giovedì 29 aprile 2010

Q.L.B.P.

Vabbè che dirigeva Zubin Mehta, vabbè che suonava l'orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, vabbè che eravamo in Piazza del Duomo, ma qualcuno mi spieghi - se può - perchè sentire la banda per la strada mi scuote nell'intimo.

Ascoltare il Va pensiero o l'Inno di Mameli, così, suonati e cantati per la via, mi ha mosso alle lacrime.

Literally.

giovedì 22 aprile 2010

Presto !

Sempre per quella incoercibile volontà di apparire, di sembrare diverso, di stupire, mi sono imparato (sì, mi sono imparato. La gente scrive a senz'acca, un'uomo con l'apostrofo, settimana prossima senza l'articolo davanti; potrò io scrivere mi sono imparato, no?) una serie di giuochi di prestigio.

Sparizione del fazzoletto, ars divinandi con le carte, e - soprattutto - scrittura nel pensiero.

Che, se leggere nella mente altrui lo sanno fare in tanti, io ho la facoltà di scrivervi.

O meglio, ce l'ha il Mago Presto ! (con l'esclamativo). Che è il nome col quale vorrò farmi conoscere al grande pubblico.

Tant'è.

Presto !

martedì 20 aprile 2010

Sepolcro imbiancato !

Væ vobis scribæ et pharisæi hypocritæ, quia comeditis domos viduarum, orationes longas orantes ! propter hoc amplius accipietis judicium.

Matthæus, 23:14

sabato 17 aprile 2010

Si monumentum requiris, circumspice


Gli stessi piedi, che prima erano infagottati in un paio di stivaloni di camoscio foderati di pelliccia, ora passeggiano scalzi e nudi davanti a me. Sono di quella ragazza, incontrata per strada intabarrata in un cappottone siberiano che la impacciava nei movimenti, che ora si muove leggiadra sul palco vestita d'un abito bianco e leggero (vorrei scrivere leggiero, come il poeta).

Solo i capelli sono rimasti gli stessi: folti e neri con marezzature rosso rame che ogni tanto s'accendono sotto i riflettori.
Che anche il volto mi pare cambiato, ed il portamento stesso. Ora è quasi più bella, più a suo agio, più completa.

Queste rapide pennellate, anzi, per meglio dire, queste sbozzature voglion descrivere Elisabetta Salvatori, che ieri sera sono andato a vedere al Teatro di Rifredi nel suo La bimba che aspetta. Sbozzature che lei stessa utilizza per delineare la Carrara anarchica di fine secolo, la Viareggio gaudente di primo novecento, con tutto quello che ci sta nel mezzo.

Intrecciando ad arte una perfetta dizione italiana col mesto accento della Versilia che nel cor mi sta, riesce ad evocare a colpi di subbia, storie di uomini, di donne, di paesi. Tutta quella cultura, insomma, che ha concorso alla mia formazione.

Ed alcuni di quei colpi di subbia mi entrano nel petto, e provo un dolore misto a riconoscenza: per l'immagine della lastra di marmo che prima è desco quotidiano e poi lastra tombale, per la polvere di marmo che vedevo sugli occhiali di Sem Ghelardini, per la marmettola che mi inzaccherava le scarpe quando andavo sul piazzale del laboratorio.

E poi qualche altro colpo, dato di fino, con la gradina, per farmi vedere le onde del mare con occhio diverso, per ricordarmi di quando le zie mi portavano al cimitero (che gli òmini no, quelli un ci venìvino), per quella "Fate la nanna coscine di pollo" che m'avranno cantato proprio il 16 d'aprile di qualche anno fa, quando sono nato.

Brava Elisabetta Salvatori. Ad aver scolpito nel marmo, con la perizia di un panneggiatore, un monumento ai nostri monti, alla nostra terra, al nostro mare.

Brava. E grazie.

mercoledì 14 aprile 2010

Sic transit gloria mundi

Un giorno senza email, twit, post, messaggi su Facebook ... e ci si sente fuori dal mondo.

martedì 13 aprile 2010

C****

I miei venticinque lettori hanno quasi immediatamente espresso il loro sdegno per il tono salace del mio ultimo post.

E' vero. Ho utlizzato una parolaccia. Che ogni tanto pronuncio ma che quasi mai scrivo. Ma l'ho scritta perchè non potevo farne a meno e perchè rispecchiava, anche nel suo significato letterale, esattamente quanto intendevo comunicare. Non potevo scrivere "testa di pene", perchè non avrebbe avuto la stessa immediatezza. E poi "pene" poteva confondersi con "dolore, sofferenza, afflizione". Ed invece quelli sono tutti sentimenti che provo io. "Pene" sarebbe stata non solo inadatta, quindi, ma anche fuorviante.

E poi, con testa di c**** volevo proprio significare chi in testa ha solo quello. Chi governa le proprie azioni pensando solo alla immediata soddisfazione. Come ho già scritto altrove:

"chi, avendo mal ragionato sull'incertezza del domani, vuol esser lieto oggi. Ad ogni costo."

Abbiate pazienza, quindi. Vorrà dire che mi laverò la bocca col sapone.

lunedì 12 aprile 2010

Sdegno

Sembra quasi che abbia letto il Robâ’iyyât, quella testa di cazzo.


Omar Khayyâm, Robâ’iyyât, a cura di Alessandro Bausani, Einaudi, Torino, 1956

mercoledì 7 aprile 2010

Il triduo pasquale


- “Dai babbo, che bello, gli zii ci hanno invitato in barca per Pasqua !”

- “Vacci te.”

- “Ma come vacci te ? Non sei contento ?”

