giovedì 31 dicembre 2009

By Jove !


Ieri, dopo la rituale eucarestia del 30 decembre sono andato a vedere il film su Sherlock Holmes. Lasciato sulla porta il mio caustico senso critico, sono entrato deciso a godermi l'esperienza senza alcuna riserva. Temevo che se avessero tentato un ritratto fedele del Grande Detective non avrei tollerato il minimo errore. Il tentativo di tradurre sullo schermo i colori, le atmosfere ed i sentimenti del Sacro Canone sarebbe stato assai rischioso. Uno scivolone avrebbe compromesso tutti gli sforzi.
Ed invece questo questo Holmes "moderno" è riuscito divertente e godibilissimo. E questa versione cinematografica fornisce un punto di vista alternativo e più vivo rispetto a quello che si legge nei resoconti del Dottor Watson.
Il buon dottore, in ossequio alla morale vittoriana, ha senz'altro ammorbidito alcune asperità del carattere dell'amico ed ha omesso di raccontare quegli eventi che non sarebbero stati digeriti da un pubblico così riservato e puritano. Quello che insomma sarebbe stato indigeribile al pubblico di ieri, è diventato il pane del pubblico di oggi.
Ma tutto sommato il film è meritevole d'esser visto, e ci restituisce l'immagine di un Holmes più vero e più umano. Con le sue passioni, le sue emozioni, la sua umanità.

mercoledì 23 dicembre 2009

Chatting with HRH

Il fatto si è che nella stupefacente epoca tecnologica nella quale abbiamo l'onore di vivere il lavoro lascia poco margine alla soddisfazione personale: di conseguenza si vuole lavorare di meno e guadagnare di più per cercare altre soddisfazioni altrove. [...]
Con minor lavoro, più guadagno e la ricerca di una misteriosa felicità, da un lato si sono avviliti i "sacrosanti diritti" e dall'altro s'è data via libera a moltissimi istinti ribelli alla ragione.

[1969 - Novembre -IV]

Annigoni, P., Diario, Abscondita, Milano, 2009.

martedì 22 dicembre 2009

Canonicus +++

Bisognerebbe esser sempre più vasti della propria solitudine. Sempre bisognerebbe poterla contenere in noi. Ma da qualche tempo io ...

[1950 - Maggio - XV.V]

Annigoni, P., Diario, Abscondita, Milano, 2009.

venerdì 4 dicembre 2009

Memoria

Ieri sera m'era venuto in mente un argomento strepitoso per un post.
Ma non me ne ricordo più.

martedì 1 dicembre 2009

Ecce, Eliam vocat

"Sentitelo, chiama Elia !"

E non chiamo solo Elia. Chiamo anche tutti gli altri. I miei maggiori. A sostegno. E mi verrebbe voglia di farlo per telefono.

domenica 29 novembre 2009

Vera imago

N. ha la fortuna di aver trasmesso agli altri una elevatissima immagine di sè stessa. Tanto che in moltissimi, parlandone, la riconoscono come una fuoriclasse.

Mi chiedo come abbia fatto. Non che non ne abbia i titoli, per carità, ma mi chiedo quale sia la ricetta per poter trasparire in modo così efficace.

Non la adotterei per me stesso, sia chiaro. Vorrei solo sapere come si fa - volendo - a comunicare agli altri un messaggio senza che questo venga distorto, interpretato, corrotto. E specialmente un messaggio così delicato come l'essenza della propria personalità.

Qualcuno mi dice: ascoltando gli altri. Se fosse così, allora sono del gatto. Che io ho (anche) il vizio di parlare troppo.

sabato 28 novembre 2009

Horny69Mari

Mentre guardavo un video su internet, mi ha scritto Horny69Mari per informarsi se sono in cerca di "azione". Dice che è quello che vuole anche lei, e dato che siamo tutti e due qui a Montemurlo, è il caso di giocare.

Non credo di essere mai stato a Montemurlo, e se non avessi un TomTom non saprei nemmeno come arrivarci. In quanto ad Horny69Mari, che mi guarda in tralice tra il serio e il faceto ... di Montemurlo non sospetta neppure l'esistenza.

