martedì 31 marzo 2009

Disclosures

Via, oggi sono didascalico. Rivelo una fonte d'ispirazione:

L'elenco o catalogo non riempie uno spazio, che di per sé sarebbe neutro, con apparenze significative, con pertinenze, evidenze, particolari che saltano all'occhio. Allinea nomi di cose o persone, o luoghi. Fa in un certo qual senso vedere per eccesso di flatus vocis, come se l'orecchio assegnasse all'occhio parte del compito, troppo faticoso, di tenere a mente tutto quello che ode, o l'immaginazione si sforzasse di costruire un luogo in cui possano trovare alloggio tutte le cose nominate. L'elenco, nella sua immediata prepotenza, farebbe vedere anche a un cieco, è una ipotiposi Braille.


Eco, U., Les sémaphores sous la pluie, già in Sulla Letteratura, Milano, Bompiani, ed ora leggibile su

http://www.golemindispensabile.it/index.php?_idnodo=8702

A rrRoma

Sono proprio un idiota. Non conosco nulla, proprio nulla, di Roma [leggasi rrRoma, come diceva la mia nonna]. Mi sento come uno di quegli idioti che vengono qui a Firenze e girano col naso per aria e non alzano la testa perchè ignorano di passare a fianco di capolavori.

Ieri, per motivi professionali, mi sono fatto un tour-de-force di mezzo centro con passo alla bersagliera e sono riuscito ad imbriacarmi con: l'incrocio delle Quattro Fontane e la relativa chiesa di San Carlino tutta a seni ed a golfi a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, la Chiesa di San Lorenzo in Lucìna col busto del Bernini che sembra uscir fuori da una nicchia (e con una pasta alla crema che sarà pesata un chilo e mezzo, presa nel bar di fronte), l'atelier Canova-Tadolini dove si gusta il caffè tra gessi di sculture alti tre metri, l'odiernissima scatola che contiene l'Ara Pacis, e quindi la Chiesa di Sant'Agostino con la Madonna del Parto del Sansovino ed una pala di Caravaggio che è luminosa senza bisogno della luce.

Dopo un'amatriciana da Sabatino alle Cave di Sant'Ignazio mi sono sciroppato (sì, leggasi proprio sciroppato, verbo ggiovane): Santa Maria sopra Minerva con cristo di Michelangelo, alcune invenzioni geniali del Bernini, la tomba di un Tornabuoni di Mino da Fiesole e la lapide sotto la quale riposa il Beato Angelico. Quindi il Campidoglio, con la piazza disegnata da Michelangelo, uno sguardo veloce al Foro, un caffè al ghetto ebraico al Portico d'Ottavia, quindi a Campo dè Fiori a cercare GG (che però era in Colombaja), una puntatina a Palazzo Chigi per vedere la colonna coclide aureliana ed infine a Piazza Navona, da dove at last agguanto un taxi per la stazione Termini.

Temperatura perfetta (ero io, forse, ad esser vestito troppo), città pulita e comodamente visitabile senza traffico eccessivo, prezzi modici nei ristoranti ... si capisce perchè una volta messe le chiappe sulle poltrone del Parlamento, ci si alzano malvolentieri, quei birboni !

Oggi, con ancora negli occhi tutto il barocco possibile ed immaginabile, prometto solennemente di tornarci tra breve tempo. Anche se dentro di me so benissimo che non sarà così. Potrebbe essere un'idea, invece, organizzarci una gita sociale con i lettori di Solus ad Solam. Magari proprio il prossimo AGM.


sabato 28 marzo 2009

Stream

Ma allora è vero ! Esistono ancora luoghi straordinari ! E' vero che in questo panorama piatto si possono ancora trovare dietro le porte chiuse e prive di campanello, dei giardini incantati dove il tempo non scorre. E' possibile che Pietrasanta e Firenze si confondano e paiano quasi la stessa cosa !

Gli stessi scaffali polverosi, le stesse scritte sul muro accanto al telefono, gli stessi finestroni dai quali la luce entra a quarantacinque gradi. E soprattutto gli stessi occhi, le stesse persone, gli stessi eroi ai quali menti raffinate e mani capaci hanno dato vita e forma. Il classico contemporaneo. Roba da farsi venire la ciccia di gallina.

