giovedì 28 maggio 2009

I wanna be like you

Ne Il Libro della Giungla di Walt Disney, Louis Prima cantava:

What I desire is man's red fire
To make my dream come true

Le scimmie, insomma, volevano il fuoco per poter essere come gli umani.

Leggo oggi in un libro:

"... per Boccaccio il racconto secondo cui Vulcano fu ritrovato ed allevato dalle scimmie costituisce l'espressione allegorica del fatto che gli uomini non poterono applicare le proprie innate doti alle arti ed all'industria prima di aver scoperto il fuoco e di aver appreso a mantenerlo vivo".

Come già scrivevo in un post del 28 ottobre scorso... ennesima e superflua riprova che non si inventa nulla e che nella vicenda del sapere non vi è progresso, ma al massimo una continua e sublime ricapitolazione.

Tant'è.

Panofsky, E., Studi di iconologia, Einaudi, Torino, 1975.

Prima, L., I wan'na be like you, in The Jungle Book, Walt Disney, 1967.
(qui ad 1:43)


Stimolo

O vediamo se questa foto stimola l'esausta D. a scrivere qualcosa !

"Datemi un tema" - mi ha confessato "ed io ricomincio a bloggare".




Sul retro sono state tracciate tre righe con un lapis sopra le quali c'è scritto, in bella grafia:

13 sett. 1963
Isola del Tino
Festa di S. Venerio

Se il blocco dello scrittore non viene rimosso così, temo che non ci siano altre speranze.

martedì 26 maggio 2009

A-ha

Ecco perchè aumentavano le visite al mio blog ! Mi ero ringalluzzito delle 27 visite di jeri, e pensavo già ad un rinnovellato successo, ma ...

Molti web browsers hanno una pagina d'apertura in cui compaiono miniature aggiornate dei preferiti. Safari la chiama Top Sites, e serve al navigatore per accedere più velocemente ai siti di primo interesse. Ogni volta che si apre questa vetrina, le miniature vengono aggiornate e di conseguenza aumentano le visite al blog.

C'è da rimanerci male.

lunedì 25 maggio 2009

All'amica risanata


Ieri (anzi: jeri) tentavo una conversazione con l'amica D. tra un'urleria di bambini, i doveri sociali verso gli altri genitori e la regia (si, si, proprio la regìa) di una festicciola in giardino.

Dopo la centesima interruzione il discorso s'è spento da solo e quindi lo riprendo qui, brevissimamente, e lo concludo. Dicevo:

"... tua sorella, avida consumatrice di telefilm americani, t'avrebbe senz'altro detto che di fronte alla rivelazione di una diagnosi infausta, l'essere umano passa cinque fasi canoniche:

1) Negazione - Non è vero, le analisi sono sbagliate, devono essere sbagliate.

2) Rabbia - Ma perchè proprio a me e non a quella vacca della mia vicina ?

3) Negoziazione - Vediamo di scendere a patti: quanti mesi ? E se piglio tutte le medicine, quanto allungo la vita ?

4) Depressione - E vorrei vedere ...

5) Accettazione - Presa di coscienza."

Però una cosa sono riuscito ad affermare, con la solita assolutezza che mi contraddistingue. Mai e poi mai, guai al mondo, per nessuna ragione cercare su internet sintomatologie e prognosi su malattie che si teme di avere. E questo, almeno, per tre ordini di motivi.

"... Di più, a pensarci bene, molti di più".

Ma questo ce lo siamo detti.


Kübler-Ross, E., On Death and Dying, The MacMillan Co., London, 1969

venerdì 22 maggio 2009

Acciaio sincero, lama dritta


Cento e cinquanta anni or sono nasceva oggi a Edinburgh (leggasi Edinboro, come Marlboro per Marlborough) Arthur Ignatius Conan Doyle, medico, scrittore, biografo.

Medico, per aver ottenuto il titolo di M.D. nel 1885 con una tesi su The Vasomotor Changes in Tabes Dorsalis.

Scrittore, ça va sans dire, per aver dato vita ad indimenticabili personaggi: il professor Edward Challenger, il Brigadiere Gerard, il professor Maracot (dell'omonimo abisso), Sir Nigel, Micah Clarke, Rodney Stone ... ed infiniti altri. Ed anche poeta per aver scritto le raccolte Songs of Actions, Songs of the Road e - a me ignota - The Guards Came Through.

Biografo per aver affidato ai posteri le memorie della vita di Sherlock Holmes e del Dottor J. H. Watson.