Ah, la tennologìa !

venerdì 27 novembre 2009

Contromisure

Dopo aver fatto una integrazione alla denuncia, per avvertire il comando dei Carabinieri che i ladri sono ritornati la seconda sera di fila, abbiamo predisposto le contromisure necessarie per rinforzare le nostre difese dall'assedio.

Rimessa sin da subito, naturalmente, la grata. Lunedì verrà riaddrizzata e sistemata definitivamente.

Cinque nuovi fari supplementari da 150w che si accendono al passaggio delle persone.

Completo redesign dell'allarme con rinforzo del perimetro esterno.

140 nuove grappe Ø 12 per rinforzare gli attacchi di tutte le grate della casa.

Cambio di tutte le serrature interne. Non solo le chiavi, tutta la serratura.

Rinforzo dei portelloni e delle persiane con barre di ferro supplementari.

Ed altri sistemi che, per non limitarne l'efficacia, non verranno elencati.

The siege of Karthoum

Stanotte sono rientrati. Alle 21.15. Pensavano di trovare via libera ed invece hanno trovato i cani, e mio cognato con la sciabola. E dopo anche la Polizia.

Siamo sotto assedio. Ma la roccaforte resiste.

giovedì 26 novembre 2009

Fur nec manifestum

"Corri, corri, ci sono delle persone in casa mia !"

"Ma che, Lydya, ma che dici ? Com'è possibile ?"

"Ti dico che sono di là, nella stanza da pranzo !"

"Ma se l'abbiamo chiusa a chiave dal di fuori, come vuoi che siano entrati ?"

"Ti dico che sentivo battere !"

"Sarà stata la televisione. Non vuoi mica che abbiano svelto l'inferriata !"


Hanno svelto l'inferriata.

Alle 18:30, con in casa dodici persone (non faccio per dire, eravamo proprio in dodici), con tutte le luci accese, con quattro macchine parcheggiate in giardino, con tre ospiti che sono usciti di casa tra le 18:00 e le 18:15 ... hanno pensato bene di tentare un furto in casa nostra. Dalla serra hanno preso un vecchio tubo dell'acqua, un palo di legno 6 x 6 ed hanno letteralmente sbarbato una inferriata del piano terra. Una inferriata che per alzarla ci sono volute due persone. L'hanno accartocciata come un foglio di carta e l'hanno buttata nel giardino. Quindi sono entrati in casa e per fortuna hanno trovato la porta della sala da pranzo chiusa. Così, con un pezzo della grata che gli era rimasto in mano, hanno incominciato a batter colpi sulla porta, sotto la serratura, cercando di entrare. Colpi, colpi, colpi come la rena. Tanto che noi abbiamo sentito e con le nostre grida li abbiamo messi in fuga.

Incuranti dell'allarme, dei cani, delle persone in casa, delle luci accese, del via vai, del rumore ... questi criminali hanno lavorato come se fossero in piena notte in una casa abbandonata. Roba da non crederci. Da ringraziare Iddio di non esserseli trovati davanti agli occhi.

Ed i Carabinieri ? Gentilissimi ed efficientissimi, davvero, non hanno potuto altro che ammettere - amaramente - come non ci sia metodo per impedire l'accesso ai malviventi. Cani, allarmi, luci ... possono al più ritardare l'ingresso, ma non impedirlo. Che tanto loro non hanno paura di nulla, non hanno niente da perdere ... e tutti i soliti discorsi.

Ecco, con questi chiari di luna, in queste giornatine tranquille, con la serenità che c'è nell'aria, ci mancava proprio il fur nec manifestum.

mercoledì 25 novembre 2009

Silvio Cosini

Michelangelo Buonarroti / nel 27 aprile e 1° giugno 1518 / strinse nuovi contratti / per la facciata del S. Lorenzo a Firenze / in questa casa / già di Leonardo Percacci / ch'ebbe a nepote l'esimio scultore / Silvio Cusini da Fiesole

Questa epigrafe si trova a Pietrasanta, in Piazza del Duomo, proprio sopra l'ingresso principale dell'odierno Caffè Michelangelo. Silvio Cosini (o Cusini, come qui viene riportato) è stato uno dei collaboratori del divino nelle decorazioni della Sagrestia Nuova. E' uno scultore immaginifico, dall'incontenibile fantasia, quasi divenuto prigioniero del suo stesso estro grottesco. Lui e suo fratello sposarono due sorelle di Pietrasanta.

