita del passato e la brama dell'avvenire, lette e proiettate con la fatica del ricordo e del pronostico, perdono gli uncini dell'asprezza e corrono più lisce alla foce del desiderio. Se qualcuno dicesse che l'esistenza "tanto è amara che poco più è morte", con un bicchiere di quello che io intendo si convertirebbe a scoprire in Dante una tendenza ad esagerare.
E' un vino che sta tra il giallo e il rosso degli antichi velluti genovesi.
Salvatori, L., Al confino e in carcere, Feltrinelli, Milano, 1958.
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