Come incipit de Il Mondo Perduto, celebre avventura più volte rappresentata al cinema e fonte di ispirazione per Jurassic Park del compianto Michael Crichton, egli scrisse :

I have wrought my simple plan
If I give an hour of joy
To the boy who's half a man
To the man who's half a boy


Che io posso barbaramente tradurre (in due versioni) con:


Il mio piano avrò compiuto
Se darò un pò di trastullo
Al ragazzo già cresciuto
All'adulto ancor fanciullo


Il mio piano avrò compiuto
Se darò un pò di sollazzo
Al ragazzo già cresciuto
All'adulto ancor ragazzo

A Sir Arthur Conan Doyle, Cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia, va oggi il mio pensiero e quello di tutti quanti grazie a lui hanno imparato il senso dell'onore, dell'amicizia e della rettitudine.

Tant'è.

giovedì 21 maggio 2009

I quindici


4 9 2

3 5 7

8 1 6

mercoledì 20 maggio 2009

Ecco fatto


Lo sapevo io che non c'era da fidarsi. Me l'avevan detto che stavo frequentando brutte amicizie, che mi facevan perder tempo, che mi portavano sulla cattiva strada.

Mi hanno sedotto con le lusinghe del blog, con le letture, con le visite ad orari impensabili, e poi mi hanno abbandonato. Qui, per conto mio, a scrivere. Del resto ho fatto bene a titolarmi "solus ad solam". Si vede che prevedevo di rimanere per conto mio.

Scaricato ormai dagli amici, colpito negli affetti più cari, lasciato come Giobbe sul ciglio della strada a grattarmi con un coccio, guardo l'abbagliante bianco della pagina vuota e mi chiedo che senso abbia continuare a riempirlo con queste formiche nere che allungano sempre di più la loro colonna.

[Oh, per inciso: ieri in giardino c'era un formicaio. Tale era il viavai delle formiche che si era creato nell'erba un sentiero, un viottolino, un nettissimo percorso privo di foglie dal continuo passare avanti e indietro delle alacri operaie.]

E si che ne avrei di cose da raccontare, di letture delle quali rendervi partecipi, di spigolature da edurre dal granaio. Ieri, per esempio, mi hanno mostrato un Cristo in bronzo di squisita fattura. Un oggetto da perdere la testa, da rimanere a bocca aperta. E subito è iniziata l'indagine per riuscire a risalire all'autore. Applicare il metodo holmesiano, utilizzare il paradigma indiziario, usare l'insegnamento di Giovanni Morelli per seguire le tracce lasciate dall'artista e riuscire così ad identificarlo. Cosa che, raccontata qui nel blog, non sarebbe priva di interesse.

[Per inciso: questo Giovanni Morelli od Ivan Lermolieff o Johannes Schwarze, a seconda dello pseudonimo scelto, è personaggio interessantissimo che meriterebbe più di un post.]

O potrei raccontare delle fotografie scattate da Moscassassina (sic) e scelte per una serie di cartoline di prossima pubblicazione. Scatti inusuali di Forte dei Marmi, magari a prima vista poco legati all'immagine patinata del noto beach resort, ma a ben vedere adattissimi a veicolarne significati ulteriori. Traduzioni in immagine di prose da Versilia Rock City, di poesie del Comandante, di disegni alla Giò Ponti.

[Per inciso: le foto saranno vendute in esclusiva dalla Rivendita n° 3. A tempo debito verranno fornite coordinate precise per individuare luoghi e persone.]

Non vi parlerei, invece, degli ultimi scatti a colori fatti con la Holga. Che temerei la sovraesposizione.

[Per inciso: non so se avete colto il giuoco di parole.]

Ma a chi lo racconto, a me stesso ?

Vigliacchi. Vigliacche.

venerdì 15 maggio 2009

Cerno


Mi càpita di leggere in una email: "we are particular fond of pie and cake".

Dunque c'è una differenza tra pie e cake, ed è bello a sapersi. Non ci avevo mai pensato. Conoscevo l'apple pie e la frase idiomatica "shut your pie hole !", ma non pensavo ad un vero e proprio distinguo tra i due cibrei. Del resto anche Garzantilinguistica propone per entrambi "torta" come prima definizione.
In realtà le cose stanno diversamente:

Pie è un contenitore di pasta (sfoglia o frolla) riempito di frutta e crema (e quindi dolce) o di carne e spezie (e quindi salato).

Cake è una torta dolce più o meno lievitata e cotta in forno.