Non so. Volevo scriverlo. Ecco.

martedì 24 novembre 2009

Ovunque proteggi

Sono piccolo. Avrò si e no sei anni. E’ un piovoso e freddo giovedì di novembre e la zia mi porta in chiesa per le litanie. Inginocchiate nella penombra, appena rischiarata da una teoria di candele accese sotto l’altare della Madonna Lauretana, un gruppo di vecchiette guidate da una più ardita, si ritrovano in preghiera:


Kyrie, eleison”, quella dice.

Christe, eleison”, le altre rispondono.


Fili, Redemptor mundi, Deus”, quella riparte.

Miserere nobis”, subito pronte rispondono.


E poi via, ancora, con mille aggettivi diversi per la Madonna: “Mater purissima, intemerata, admirabilis, boni consilii ... Virgo prudentissima, Speculum iustitiae, Sede sapientiae, Causa nostrae letitiae, Turris eburnea, Fèderis arca, Janua coeli, Salus infirmorum ...”.


Come può un bambino non rimanere affascinato dal ritmo, dal sincronismo, da quella nenia che abbraccia e consola ? E da tutti quei nomi che pian piano la vecchina snocciola uno dietro l’altro : San Luigi Gonzaga, Sant’Antonio da Padova, Santa Rita da Cascia ... chi sono ? Che volto hanno ?

E’ da allora che mi è rimasta questa curiosità, questa volontà di associare al nome un volto, una immagine. Un po’ come si fa con le figurine dei calciatori.


Ecco, questo libro* va considerato quasi come fosse un album Panini delle figurine, dove al posto dei giocatori ci sono Santi e Madonne. Quelli che noi toscani spesso chiamiamo a testimoni delle nostre disavventure invocandoli con le peggio bestemmie mai pronunciabili.


E forse va considerato anche qualcosa di più, perchè ognuna di queste medagliette è stata appuntata ad una camiciola, ad una canottiera della salute, ad una liseuse di educanda, perchè fornisse continuo decoro e protezione a chi l’indossava. Quanti cuori hanno palpitato sul recto di queste medaglie e ad esse si sono affidati, aggrappati, sostenuti? Uomini e donne di ogni età, con i loro sospiri, le loro suppliche, i loro affanni, hanno creduto al potere taumaturgico ed apotropaico di queste medagliette d’alluminio.


A loro va il mio pensiero, a chi con la forza della fede invocava la benedizione celeste od il placarsi dell’ira divina. Ed a chi mi ricordava ogni mattina, prima d’uscire di casa, di farmi il segno della croce.



* In corso di pubblicazione, presso l'autore.

martedì 15 settembre 2009

A neat desk is the sign of an empty mind


Stimolato da una riflessione dell'amica F. ripenso al mio fanatismo per la carta e per la conservazione di lettere, appunti, fogliacci, scontrini, stampe e documenti in genere.

Da quando ho raggiunto l'età della ragione (ammesso che l'abbia raggiunta) ho tentato di conservare in un più o meno ordinato archivio gran parte della carta che in qualche modo mi è passata per le mani. La corrispondenza con tutti quelli ai quali ho rotto le scatole, le fatture ed i conti dei lavori fatti in casa, gli appunti presi per ragioni di studio e quasi tutto quello che ho ritenuto non degno d'essere buttato.

Ciò, naturalmente, nella vana speranza di poter fermare il tempo, di poter cristallizzare l'attimo attraverso una sua propaggine cartacea. Nell'illusione di poter rivivere, nella mente degli altri, attraverso queste testimonianze (perchè è bello, doppo il morire, vivere anchora).

