domenica 30 novembre 2008

Slanchivàr !


Caro Babbo Natale,

quest'anno ti scrivo con un certo anticipo perchè, conoscendo i tuoi impegni, voglio evitarti le corse dell'ultimo giorno ed anche perchè desidero che tu abbia tutto il tempo necessario per procurarti  - eventualmente - quello che ti chiedo. Non sia mai che, come l'anno scorso, tu ti debba giustificare per non aver trovato quel poco che ti avevo richiesto.

A me pare, tutto sommato, di essermi comportanto bene per tutto il 2008. E' ben vero che l'anno non è ancora finito, e che in un mese si possono combinare le peggio nefandezze, ma se si guarda al trend dei mesi precedenti, c'è da sperare per altri trenta giorni di bontà. Tu, piuttosto, come ti sei comportato ? Scommetto che te l'hanno chiesto in pochi. Tutti sono a dichiararti spontaneamente le proprie pagelle di bontà e rari nantes osano mettere in dubbio la tua. Insomma, spero che anche tu possa dirti soddisfatto della condotta passata e sono certo che - proprio come faccio io - prometterai a te stesso ed ai tuoi familiari di impegnarti di più per il 2009 venturo. (Se mi permetti una confidenza, io fossi in te insisterei di più sulla spinosa questione del cibo, che in quel campo mi pare tu ti lasci un po' troppo andare).

Ecco. Detto questo, veniamo pure alla faccenda dei regali. Bambole, trenini, biciclette, costruzioni, puzzles e palloni nè ho in quantità. Per quelli, quindi, non ti disturbare. E ti sollevo anche dal pensare a mutande, calzini e maglioni, che quella è competenza di mamme e vecchie zie. La busta con dentro i soldi così "ci compri quello che ti pare", mi pare davvero poco delicata, specialmente per te che hai una reputazione da difendere. I profumi, come ben sai, sono troppo personali e le cravatte, inutile dirtelo, ognuno preferisce comprarsele da sè.

Io, per andare sul sicuro, ti suggerisco di portarmi una bella bottiglia di whisky. Meglio se maggiorenne e se proveniente dall'isola di Islay (leggi ai - la). Come sai, da ormai più d'un anno ho sospeso il fumo della pipa. Non posso dire d'aver smesso, per onestà verso me e verso gli altri, ma posso impunemente affermare di esser in fase sospensiva (non sia mai che un giorno riprenda). Quindi, la sera, invece che rimanere con me stesso a celebrare il rito sacerdotale della pulitura, carico ed accensione della più gelosa delle amanti, voglio illudermi di poter diluire (o nel caso affogare) affanni ed amarezze in un thimbleful d'Acqua di Vita. 

Se ti pare che abbia chiesto troppo, mi contento anche di una bottiglia di Laphroaig (leggi la - froig) 10 anni. Quella, detto tra noi, la trovi anche all'Esselunga.

Ti ringrazio per quanto potrai fare e, con l'augurarti ogni bene per le prossime festività, ti stringo la mano e resto, tuo affezionatissimo


P.S. Quasi dimenticavo. Anche i miei bimbi ti manderanno una letterina. Perdona gli errori di ortografia e mandami pure il contante tramite bonifico bancario. A comprare i regali, come d'accordo, anche quest'anno ci penso io.

sabato 29 novembre 2008

Nenenè, indovina quel che è

Su, via, basta, rompiamo gli indugi. Una settimana di letto, di febbretta, di tossone, di beata solitudo / sola beatitudo, mi hanno tolto la voglia di scrivere sul blog.
Che ci crediate o no, oggi ho ricevuto due rimproveri dai miei lettori: uno verbale ed uno, addirittura, scritto. Perchè non scrivi ? Che fai ? Hai smesso ? Quando ricominci ? Non ti diverti più ? E' colpa delle medicine ? Insomma, pare che si reclami a viva forza un post. Brutto, noioso, magari banale, purchè sia una riga scritta da leggere. E va bene. Eccovi contentàti.

Anni fa (ero un bimbo) mi giunse notizia di un concorso di indovinelli a doppia lettura. O sconcissimi da depravati, od innocenti da educande. Io partecipai con quello che segue, ma non ho mai saputo nulla, nè se l'hanno pubblicato, nè se l'hanno risolto. Provateci voi, se vi diverte:



Ogni sera me la faccio
sopra il tavolo, in cucina,
e la finisco indisturbato
dentro al letto. Poverina !