La nostra crostata, se al posto delle strisce di pasta messe a decorazione, fosse interamente ricoperta di frolla sarebbe un pie. Lo strozzacollo della mia nonna, invece, è senz'altro una cake.

Pare poco, ma è un punto fisso.


Stream


Oh, allora oggi esce il DVD del film di Virzì su Bobo Rondelli. Ah, no, oggi è il 15. Esce domani. Oggi esce il disco di Jovanotti per i terremotati dell'Abruzzo. Vabè, farò un saldo all'edicola domattina, tanto sono in negozio. Mi par mill'anni di vedere questo Bobo Rondelli chi è. C'è caso che sia davvero un tipo valido, eh.
Mmm, ho sentito dei pezzettini di canzoni su internet, mi pare che non sia malvagio. E poi io per Livorno ho sempre avuto un fascino, che ti devo dire.

E meno male che quelli della Miele sono precisi. M'ha fatto arrabbiare, ma poi i 110 Euro me l'hanno ridati. Io sono fanatico della Miele. C'ho tutti gli elettrodomestici della Miele. Frigorifero, lavapiatti, aspirapolvere. E di tutti c'ho la lunga protezione, tanto vuoi che non succeda nulla in sei anni ? Con 65 Euro stai tranquillo. Sono un fanatico, io, della Miele. E' che gli avevo detto a quella signora che ci aiuta in casa: "Guarda, lì c'è la garanzia, te la metto sul tavolino". Lei m'ha detto "Si", ma si vede che non ha capito. Abbia pazienza, sa, delle volte dice di "si" perchè non sa che dire. Ma poi non ha capito.

Il bimbo ha la febbre. Allora non si va al mare. Forse allora si potrebbe andare sabato sera al concerto a Palazzo Medici Riccardi. M'ha invitato il direttore d'orchestra, il maestro Sardelli. Dice, lo so che è all'ultimo momento, ma sarei contento se venisse. Eh, ma se me lo dice di giovedì, come faccio io a venire sabato ? Se l'avessi saputo per tempo. Sabato sono al Forte dei Marmi.

Ma è possibile che si stia qui a ragionare di queste bischerate quando si dovrebbe pensare a vendere. Si dovrebbe pensare a chi rompere le palle oggi, a chi proporre qualcosa, a chi scrivere. E invece siamo qui a ragionare intorno al palo sempre degli stessi discorsi. Sempre delle solite storie. Io mi chiedo davvero che senso abbia. Ma avete sempre voglia di rimanere lì. Quando ci sarebbe altro da fare. Se tanto ieri si fosse venduto, oggi si potrebbe anche stare d'intorno a un tavolino a discutere di queste rotture di corbelli. E invece siamo qui a guardarci nel muso e a dirci le stesse cose.

Ora aspetto che quella abbocchi e poi ci si diverte. Mi sono iscritto a facebook con un nome falso, ho preso la fotografia di un travestito su Flickr, l'ho cambiata un pochino, l'ho sfocata e poi l'ho messa come immagine del profilo. Sono nata a Napoli il primo d'aprile 1958. Tanto per capirsi. E poi ho chiesto amicizia non a lei, ma a due suoi amici. Sì, mi sono messo lì ad incrociare gli amici in comune e ne ho trovati tre di Napoli che sono amici di tutti. Ho chiesto a loro di aggiungermi. Dopo, quando ho già qualche amicizia che lei conosce, chiedo a lei il contatto diretto. Così mi accetta, e poi ogni volta che scrive un commento su facebook, io gli vado contro. Ta ! Vedrai che ci si diverte.

L'hai vista la foto di Ada su Flickr ? A me mi par bella. Si, son quelle fatte con la Holga. Lo sai che ora sono fissato. O m'è sparito un rullino o tre fotografie non son venute per nulla. Mi par strano, perchè proprio tre, una di fila all'altra, non sono venute per nulla. Che mi sia dimenticato il tappo sull'obiettivo mi pare strano. Tre volte ! Vabè che sono rimbecillito, ma tre volte di fila. O magari l'hanno ancora in lavorazione. Tanto ce n'ho anche uno a colori da ritirare quest'altra settimana. Forse sarà con quello. Ho fatto anche delle foto a Nemo, che non mi paion malvage. E una che ho chiamato "Assunta" perchè mi pare un groviglio di situazioni, di nervosismi, di scepaloni. Mi pare adatta a rappresentare la situazione che c'è lì, in quella giungla.