Ma che palle… ma a chi interessa… ma basta… Ffffff...
Davvero non ho altro di meglio da scrivere su questo blog ? Come spero di competere con la levità di D. ? Con un tentativo mal riuscito di descrivere una mia mania, peraltro comune e noiosa ?

Ai fichi, ai fichi.

Sì, sì. Ai fichi.

sabato 12 settembre 2009

Luca 15:11,32

Qualcuno mi spieghi, se può, perchè il figlio maggiore non si deve imbelvire quando il padre festeggia il ritorno del figliuol prodigo.

Capisco che la parabola vada vista dalla parte dello sperperone e che mostri la misericordia di Nostro Signore anche verso i peccatori più abietti. Ma nessuno mi ha mai chiarito il pensiero di quel poveraccio che ha sempre lavorato come un cane e che non ha mai avuto nemmeno un capretto per festeggiare con i propri amici.

Perchè non urla : "Ma vai in c*** te e il vitello grasso !". ?

Indeficienter

Novant'anni or sono, alla guida di un manipolo costituito da 2500 legionari, mutilato di guerra e febbricitante, entrò in Fiume il Comandante Gabriele d'Annunzio.

Per anni vista come anteprima dello stato fascista, l'esperienza di Fiume d'Italia e della Reggenza Italiana del Carnaro è in realtà uno dei primi esperimenti di stato socialista. Basti dire, tra l'altro, che la sua Costituzione (la prima costituzione moderna d'Europa) fu redatta per la parte giuridica da Alceste de Ambris, sindacalista rivoluzionario di primissimo livello. D'Annunzio si occupò di riscriverla in chiave poetica e di aggiungere ciò che a suo parere mancava.

Di seguito riporto un estratto dell'articolo 18, intitolato "Delle Corporazioni"

Art. XVIII DELLE CORPORAZIONI

[…] La decima [corporazione] non ha arte né novero né vocabolo. La sua pienezza è attesa come quella della decima Musa. È riservata alle forze misteriose del popolo in travaglio e in ascendimento. È quasi una figura votiva consacrata al genio ignoto, all'apparizione dell'uomo novissimo, alle trasfigurazioni ideali delle opere e dei giorni, alla compiuta liberazione dello spirito sopra l'ànsito penoso e il sudore di sangue. È rappresentata, nel santuario civico, da una lampada ardente che porta inscritta un'antica parola toscana dell'epoca dei Comuni, stupenda allusione a una forma spiritualizzata del lavoro umano: "Fatica senza fatica".

Tenete a mente che si tratta di un testo giuridico, di un atto fondante il potere di uno stato, di una Costituzione. Per carità. Per carità.

venerdì 11 settembre 2009

Debolino ?


Ho scritto tre post. E poi li ho cancellati tutti e tre, perchè non mi son piaciuti.

Volevo dire due cose sull'inaugurazione di ieri a Pietrasanta della bella scultura di Stanley. Ma poi mi sono reso conto che cadevo nel tritello della solita polemica inutile sugli amministratori locali.

Volevo riportare una modesta riflessione su San Francesco e su come - oltre alla povertà - egli abbia spostato l'accento sull'uomo, sugli animali e sulle piante, in una concezione del mondo che aveva sempre ignorato la spiritualità della natura.

Volevo trasmettervi l'emozione di una visita nello studio di Paolo e lo sbalordimento provato nel vedere i suoi ultimi lavori.

In realtà ... a dirla tutta ... volevo rientrare in ballo sul blog come ha fatto D. Volevo farle capire che ci sono anch'io, che se lei apre la pista io la seguo, che mi basta un piccolo colpetto sulla spalla per ricominciare. Volevo prometterle di rincorrerla a perdifiato in questa nuova stagione posticcia (di post, voglio dire).

Ma non m'è riuscito. Ho buttato via tutto perchè mi sono accorto che si trattava di minestra riscaldata, di ciurleria nel manico, di menaggio del cane per l'aia.