Resta solo, alla mattina,
contenente un po' di seme
quella lurida "bustina"
colla quale nessuno teme


A me pare, al solito, banalissimo e spregevole.

giovedì 20 novembre 2008

Palle di cannone ingallate

L'altro giorno, qui a Firenze, c'è stata la vernice di una mostra d'arte contemporanea. Non sapendo più cosa inventarsi per attrarre il pubblico, l'astuta maîtresse de maison ha proposto - in vece del solito prosecchino con fragole minto e riminto - una selezione di tè cinesi offerti secondo i metodi cerimoniali classici. Al servizio non c'erano proprio due gheisce sbiaccate di cerone, ma piuttosto un paio di ruspanti piemontesi di Alba che, abbandonati gli odorosi truffes per le più aromatiche foglie di camellia sinensis, si sono prodigate a decantare - in ogni senso - le virtù dell'ambrata bevanda. Costoro distribuivano, oltre al liquido, un solido opuscolo illustrativo delle mille e mille proprietà del tè verdè.

Cercando di capire come mai i cinesi sono felicemente ultimi nelle statistiche sull'incidenza di certi tumori, alcuni scienziati hanno trovato la molecola EGCG (Epigallo Catechina Gallato) portatrice d'effetti anti tumorali ed anti infiammatori. Non solo in chiave preventiva, ma persino in caso di patologia già esistente. A questo punto è inutile che io mi metta a riassumere quello che trovereste con una qualsiasi ricerca su Google. Voglio però consigliarvi, prescrivervi, direi quasi: imporvi la sorbita di tre o quattro tazze di tè verde al giorno.

Acqua minerale naturale, temperatura prossima all'ebollizione, due cucchiaini di Gunpowder Green (vae alla bustina !) one for you and one for the pot, infusione massima di tre minuti. Niente latte, zucchero, limone. Per carità. Tazza in porcellana più fine possibile.

Chi non riuscisse a procurarsi un decente tè verde in foglie mi scriva e riceverà preziosi ed inattesi consigli.

Mi raccomando. 

martedì 18 novembre 2008

Mesmer

Io non mi ricordo nulla.

O meglio, quasi nulla.

O meglio ancora, i ricordi mi riaffiorano se opportunamente stimolati. Per questo rimango affascinato da chi conserva ben presenti vivide immagini degli eventi passati.

La memoria è come una soffitta nella quale vanno riposti, il più ordinatamente possibile, gli strumenti che riteniamo necessari per la nostra vita. E, come diceva mr. Holmes,  it's a mistake to think that that little room has elastic walls and can distend to any extent. Si vede che io ho accumulato troppa robaccia e, come se non bastasse, l'ho riposta in modo poco efficiente. Così mi trovo a non ricordare se non per caso e grazie a rispolverature altrui.
Cercando l'etimologia della parola "memoria" ho trovato quanto segue: 

mèmore = lat. MEMOREM, [...] màr - mar, ricordarsi, conoscere [...]. Da questa radice rampolla anche il gr. mèrmêra cura, sollecitudine e propr. il frequente ricordo di una cosa, mer - mêrìzô, volgo e rivolgo in mente, màr - tyr testimone e propr. quegli che rammenta (v. Martire).

E quindi ho chiuso il cerchio. Mancata cura e sollecitudine nello stivaggio in soffitta; volta e rivolta in mente dei vecchi ricordi, come Mesmer che ipnotizzava in limine vitae. Ed infine il bellissimo martire=testimone.  Per oggi mi posso contentare.

Conan Doyle, Sir Arthur, A Study in Scarlet, in Beeton's Christmas Annual, Ward, Lock & Co., London, 1887.

lunedì 17 novembre 2008

Un cocco per te

C'è caso che io metta su un pollaio.
Quod, in frumenti inopia, ovum (sarebbe, in realtà, ervum).
Ho pensato di prendere una decina di galline.
Avrò il problema delle uova in eccesso rispetto al consumo familiare.
Vorrà dire che le regalerò.
Senza però assumermi alcuna responsabilità.
Che di questi tempi non è cosa da poco.

[Per inciso: Oggi (solo oggi !) ho imparato che Myricae si traduce in tamerici, e posso dirmi felice].

venerdì 14 novembre 2008

Ictu oculi


"Dev'essere da qualche parte", diceva una.

"E' qui in casa senz'altro", diceva l'altra.

Tant'è che me lo sono dovuto comprare io e far spedire da una libreria di Venezia.