Il liuto dal manico storto tra le braccia di un bambino. Lo stesso liuto che Caravaggio mise in mano ad Apollo. E poi calchi di Michelangelo, della Robbia, Donatello. Il Cristo alla Colonna che ritorna ossessivo in tutte le forme. Disegnato, modellato, fuso.
La visione incantata di un carboncino del nonno all'Accademia di Roma, di un olietto affatto ingenuo che raffigura un viottolo tra blocchi di marmo e faggi rossi, del bozzetto di quella contadina che trascina la mucca al mercato contro la sua volontà.

Lasciatemi qua. Tra questi bimbi di bronzo che non crescono mai, tra questi autoritratti cadenzati con isocrona regolarità, con il vecchio Eugenio che mi incanta davanti ad un bicchiere di vino.

Lasciatemi qua. A sfogliare cartelle con trent'anni di nudi di donna, a soffiar via la polvere da studi, bozzetti, impressioni, a meravigliarmi davanti a disegni su vecchi fogli seicententeschi.

Lasciatemi qua. Stupito ad ogni colpo d'occhio, con la curiosità e l'impertinenza di chi è finalmente giunto al centro del suo mondo, al kilomètre zéro.

Lasciatemi qua. Lasciatemi qua. Lasciatemi qua.

lunedì 23 marzo 2009

Carneadi

Tra tutte le stupidaggini che mi sono nel tempo passate per la testa, c'è stata e c'è quella di comprare nei mercatini fotografie di sconosciuti. Tutto si riconduce alla non poi così nascosta malattia di voler fermare il tempo; comprare e conservare una istantanea degli anni quaranta, dalla quale mi sorridono volti ignoti, mi dona per un mese l'illusion di aver impedito al tempo di scorrere. E mi fornisce anche la possibiltà di trovare lo spunto per questo post.




Questi straordinari Carneadi, se mi si passa il plurale, onorarono della loro presenza la festicciola per il fiançailles di Emily de Coetz tenutasi il 27 novembre 1943 (era un sabato). Dove ? Con precisione non si sa, ma forse in Belgio, vicino Boitfort.

E' capace che qualcuno sia ancora vivo.  Forse quel ciuffettone in prima fila, nel mezzo. O magari quella ingioiellata in terza fila, quella con gli orecchini pendenti e la collana. Di certo non l'ultimo a destra nella fila di mezzo, che mi pare già passatello. Eh ?

giovedì 19 marzo 2009

Gratis et amore Dei


Ci sono delle cose che mi inorgogliscono. Una di queste è il "Permesso di Libero Ingresso - con Priorità" a tutti i musei fiorentini che ho ricevuto l'altro giorno.

Si tratta di un cartoncino con tanto di timbro della Soprintendenza che mi permette di presentarmi bel bello alle biglietterie dei musei, ritirare un talloncino gratuito e quindi entrare dritto dritto senza passare neppure dal via. Sarà una banalità, sarà un privilegio da nulla, ma a me fa piacere e comodo.

Sì, oltrechè piacere mi fa anche comodo. Perchè all'una e mezzo, terminato il pranzo alla Trattoria Casalinga, invece di tornare a sedermi alla scrivania facilito la digestione attraversando la strada alla volta di Palazzo Pitti. Un giorno alla Galleria Palatina, uno al Museo degli Argenti, una volta a passeggio per Boboli ... con l'aria scanzonata di chi si guarda intorno distrattamente sapendo di poter ritornare a comodo proprio e senza pagare una lira.

Oggi è toccata alla Galleria d'Arte Moderna ed alle sue collezioni di dipinti e sculture dalla fine del settecento sino alla prima guerra mondiale (anno più, anno meno). Tanto mi è piaciuta che domani ci ritorno. Un'oretta, con passo ondeggiato ed indolente, a godermi un'altra volta il panorama inedito che si gode dalle finestre del secondo piano ed a scattare un paio di fotografie che penso verranno bene.