Mah. Si guarderà come va a finire.

martedì 1 settembre 2009

I dì protrar torpidi


Il primo fine settimana a Formentera, l’altro una puntatina a Cap Ferrat a casa del Cinci, Ferragosto in campagna perchè fa troppo caldo e l’ultima d’agosto in Sardegna che lì il mare è impareggiabile.

Ma che, le chiamate vacanze queste ? O balordi !?! La vera vacanza l’ho fatta io. Altro che storie.

Orario d’ufficio, con straordinari, al Bagno Assunta di Forte dei Marmi: cartellino d’entrata timbrato alle 09.30 e rientro a casa non prima delle 20.30. Giornate indimenticabili passate a far poco e nulla. Altro che storie.

Giulio che ci svegliava affamatissimo verso le sette e mezzo, rapide operazioni di vestizione e via dalla Nicolina a comprare un chilo e mezzo di schiacciata. Con i semi di girasole, ai cereali, con i pistacchi, in ognuna delle varianti proposte dalla premiata forneria Bertozzi.

Poi basta. Fine della giornata. Nient’altro da fare. Altro che storie. Quello della schiacciata era l’unico impegno - fisso ed improrogabile - della giornata. Il resto era lasciato all’occasione, all’evenienza, all’incertezza. Telefono spento ed email solo per cinque minuti la sera. Chi ci voleva ci trovava sotto l’ombrellone.

E ci hanno trovato in tanti, a dire il vero. La mia sorella quasi ogni giorno per il pranzo; Nada e Paolo un paio di volte a gustare i pranzi sotto il capanno della Gloria; Lidia con il signor Christian e Valentina per un pomeriggio di mare rubato alla noia; Cosimo per un mordi e fuggi da Firenze; la Dania con quasi tutta la truppa, e molti altri che mi scuseranno per non averli qui menzionati.

E poi ? E poi grandi dormite sotto l’ombrellone conciliate da letture più o meno scelte, da ostiche definizioni de La Settimana Enigmistica (il passatempo più sano ed economico) da chiacchiere da spiaggia con la signora Marisa.

Ma oltre a quello, per carità, quasi dimenticavo, abbiamo riesumato dal bagaglio delle nostre esperienze di fanciulli il meraviglioso passatempo della pista per le palline. Anzi, mi correggo, il Giuoco delle Biglie da Spiaggia, per il quale - allo scopo di sedare gli acri litigi tra i partecipanti - abbiamo persino redatto un apposito regolamento in triplice copia. Altro che storie.

E l’abbronzatura ? Invidiabile, grazie. Dovuta alle molte ore passate a cercar reginelle, a sciacquettarmi nel mare con Giulio avido di tuffi, a lunghe conversazioni con la ciurma dei bagnini. Macchè lettini, macchè olio solare, macchè protezione 50. Noi fortemarmini con più di trent’anni non ci siamo mai sbiaccati di crema presole, postsole, emolliente. Altro che storie. Pellaccia ruvida e spellata, peli sbionditi dal sole, acqua salata come tonico rinfrescante. Al massimo una sciacquata sotto la doccia fredda. Come dicevo. Altro che storie.

E l’ultimo giorno passato in riva al mare, con lo sguardo fisso all'albasia dei giorni alcionii, senza batter ciglio, senza altro guardare.

Perchè tra qualche mese, nelle sere pungenti e piovose d’inverno possa rivedere, tra i grilli del focolare, quel sole caldo che tramonta, quel luccichìo a pelo d’acqua, quell’orma sulla sabbia che bagnata dall’acqua riluce.

Altro che storie.

martedì 7 luglio 2009

Video killed the ...