Mi riferisco al libro del quale ho riportato un paragrafo nell'ultimo post, che in questi giorni è oggetto delle mie letture e di note margine (perché non sono contemporaneo) e che mi muove alla promessa di andare a visitare i luoghi descritti e dall'autore. Mi affascina l'idea che, dopo ottant'anni e passa, i miei occhi rivedano quello che lui aveva visto, che due palme di piedi della stessa razza ricalpestino quei sassi, che due nari di nepote riannusino il nepote dello stesso odoroso gelsomino. E poi tanto va a finire che non ci vado, che i viaggi me li faccio nella mente, che poi carica cento bagagli, sistema i bimbi, prenota gli alberghi e i traghetti, gli spostamenti, fai sopportare il caldo, mantieni alto l'interesse ... tutto per  una cosa che - a dire il vero -  interessa principalmente, se non esclusivamente, me. Ed allora mi diverto a pensare di esser venuto qui a Firenze apposta, come un turista, per vedere cose che magari interessano ad altri anch'essi restati a casa.

Eccomi davanti al civico 22 di Piazza de' Pitti dove in questi pressi / fra il 1868 e il 1869 / Fedor Mihailovic Dostojevskij / compì il romanzo "L'idiota".

Ed ora sono al 132 di via de' Serragli  dove in questa casa bella / prima di salire a Bellosguardo / per più operoso soggiorno / dimorò nel 1858 / l'autore della "Lettera Scarlatta" / Nathaniel Hawtorne.

Ed infine in via Romana, sopra il 135 dove c'è scritto che dalla casa modesta / ove abitò adolescente / Giosuè Carducci / la scuola tecnica d'Oltrarno / in concordia col comune / volle che il bronzo perenne / ne additasse la gloria / XVII Aprile MCMVII.

Tant'è.


Bassi, F., La Storia d'Italia nelle Epigrafi Ditirambiche sui Muri di Firenze, Helicon, Firenze, 2000,

mercoledì 12 novembre 2008

Palermo - Trapani

Con una certa trepidazione mi accingo a ricopiare qui di seguito alcune righe che un mio più illustre maggiore scrisse nella prima metà del secolo scorso.

Così le due notti passate a Trapani rimangono nella mia memoria con un appunto di minor sofferenza. Trascorsero in una atmosfera di allegria, alla quale non era estraneo il fuoco che il vulcanico vino delle vigne di Mazzara e di Marsala accendevano nella fantasia e nel cuore di tutti, anche di quelli che, astemi, per curiosità solo qualche sorso bevevano.
Con tali fiaccole, il carcere tessuto dalle ombre sembrava si aprisse alla virtù del sole meridiano.
La vita del passato e la brama dell'avvenire, lette e proiettate con la fatica del ricordo e del pronostico, perdono gli uncini dell'asprezza e corrono più lisce alla foce del desiderio. Se qualcuno dicesse che l'esistenza "tanto è amara che poco più è morte", con un bicchiere di quello che io intendo si convertirebbe a scoprire in Dante una tendenza ad esagerare.
E' un vino che sta tra il giallo e il rosso degli antichi velluti genovesi.

Salvatori, L., Al confino e in carcere, Feltrinelli, Milano, 1958.

Doppelgänger

O bimbo, sta' 'ttènto, se ti guardi troppo nello specchio ci vedi 'l diavole.

martedì 11 novembre 2008

Smidollati !

Ancora una riga sulla questione schiacciata/focaccia. La riflessione di ieri ha sollevato una serie di obiezioni tipiche di chi, anziché stendere una regola generale, trova più facile trovarvi l'eccezione. Obiezioni - a dire il vero - espresse verbalmente e non tramite l'apposito servizio di commenti offerto dal blog.
Alcuno si è voluto riferire alla schiacciata alla fiorentina, altri alla focaccia di Recco. Al proposito occorre osservare come la necessità stessa di dare una localizzazione al prodotto sia già di per sé segno di particolarità, di difformità, di delirio rispetto alla regola. Per questo motivo si aggiunge "alla fiorentina" o "di Recco": proprio per significare che siamo innanzi ad una schiacciata o ad una focaccia sui generis.

[Per inciso: quand'ero piccolo pensavo che quel "sui" volesse dire "sopra i"].

Quella del capoluogo è dolce ed è fatta con l'uva fragola. Quella ligure è invece improntata alla massimizzazione del profitto e fu portata alla ribalta dalla celebre Manuelina dell'omonimo ristorante. Consiste, come saprete, in un velo di Maya di pasta, squarciato da abbondantissima crescenza scaduta.

Pare invece dato per assodato che la differenza di cui si è dibattuto ieri dipenda, appunto, dall'atto dello schiacciare la pasta così da accelerare la cottura e diminuire la presenza di midolla. Ciò, almeno, per quanto mi riguarda.