Se qualcuno volesse unirsi a me ... che tanto l'ingresso è gratuito anche per le persone che accompagno.

martedì 17 marzo 2009

Turk 182


Con un certo orgoglio personale (sarà roba da poco, ma io son fatto così) ricevo una lettera dalla associate curator and librarian del dipartimento d'arte egizia del Metropolitan Museum of Arts di New York. Le avevo scritto riguardo ai graffiti di Segato e Frediani (Amiro) sul loro Tempio di Dendur e lei mi risponde aggiungendo un importante tassello alla figura del nostro conterraneo Seravezzino:

"Amiro Frediani is well known [...] as one of the most prolific graffiti scratchers on ancient monuments of Egypt and Nubia. His name can be found on countless monuments from the pyramids at Giza near Cairo to the pyramids at Meroe, just north of modern Khartoum".

"Amiro Frediani è ben noto [...] come uno dei più prolifici incisori di graffiti sugli antichi monumenti dell'Egitto e della Nubia. Il suo nome può trovarsi su innumerevoli monumenti, dalle piramidi di Giza vicino al Cairo, alle piramidi di Meroe, a nord della moderna Kartum"

Come non restare affascinati dalla figura di questo figlio di Versilia che in Egitto scrive il suo nome da tutte le parti ? Una vita come la sua andrebbe raccontata al cinema, più che in un libro. Dalle sue gesta come soldato nell'esercito napoletano all'apertura della seconda piramide assieme a Belzoni, passando per il suo viaggio con Ismail Pasha in qualità di aio e dragomanno fino alla sua morte al Cairo quando, persa la ragione, si credeva d'esser un principe.

Io, intanto, continuo a raccogliere tasselli per un nuovo librettino scritto da me a me stesso. Solus ad solam.

Tant'è.

mercoledì 11 marzo 2009

L'officina della parola


... l'ondulazione dei lemnisci che pendono dal serto ...

Leggo questa frase incomprensibile sul terzo volume de "Il Medioevo" uscito come allegato al quotidiano La Repubblica. E' posta come didascalia al Sarcofago di Sarigüzel, un bellissimo marmo conservato al museo archeologico di Istanbul, che naturalmente non conoscevo.

Così come non conoscevo i significati delle parole qui di seguito riportate:

Lemnisco [lem-nì-sco]
Dal lat. lemni°scu(m) 'fascetta, nastro', che è dal gr. lìmnískos
1 nell'antica Roma, nastro che ornava le corone trionfali
2 nastro avvolto attorno a ghirlande e festoni in decorazioni architettoniche

Serto [sèr-to]
Dal lat. se°rtu(m) 'corona', neutro sost. di se°rtus, part. pass. di sere°re 'intrecciare, legare insieme'
(lett.) corona, ghirlanda: un serto di fiori | serto nuziale, ghirlanda di fiori d'arancio che la sposa porta in capo; (fig.) raccolta di versi scritti in occasione di un matrimonio | serto regale, corona regale | serto di gloria, aureola.

Ecco. Due aggiunte al mio vocabolario (che tra un mese rileggerò da qualche parte e non ne ricorderò la definizione)

Eco. U., a cura di, Il Medioevo, vol. 3. Alto Medioevo, Gruppo Editoriale l'Espresso, Milano, 2009.

martedì 10 marzo 2009

Aldo Novarese

I tre "oggetti" del quiz dell'altro giorno hanno in comune un uomo, Aldo Novarese, il creatore dei caratteri - o font - utilizzati per il testo che compare sopra di essi.

a) Il carattere col quale sono scritti i numeri che ti indicano se hai o meno la febbre si chiama "Microgramma" ed è stato disegnato nel 1952.
b) Quello usato per il frontalino della lavatrice è "Eurostile", simile al precedente, ma di dieci anni più vecchio;
c) Il titolo dell'Edipeo Enciclopedico è invece composto in "Nadianne", un font del 1978.

Aldo Novarese, (1920-1995), era un pittore e un grafico pubblicitario, ma soprattutto un disegnatore di caratteri. Il migliore che ci sia mai stato in Italia. Come spesso accade, qui da noi è conosciuto solo in ambito specialistico, mentre all'estero è quasi venerato. A lui si deve, oltre alla realizzazione di una serie di font di larghissima diffusione, una vera e propria teoria del carattere ed un metodo di classificazione dei caratteri a tutt'oggi ineguagliato.