[E qui mi fermo. Mi impongo di fermarmi, che altrimenti potrei andare avanti all'infinito. Son tutti brani di discorsi, di ragionamenti, di chiacchiere che hanno gravitato intorno a me questi giorni. Così è. Anzi, tant'è.]

lunedì 11 maggio 2009

Campani(n)ismo

[...] Quegli che si dimandano campanini sono quella sorte di marmi che suonano quando si lavorano et hanno un certo suono più acuto degli altri; questi son duri e si schiantano più facilmente che l'altre sorti suddette e si cavano a Pietrasanta.


Vasari, G., Le vite de' più eccellenti architetti, pittori et scultori italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri, Torrentino, Firenze, 1550

Ora et labora


Leggo sempre con interesse i saggi di Gian Luigi Beccaria sulle questioni di lingua. Ricordo con piacere il suo Sicuterat, il latino di chi non lo sa, pubblicato da Garzanti nel 2002 ed anche Per difesa e per amore, sempre uscito per i tipi di Garzanti l'anno scorso. Ora in Tra le pieghe delle parole leggo a pagina 189:

[...] incontro nel vocabolario milanese del Cherubini l'espressione fa el fraa, fare lo gnorri, fare l'indiano, che ricorda l'ottocentesco modo toscano sto co' frati, o anche sto co' frati e zappo l'orto, riferito a chi non voleva far capire a colui che lo interrogava una cosa che non aveva alcuna intenzione di dire.

A me la frase sto cco' ffrati e zappo l'orto, detta proprio alla versiliese, pare voglia dire qualcosa di diverso. Ho telefonato al Giannelli, che mi ha riferito un punto di vista ulteriore. Per lui la frase significa "apparentemente sto in chiesa, ma in realtà faccio i miei affari. Pare che sia religioso ed osservante, ma ho il mio credo personale, non sono quello che sembro".
E' un punto di vista che rispetto, ma che non condivido del tutto. Mi trovo invece d'accordo con lui quando, di sfuggita, accenna ad un "imbroglio di testimone". Per me star coi frati e zappare l'orto equivale alla posizione di chi si lega ad una personalità maggiore della sua ed ubbidisce senza farsi tante domande. Si è messo in convento, sta con i frati, quegli gli hanno detto di zappare l'orto e lui, senza chiedere il perchè, si mette lì e lo zappa. Se poi un giorno qualcuno verrà a chiedergli contezza di quel comportameto lui risponderà innocentemente: Nulla vidi, nulla saccio e mi levo d'ogni impaccio.

Chi sta coi frati e zappa l'orto è persona che si contenta d'esser guidato, che aderisce senza discutere alla proposte altrui, che lega l'asino dove vóle 'l padrone e quando gli chiedono perchè ha tenuto tale comportamento si scherma dietro l'auctoritas altrui.

Ma, trattandosi di questione di lingua, attendo i vostri punti di vista.

Beccaria, G.L., Tra le pieghe delle parole, Einaudi, Torino, 2008

domenica 10 maggio 2009

Sesquicentenari


Se avessi vinto l'indolenza ed avessi aggiornato con regolarità questo blog, non avrei certo dimenticato una ricorenza importante.

Il 27 aprile 1859 lasciava per sempre suolo natìo Leopoldo II d'Asburgo-Lorena, penultimo (praticamente ultimo) Granduca di Toscana. Ciò per colpa di certi personaggiacci che tesserono trame con Camillo Cavour al fine di far passare la nostra bella regione sotto la corona Savoia.
Non ha senso che io faccia qui un riassuntino di quello che potete leggere tranquillamente su Wikipedia, come appare superfluo rimarcare che si trattò una mossa scorretta, sbagliata e sconveniente. La Toscana aveva tutto il necessario per poter vivere tranquilla e non aveva affatto bisogno di legarsi al costituendo regno d'Italia, arretrato sotto ogni punto di vista: giuridico, amministrativo e sociale. [Si veda supra il post di sabato 3 gennaio 2009].
Canapone amava la Toscana di un amore sincero, di un amore che veniva dimostrato non tanto a proclami, quanto a fatti. Di un amore paterno, tanto che i sudditi gli dettero l'addio chiamandolo babbo.

Il secondo sesquicentenario, che questa volta mi impegno a non dimenticare, ricorerrà il prossimo 22 maggio, quando saranno centocinquant'anni dalla nascita di Sir Arthur Conan Doyle. Ne parlerò, forse, in un programma radiofonico in onda sulla BBC il prossimo venerdì 15.