Ora, il mio amico B. è sempre stato un pioniere delle trasmissioni video. Già a metà anni ottanta aveva sul tetto una parabola motorizzata dal diametro di tre metri. La furia degli elementi minacciava di far cadere il tetto sotto la spinta di quel padellone, ma lui - indefesso - continuava con i primi esperimenti di collegamento via satellite. E registrava, registrava, registrava. Persino con una delle prime telecamere a spalla. Ricordo, nel suo salotto, un angolo scaffalato pieno di videocassette stracolme di materiale, i cavi di collegamento dei vari apparecchi che scendevano dalla cappa del camino, un grande tavolo interamente dedicato al montaggio degli spezzoni. Ricordo anche le immagini di Lugato in collegamento da New York, le prime sovraimpressioni con la titolatrice, i tentativi di sincronizzare l'audio col video. Insomma, un videomane a tutti gli effetti.

Quel maramaldo di B., sfidando ogni legge fisica, non solo ha saputo conservare intatti i video girati vent'anni or sono, ma ha l'impudenza di riversarli oggi su Facebook tra il plauso e l'ilarità dei protagonisti, fugando così ogni speranza che il tempo smagnetizzi i nastri e getti nell'oblio ogni memoria del tempo passato. Io, naturalmente, sono stato costretto a vietargli di riproporre al pubblico moderno quelle mie gesta da adolescente in preda a squilibri ormonali. All'epoca fumavo, inveivo contro la divinità, dicevo stupidaggini. Attività alle quali sono dedito tutt'ora, ma - perdiana - in misura molto minore.

Guardo i video con l'indice sinistro sopra il mouse, pronto a stoppare le immagini ogni qual volta temo di veder passare un alter ego imberbe, magro e - mirabile dictu - con qualche capello in testa. Al contrario di tutti gli altri spettatori ho in uggia l'idea di rivedermi.

Mi disapprovo, mi compatisco, mi deludo. Diffido quindi il caro amico B. dal render pubbliche le parti di tali filmati che mi ritraggono. Quando alle cene tra compagni di scuola si rievocano le eroiche gesta dei tempi andati mi affanno per sostenere la fallacia dei ricordi altrui, ma nulla posso davanti ad una schiacciante prova video.

Per questo quando su Facebook vedo un nuovo video scaricato dal solerte B. corro a rimuovere i "tag" che mi identificano. Per il resto, faccio appello alla clemenza dei voyeur.

Tant'è.

martedì 30 giugno 2009

1000 words

Ci sono i saturnini ed i gioviali. I retrospettivi ed i proiettivi. I reazioniari ed i rivoluzionari.

I primi, influenzati dal sesto pianeta, hanno umore cupo, triste, incline alla melancolia; i secondi, governati invece dal quinto, hanno carattere aperto, allegro, cordiale.

I primi si voltano indietro a guardare la strada percorsa, a rimpiangerla a rammaricarsene. I secondi guardano fiso (sic) alla meta, attendono il futuro, sono speranzosi.

Per capire se qualcuno appartiene alla prima od alla seconda categoria è utile esperimento osservare con attenzione i suoi favoriti di Flickr. Non mi dilungo a spiegare cosa sia Flickr e tantomeno quali caratteristiche abbiano i favoriti. I miei lettori già lo sanno. Gli altri clicchino qui e/o qui.
Dalle fotografie scelte come favorite, appunto, si identifica con una certa esattezza il fenotipo di chi le ha selezionate.

Provatevi ad immaginarvi una serie di scatti che ritraggano sguardi dalla finestra, passeggiate verso l'avanti, lunghe prospettive in fuga verso l'infinito... Niente di più aperto. Si guarda il futuro, gli si va incontro, lo si abbraccia tutto con lo sguardo. By Jove !

E pensate invece ad un album di sculture polverose, di monumenti del passato, di vecchie glorie. Un album la cui prima foto ritrae un manichino che alza le mani davanti agli occhi per non vedere la luce radiosa dell'avvenire. Ecco lo spirito saturnino che s'impone.

Si impara molto da Flickr. Specialmente a guardare con occhio clinico i propri favoriti. E magari si trae anche uno stimolo per cambiare e per dirigere i propri passi dalla parte assolata della strada.

[Dio 'l vogli ! Avrebbe detto E.]

martedì 23 giugno 2009

Saturnino


- E che palle, sempre con le sòlite rotture, con i testi copiati da altri libri, con pizze interminabili che non fan divertire nessuno. Ma perchè non scrivi qualcosa di tuo, qualcosa di divertente, qualcosa che faccia valer la pena di tornare qui a leggere i futuri post ?