- “Macchè contento ! Ti pare ? Con questo tempo, con questo freddo, con questo mare ! Ed i bimbi ? Chi li guarda ? E la mi’ mamma ? Ma possibile che te ne venga in mente sempre una ?”

- “Sai che ? Io ci vado da sola !”

- “No eh, da sola ? Allora vengo anch’io”.

Questi gli scampoli di una conversazione che avreste potuto origliare se foste venuti a casa nostra lunedì 29 marzo (verso sera). Tornavo da un lungo fine settimana elettorale, dopo un viaggio in macchina da Forte dei Marmi durante il quale m’ero quasi addormentato, verso una destinazione che in quel momento malcelava più di una tensione. L’idea di partire in barca - a me, marinaio di sabbia - era non solo remota, ma quasi ostile. Trovavo ogni ostacolo, sollevavo ogni obiezione, instillavo ogni dubbio.

Ma come al sòlito ecco venire in soccorso mia moglie, con la sua pazienza, i suoi artifizi, i suoi musi. Entrando piano piano in costa e poi allargandosi mi ha convinto, e - dopo aver detto a tutti che partivo malvolentieri - mi sono fatto persuadere alla partenza.

E che errore avrei fatto a starmene a casa !

Pur nell’incerta temperatura di questa precoce primavera i 14 metri di Trilly ci accolgono con scintillante benevolenza per questo che è il primo viaggio della stagione.

Paolo, lo skipper, inizia sin da subito a darsi da fare e noi cominciamo a sistemare la spesa, dividerci le cabine, fare i letti. L’atmosfera, la novità, il placido rollìo ... tutto concorre - assieme alla vicinanza forzata dagli spazi ridotti - a creare quella sensazione di calda serenità che invita alla confidenza e stimola la più genuina fratellanza.

“In barca tutto si condivide” dichiara con voce stentorea la capitana, e mai affermazione fu più vera. Sottocopoerta si sente ogni rumore, dal fragoroso russare notturno ad ogni sciacquone tirato nel piccolo ma confortevolissimo bagno. Ciò che sarebbe intollerabile in un appartamento, a bordo diventa - au contraire - del tutto accettabile ed anzi persino divertente.

Per non tacere poi dello spettacolo offerto dalla natura. Sembrerà banale (ed anzi forse lo è), ma si rimane ancora affascinati dal blu del mare, dal celeste del cielo, dal verde delle coste. E si impara - proprio noi che ci dichiariamo toscanissimi - a riconoscere i profili di Pianosa, di Capraia, della Montecristo di Dumas.

David al timone insiste per una andatura sostenuta, almeno 7 nodi, e si diverte a fare a braccio di ferro col mare per tenere la barca inclinata. Flavia, rimpallata in un caffettano verde, si imbacucca con una kefiah ed affronta con navigata sicurtà ogni beccheggìo. Penelope sorride sempre nella sua beata gioventù e scatta compromettenti fotografie che finiranno su Facebook per la gioia di adolescenti dalla pelle atopica. Lucilla adorata, serena e felice, si gode la meritata distrazione dalla quotidianità, pur nella tensione del cordone ombelicale che rimane sempre con un capo a Firenze. Io, per mio conto, ostento savuarfèr e mi compiaccio di non soffrire di mal di mare.

Le fortificazioni medicee di Portoferraio, volute da Cosimo I già nella prima metà del cinquecento, ci accolgono con tutto il loro maschio turgore, e la sorte ci riserva un posto barca davanti alla porta della città; proprio quella porta che già vide passare sotto di sè imperatori, principi e granduchi.
Così, tra l’acquisto di un souvenir, un aperitivo e qualche etto di cioccolata, passa in estrema piacevolezza il triduo pasquale.

Ma dato che all good things must come to an end, il lunedì mattina - dopo una visita a quel che rimane delle vestigia napoleoniche - facciamo rotta per Salivoli.

Mare forza quattro - come il gioco tanto caro ai bambini - con lo scafo che resiste fiero ai picchi d’onda, qualche cazzatura di randa ed un vento di bolina che ci spinge a quasi 10 nodi, si veleggia verso il travaglio usato. Con la Pepe che promette di non mangiarsi più le unghie (alleccorita da un viaggio premio a New York), Flavia che indòmita dal mare si fa un sonnellino sottocoperta e qualche tazzina da caffè che si ostina ad obbedire alla forza di gravità ci avviciniamo alla terraferma.

VHF 9 : “Trilly a porto di Salivoli. Chiediamo assistenza per l’ormeggio, passo.”

“Ricevuto Trilly, posto numero 47, chiudo”.

Ed io, stupido, che non volevo venire.

Via Maggio's particular charm

[...] The ground floor of almost every one of this noble buildings, the English church being one of the few exceptions, was a showroom for antiques or reproductions, built or restored in the small workshop in the narrow streets and alleys leading off the Via Maggio. Some specialized in Florentine mirrors, some in chandeliers, or ornate, spindly salon furnitures; the grander shops recreated a whole stage sets in their windows, Renaissance drawing rooms complete with frescoes and birdcages and classical statuary; others were stuffed with junk.
Frances had never once seen a customer in any of these shops ...


Kent, C., A Party in San Niccolò, Penguin, London, 2003

sabato 3 aprile 2010

Ed io che non volevo partire

Templa moenia domos
arces portum
Cosmus Mediceus Florenti
norum Dux II
a fundamentis erexit
anno Domini MDXLVIII.

giovedì 1 aprile 2010

D. 1.1.10.1

Gli altri non esistono. Dilaghi pure l'egoismo.

Ognuno "basta" a se stesso. Ossia ognuno "pesa" e pe(n)sa per se.

Un po' come diceva Marcella Bella.