Tant'è.

venerdì 8 maggio 2009

Holga



Per chi ha figli in età prescolare, "Olga" è senza dubbio la tata del Volga, quella che parla quattro lingue (più una di scorta). Ne sia fedele testimonianza la canzone che noi genitori siamo costretti ad ascoltare durante ogni viaggio in macchina, sia pure di pochi chilometri, nel tentativo di placare urli, richieste e mal d'auto.

Per me, da circa un mese, Holga (con l'acca davanti) è invece una straordinaria macchina fotografica di gusto retro, che pare uscita da una fabbrica di Berlino est. Interamente in plastica (lente compresa), senza fuoco, diaframma, contascatti, viene venduta con un rotolino di nastro isolante nero per impedire alla luce di entrare dal coperchio posteriore e bruciare la pellicola. Praticamente ha solo il mirino, una leva per scattare ed un flash.

Ma è proprio questa sua limitatezza a renderla unica e straordinaria. La sua parvità di risorse rende assolutamente necessario studiare ogni ripresa, pensare attentamente all'inquadratura, considerare con precisione le luci e le ombre. L'impossibilità di veder subito il risultato dello scatto ed anzi dover aspettare una settimana per lo sviluppo e la stampa della pellicola (monta film da 120, non i comuni 35 mm.) aggiunge la trepidazione dell'attesa al fascino del risultato finale.

Ecco che in questi giorni non parlo d'altro, non vedo altro, non immagino altro. Mi alzo al mattino pensando a quali scatti fare, a quali pose sfruttare, da quale angolo riprendere la scena. E vivo in virtù del venerdì pomeriggio, quando il fotografo mi riconsegna i tanto attesi provini. Come questo, che condivido con voi.




E' per me un sogno realizzato, un living dream, quello di poter fare fotografie come agli inizi del secolo scorso. I bordi scuri attorno al centro dell'immagine nitidissima, i grigi così carichi di sfumature, la sfocatura negli angoli rendono queste foto di straordinario interesse. Mi fanno vedere through the looking glass una realtà più bella del reale, mi permettono di osservare per speculum in aenigmate il mondo che vorrei, mi proiettano come specchio delle mie brame un mondo più desiderabile. Insomma, sono degne di riflessione.




Sono tornato. Sono tornato ?

Mi dispiace di morire, ma son contento


La vulnerabilità, la fragilità, la precarietà della nostra esistenza è pensiero temibile e terribile. Quando si viene assaliti immotivatamente da questi pensieri, come quello d'esser destinatari di infauste diagnosi, in genere è per colpa di uno squilibrio chimico. Con un pochino di litio, e con l'amore della famiglia, si riesce in genere a ritirar su l'umore ed a scacciare i fantasmi.

Quando il cervello mi propone queste riflessioni finisco sempre per pensare alla mia morte come qualcosa che non mi riguarda. Non soffro per la mia dipartita, ma per gli altri, per quelli che rimangono. E poi comincio ad immaginare il mio funerale in pompa magna. Una camera ardente, cupa, con drappi neri alle pareti, illuminata solo da quattro ceri attorno al feretro, in sottofondo la messa da requiem (Op. KV 626), la gente seduta attorno su lunghe panche basse. Ma purtroppo non riesco mai ad immaginarmi le facce, non vedo mai chi c'è, chi manca, chi piange, chi chiacchiera, chi è fuori a fumare una sigaretta, chi prega.

Trasformo, insomma, il pensiero in una rappresentazione barocca, in un film, in una dansa macabra che finisce per farmi ridere e per compatirmi. Come diceva la canzone:

Son contento di morire, ma mi dispiace tanto
Mi dispiace di morire, ma son contento

Dev'essere un rigurgito di litio, o d'amore, che mi riporta a più dritto cammino.


P.S.

Trasformo in post quella che avvrebbe dovuto essere una email indirizzata a D., in questi giorni smarrita nelle tenebre. E la immagino di mattina presto, davanti al computer, vincere la ritrosia di scrivere su Google il nome della temuta patologia, premere invio, scorrere con l'occhio la lista di voci in blu sulle quali cliccare, ed iniziare una lotta intestina contro le informazioni lette. Stupidamente, con un misto di vanagloria, orgoglio e presunzione mi chiedo perchè non mi ha telefonato, perchè non mi ha chiesto un appoggio, perchè non si è confidata.

Come se avessi potuto fare qualcosa. Come se fossi lì. Come se anch'io ...

martedì 5 maggio 2009

Tant'è

Ringrazio i miei affezionati lettori per le visite del 26 u.s. e di oggi. 
Mi fate quasi venir voglia di ricominciare.