- Ma abbiate pazienza, ma se ho titolato questo blog Solus ad Solam per significare che scrivo di me a me stesso, se tratto questa pagina elettronica come se fosse un foglio del mio taccuino, se non guardo nemmeno più le statistiche per vedere chi mi visita (bugiardo) ...

- Va bene, ma allora mettilo privato, toglilo di torno, non star lì ad imporlo a quei tre gatti che hanno la bontà di venire a vedere quel che scrivi. Pare che tu voglia per forza impressionare, che tu ti diverta a far vedere quello che leggi, che tu scriva per l'opinione degli altri, altro che per te stesso.

- Oh, abbi pazienza, ma uno potrà scrivere quel che gli pare, o no ? Se non ti va bene, aria, via, sòrti di torno. Leggiti il Giannelli, o BeppeGrillo, o too, ma non impedire a me di scrivere quel che voglio. Che poi sono a corto di idee, non ho spunti, mi vien subito a noia quel che comincio. Oggi m'han persino dato un suggerimento, m'han detto di scrivere del 6, del mio numero d'elezione.

- E te ? Quello poteva essere un bell'argomento, sono degli anni che la meni con quel 6, ne avrai di cose da dire ! Tutto 6, tutto 6, tutto 6, e allora ?

- Allora nulla, non scrivo del 6. Sono cose troppo delicate. Altro che 6. Non sono pronto a dare in pasto i miei segreti a chi, oltretutto, rischia di leggerli per caso grazie ai risultati di una ricerca fatta su Google. Senti, se ti va, leggi la poesia di Giordano Bruno che ricopio qui di seguito, sennò cambi pagina, va bene ? Del resto anche Gianburrasca copiava sul suo giornalino gli scritti della sorella Ada. Oh !



Un alan, un leon, un cane appare
All'auror, al dì chiaro, al vespr'oscuro
Quel che spesi, ritegno, e mi procuro,
Per quanto mi si diè, si dà, può dare.

Per quel che feci, faccio ed ho da fare,
Al passato, al presente ed al futuro
Mi pento, mi tormento, m'assicuro,
Nel perso, nel soffrir, nell'aspettare

Con l'agro, con l'amaro, con il dolce
L'esperienza, i frutti, la speranza
Mi minacciò, m'affliggono, mi molce.

L'età che vissi, che vivo, ch'avanza,
mi fa tremante, mi scuote, mi folce*,
In absenza, presenza e lontananza.

Assai, troppo, a bastanza
Quel che di già, quel che di ora, quel che d'appresso
M'hanno in timor, martir e spene** messo

Giordano Bruno, Opere Italiane, a cura di Giovanni Gentile, Laterza, Bari, 1908.

* Folcire, verbo latino, puntellare. Lat. fulcire, qui reggere e sostenere.
** Spene, usato in rima in vece di speme.

giovedì 18 giugno 2009

Appunti

"... fin dai tempi più antichi [...] l'arte funeraria ha manifestato le credenze metafisiche dell'uomo in modo più diretto e più inequivocabile di qualsiasi altra forma di espressione artistica.
Gli antichi egizi desideravano provvedere al futuro del morto, anzichè glorificarne la vita passata. Le statue ed i rilievi funerari [...] avevano lo scopo di provvedere l'estinto di tutto quanto gli fosse necessario nell'oltretomba. [...] L'immobilità stessa delle statue egizie testimonia del fatto che non avevano lo scopo di ritrarre un essere umano dotato di vita propria, ma di ricostruire per sempre un corpo umano che attendeva di essere rimesso in vita da una potenza magica.
I greci, più preoccupati della vita sulla terra che della vita nell'al di là, ed avvezzi a bruciare i loro morti anzichè mummificarli, rovesciarono questa concezione. [...] E l'arte sepolcrale divenne, conseguentemente retrospettiva e rappresentativa, mentre l'arte sepolcrale egizia era stata pro-spettiva e magica.
[...] Col declino della civiltà classica [...] l'arte funeraria tornò a focalizzarsi sul futuro anzichè sul passato. Ma il futuro veniva ora concepito come piano di transizione ad un piano di esistenza del tutto diverso, e non come pura continuazione della vita sulla terra. [...] La vita eterna era garantita dalla fede e dalla speranza, anzichè dalla magia, e veniva concepita non come perpetuazione della personalità nella sua completezza, ma come ascensione dell'anima immortale."