Lo strolago di Chinatown

Ieri, per lo meno qui a Firenze, è uscito il Sesto Cajo del 2009.
Quelli che mi leggono fuori dal Granducato sappiano che mi riferisco ad un librettino dalla copertina celeste, di circa 10 x 15 centimetri, spillato nel mezzo con due bullette e presente nelle nostre edicole dal 1877. Il titolo completo è:

Il vero / Sesto Cajo Baccelli / Fratello maggiore di / Settimo Cajo Baccelli / Nipote del celebre / Rutilio Benincasa / Astronomo-Cabalista / Soprannominato: / Lo Strolago di Brozzi / Lunario per l'anno 2009.

 Trattasi di un piccolo manualetto - sempre uguale dal centotrent'anni - contenente previsioni del tempo per (tutto !) l'anno a venire*, indicazioni delle lune e dell'epatta, dei tempi per la semina, spigolature sulla campagna, elementi di agiografia spicciola, notizie sui mercati e  fiere di paese, sui lavori da compiere in cantina secondo le stagioni, e via e via e via.
Da quando è uscito ha cambiato tre o quattro editori, ora è pubblicato da una sussidiaria della Giunti, ma ha sempre mantenuto le sestine d'apertura e - credo - i tre problemini in penultima pagina. Vi scrivo a proposito di quelli di quest'anno. Il primo è banale, il terzo è stupido, ma il secondo è affatto peregrino.
Andate in edicola, comprate il Sesto Cajo, e provate a risolverlo. E' chiedere troppo ?

Ed ora, una nota sul titolo. La parola strolago, vernacolare per astrologo, è divenuta strolico nel nostro versiliese e significa strambo, strano, stralunato, saturnino, lunatico, meteoropatico. Il riferimento a Chinatown, invece, è dovuto al fatto che oggi il ridente suburb di Brozzi è diventato presidio quasi esclusivo dei cinesi.



* Una volta ho incontrato uno dei tipografi che lo stampavano il quale mi ha raccontato di come si divertissero, tra loro, ad inventare le previsioni a caso, mettendo soli e piogge a seconda dell'umore.

lunedì 10 novembre 2008

Zuppa o pan bagnato ?

Proprio per non lasciare a bocca asciutta i miei venticinque lettori propongo, in questi giorni di silenzio stampa, un quesito di non facile soluzione. Qual'è la differenza tra focaccia e schiacciata ?
I principali dizionari online definiscono l'una utilizzando il nome dell'altra e, in buona sostanza, trattano i due termini come sinonimi. In realtà noi sappiamo, oltre al fatto che il concetto stesso di sinonimo non esiste, come tra i due cibi corra una differenza sostanziale.
Lasciamo ai milanesi il pravilegio di chiamare indifferentemente schiacciatine o focaccine i costossisimi manufatti edibili di Valè e rivendichiamo per noi stessi il privilegio di riferirci alle prime od alle seconde in ragione - a mio avviso - della quantità di midolla presente nel prodotto.
Dico male ?

giovedì 6 novembre 2008

An apple a day

Quando morì il povero Sem Ghelardini, il comune di Pietrasanta fece stampare un poster sul quale, oltre l'immagine, c'era scritto: "Di quali sei te ? Che bevi ?". Frase d'esordio, ice breaker, del compianto scultore versiliese. Ecco, ora gli rispondo.

Io sono di quelli del Melaio.

Pea. E., Arie Bifolchine, Vallecchi, Firenze, 1943.

mercoledì 5 novembre 2008

Michael Douglas, John Lange, Jeffrey Hudson

E' stato lo scrittore della mia adolescenza. Quello che ha segnato per sempre il passaggio dai fumetti ai romanzi. Quello che mi ha aperto la via alla letteratura.
Sempre un passo avanti, precursore dei tempi, documentatissimo profeta. Creò E.R. - la fortunata serie televisiva che ha dato il la al medical drama - vent'anni prima che uscisse in televisione. Introdusse il concetto di mobbing con anni d'anticipo rispetto al giornalismo. Preconizzò l'utilizzo concreto delle nanotecnologie con un tempismo d'eccezione.
E ciò non ostante scriveva letteratura popolare, per tutti, libri da ombrellone. Mettendo però in fondo una ricca bibliografia per invitare all'approfondimento, per suggerire letture ulteriori, per invogliare ad andare oltre alla finzione.
E' morto oggi, quando l'America - forse, e speriamo - volta pagina.
E quando anch'io, suo affezionato lettore, volto l'ultima pagina sulla biografia dell'amato Michael Crichton.

