mercoledì 12 novembre 2008

Palermo - Trapani

Con una certa trepidazione mi accingo a ricopiare qui di seguito alcune righe che un mio più illustre maggiore scrisse nella prima metà del secolo scorso.

Così le due notti passate a Trapani rimangono nella mia memoria con un appunto di minor sofferenza. Trascorsero in una atmosfera di allegria, alla quale non era estraneo il fuoco che il vulcanico vino delle vigne di Mazzara e di Marsala accendevano nella fantasia e nel cuore di tutti, anche di quelli che, astemi, per curiosità solo qualche sorso bevevano.
Con tali fiaccole, il carcere tessuto dalle ombre sembrava si aprisse alla virtù del sole meridiano.
La vita del passato e la brama dell'avvenire, lette e proiettate con la fatica del ricordo e del pronostico, perdono gli uncini dell'asprezza e corrono più lisce alla foce del desiderio. Se qualcuno dicesse che l'esistenza "tanto è amara che poco più è morte", con un bicchiere di quello che io intendo si convertirebbe a scoprire in Dante una tendenza ad esagerare.
E' un vino che sta tra il giallo e il rosso degli antichi velluti genovesi.

Salvatori, L., Al confino e in carcere, Feltrinelli, Milano, 1958.

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