Così quando vi misurerete la febbre, quando imposterete il tempo necessario al risciacquo, quando risolverete il prossimo enigma, penserete anche a chi per anni ha lavorato - nell'ombra - dietro a tutto questo.

lunedì 9 marzo 2009

Da solo (on la strada)

Da molto tempo io vado a letto presto la sera. Raramente ho la possibilità - e soprattutto l'energia - di uscire con la Mumi. Faccio però sempre un'eccezione per Vinicio Capossela, che seguo in concerto ormai da anni.

Ho qui davanti a me, tanto per dire, un biglietto per lo spettacolo che si tenne al Teatro Verdi di Firenze giovedì 20 dicembre 2001 alle 20.45. Quella volta andai nel primo ordine di palchetti, al numero 6, posto A (prezzo EUR 20,00). Venne insieme a noi il nostro amico Fabietto (al quale devo la segnalazione di All'una e trentacinque circa) che poi si trattenne a dormire in quella che in seguito sarebbe diventata la camera di Ada. Ma lasciamo stare, erano - pare strano a dirsi - altri tempi.

Da quella volta ne ha percorsa di strada Capossela: sopra e sotto il mare, nelle caverne, tra la folla, nei deserti polverosi d'America, alla stazione monumentale di Milano, lungo le strade del ritorno ... e questa volta sembra proprio averla trovata una strada.
Il concerto dell'altra sera è stato infatti un vero e proprio show, con maghi, ballerine, fuochi d'artificio, giganti, cambi d'abito e persino un coniglio che ogni tanto attraversava il palco. Tale è la sicurezza e la padronanza delle scene raggiunte dall'artista, che per la prima volta ho assistito ad uno spettacolo nel quale il protagonista ha scelto di mettersi in secondo piano, quasi ad accompagnare col pianoforte una rappresentazione più centrale della sua stessa musica.

Lo show è diviso idealmente in due parti: la prima offre quasi integralmente le canzoni presenti nell'ultimo disco (disponibile anche in vinile, per i puristi), la seconda invece ripropone i cosiddetti grandi successi, quelli più richiesti dal pubblico, cantati dall'interno di una gabbia. Ciò a significare l'eterna schiavitù del cantante, costretto a riproporre i cavalli di battaglia over and over, anche sugli ultimi lavori e ssugli inediti. Questo tema, già presente in Capossela da lungo tempo [di creta mi pare il cerone / s'appiccica al volto / il mal del buffone. / Ridere vorrei stasera / ridere vorrei per me] è qui dichiarato apertamente. Mentre molti si sono fatti schiacciare da un personaggio o da qualche hit, lui è riuscito ad esorcizzare il dèmone ridendoci sopra e mostrando apertamente d'essere stato ingabbiato dalle pretese del pubblico.

Da dentro la cella, tra le altre cose, canta in russo una straordinaria Утренняя гимнастика, la Ginnastica Mattutina di Vladimir Vysotskij che non mi levo più dalla testa e che continuo a riascoltare con la speranza di mandarla a memoria e canticchiarla quest'estate per le strade di Forte dei Marmi.

Nessuno creda d'essersi perso lo spettacolo. Cinque o sei telecamere hanno ripreso tutte le scene, pubblico compreso, e ciò fa supporre che prima o poi ne venga tratto un DVD.

[Per inciso: non mi piace molto questo post. Vorrei limarlo ed aggiustarlo, ma non ho tempo. Per il momento ve lo pigliate così com'è. Tanto il messaggio s'è capito, no ?]

domenica 8 marzo 2009

How is a raven like a writing desk ?

Cosa hanno in comune questi tre oggetti ?

a) il classico termometro a mercurio;
b) il pannello di controllo della lavatrice Whirpool Easytronic plus;
c) L'edipeo enciclopedico de "La Settimana Enigmistica";

Un paio di giorni per trovare la soluzione. In palio, anche per chi non vince, il piacere della ricerca.