Proto

Lunedì mattina (che non lavoro) e nelle pause pranzo (come ora che è il tocco e mezzo) ho riguardato le bozze di un nuovo dizionario che uscirà entro la fine dell'anno. Non sono molto d'accordo col metodo scelto per l'elencazione delle parole, ma essendomi stato chiesto solo di correggere gli eventuali errori di stompa, limito il mio intervento a quanto strettamente necessario.
Tre giorni di full immersion nel nostro dialetto versiliese mi hanno rimesso al mondo. Credo che sia stato buffo sentirmi parlare, qui a Firenze e in questi giorni, con una dovizia di vocaboli presi dal nostro lessico.
In coda al dizionario c'è un elenco di filastrocche, modi di dire e proverbi. Ve ne lascio tre che mi hanno particolarmente divertito:

"Arosto c'un ti tocca, lascilo brugià"

"Chi vòle 'mpara' a bestemmia', porti tre legni senza legalli"

"E' méglio pióvi óggi che ne le méglio giornate"

Quest'ultimo attribuito all'indimenticabile Silvano Alessandrini.

lunedì 3 novembre 2008

Ars magna

Scrivo di fretta poche righe sul loisir che in questi giorni ha occupato i miei molti lettori. 
Chi prenda le singole lettere che compongono una o più parole e, dopo averle agitate per bene in uno shaker, rovesci il tutto nuovamente sul tavolo, avrà ottenuto un anagramma. Un celebre enigmista che si firmava Snoopy, ne propose la seguente definizione:

Lo determini mercè l'esatto / rimescolamento di lettere

Il bello di questo gioco consiste nell'applicarlo a casi concreti, a titoli di libri, a luoghi in cui si vive ... a qualcosa, insomma, che ci è in qualche modo di stimolo ulteriore. Il piacere è minimo, infatti, nel leggere che Roma si anagramma (tra l'altro) in amor, mentre forse può essere di maggior interesse notare come il santo Natale divenga l'alta solennità.

Una particolare species di questo genus è il c.d. aptagramma, ossia quel particolare tipo di anagramma nel quale la frase di partenza e quella di arrivo sono collegate da un medesimo significato. Si pensi, ad esempio, al celebre Democrazia Cristiana /Azienda camorristica.
Se poi il gioco viene fatto su nomi-e-cognomi il risultato può diventare davvero degno di nota. Sublime capolavoro è quello di Gianni Mura che vede in Carol Voitila / l'alto vicario.

Per mio conto, oltre a pavoneggiarmi per aver visto in Forte dei Marmi / fremiti d'amore voglio ricordare l'aptagramma che ha trovato Stefano Bartezzaghi a partire dal mio nome-e-cognome. Riconoscendo il mio gusto per l'inutile ha correttamente visto in me il giocar sulla vanità.

Per chi voglia approfondire l'argomento consiglio, oltre all'imprescindibile:

Bartezzaghi, S., Lezioni di enigmistica, Einaudi, Torino, 2001.

i due gustosissimi:

Bendazzi, A., Bizzarrie letterarie, presso l'autore, nel Seminario, Ravenna, 1951.
Bendazzi, A., Bazzecole andanti, Vallardi, Milano, 1996.

Ed ora vi saluto, che mi tirano i punti dell'operazione, e vado a letto colle galline.

domenica 2 novembre 2008

L'esarca di Ravenna

Sarò banale. Ma, forse, chi ancora non conosce quello a cui accennerò, mi sarà riconoscente.

E' noto come Totò fosse fiero dei suoi titoli onorifici, del suo blasone e delle origini nobili che poteva vantare; tanto che si battè persino legalmente per potersi fregiare dei seguenti patronimici:

Antonio Griffo Focas Flavio Dicas Commeno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio, altezza imperiale, conte palatino, cavaliere del sacro Romano Impero, esarca di Ravenna, duca di Macedonia e di Illiria, principe di Costantinopoli, di Cicilia, di Tessaglia, di Ponte di Moldavia, di Dardania, del Peloponneso, conte di Cipro e di Epiro, conte e duca di Drivasto e Durazzo.

Ma in una poesia, scritta proprio in occasione della odierna ricorrenza, egli ribaltò completamente la situazione, con una leggerezza ed un virtuosismo propri del genio. Io ritengo - per quanto possa valere la mia idea - questa sua composizione una tra le vette raggiunte nella sua vita, e forse financo la più alta. Sarà perchè ammiro negli altri i capovolgimenti ed i cambi di prospettiva dei quali io non sono capace.

Perciò, suggerisco a chi non conosca 'a livella di leggere qui ed, ancor meglio, di vedere qui.

Ecco, scritto questo, vi prego di considerare il presente post un omaggio verso la pietà dei defunti, ed il mio requiem aeterna per chi vi guarda di lassù.

Tant'è.