Panofsky, E., Studi di iconologia, Einaudi, Torino, 1975.

martedì 9 giugno 2009

Clof, clop, cloch

Se dai lidi di Versilia polla fresca e vivace l'inesausta fontana di D., nella conca arsa ed amara di Firenze ristagna e pute un marcio putridume.

E sì che in potenza avrei molte cose da raccontare: il viaggio in Sicilia per il matrimonio di O., le tensioni e le tenzoni lavorative, le spigolature dal seggio elettorale che ho presieduto...

Ma sono stanco, ed ho sonno. Forse domani. Vedremo.

venerdì 5 giugno 2009

Cianciana Rock City

In risposta all'amica G. che si chiede quali siano le virtù di Cianciana (e dichiara la propria curiosità di vedere alcune fotografie del posto) scrivo con chiarezza che non ho scatti da esibire nè riprese di alcun genere da mostrare. Sarebbero non solo superflui, ma persino contrastanti con il genius loci, che rifugge da ogni forma di tecnologia e di comunicazione.

Cianciana è un luogo dell'anima, dello spirito, della mente, lontano dal mondo e dalle sue tentazioni. Circondato da una campagna intatta, tale e quale a quella che vide Lucio Cincio Alimento (l'antico romano che fondò il paese), immutata dai tempi delle invasioni arabe e normanne.
Inutile andare a visitarla con la speranza di trovarvi qualcosa di speciale da vedere, da fare, da organizzare. Si va a Cianciana come in pellegrinaggio, per guardare dentro di noi e scoprire il gusto della vera civiltà. Per rendersi conto di quanto siano orientate le nostre decisioni e di quanto siano già prese - in realtà - le nostre apparenti scelte. Per capire quanto falso sia il mondo che ci circonda, se comparato con quella inarrivabile normalità.

Ecco, sì, ora capisco quale sia il pregio di Cianciana: la sua normalità. Lì le pesche sanno di pesche, il gelsolmino profuma di gelsomino, il vino sa di vino. Lì la carne è morbida (non tenera, per carità, morbida), la ricotta è calda, il pesce vivo. Lì una stretta di mano vale un contratto, uno sguardo dice più di mille parole, un silenzio è più eloquente di una concione. Lì un minuto dura proprio un minuto, l'acqua è davvero un bene prezioso e il vento porta con sè il profumo del mare. Le cose, insomma, sono fatte come Dio comanda.
Ecco lo slogan adatto: a Cianciana Dio comanda.

Cianciana è un paese di cent'anni fa e conserva intatta quell'idea di pace, di serenità, di normalità che le nostre cittadine versiliesi hanno perso da molto tempo. E' il posto più simile a quello dove hanno vissuto i miei antichi. E' la Querceta che hanno visto i miei maggiori.

Tant'è.

giovedì 28 maggio 2009

I wanna be like you

Ne Il Libro della Giungla di Walt Disney, Louis Prima cantava:

What I desire is man's red fire
To make my dream come true

Le scimmie, insomma, volevano il fuoco per poter essere come gli umani.

Leggo oggi in un libro:

"... per Boccaccio il racconto secondo cui Vulcano fu ritrovato ed allevato dalle scimmie costituisce l'espressione allegorica del fatto che gli uomini non poterono applicare le proprie innate doti alle arti ed all'industria prima di aver scoperto il fuoco e di aver appreso a mantenerlo vivo".

Come già scrivevo in un post del 28 ottobre scorso... ennesima e superflua riprova che non si inventa nulla e che nella vicenda del sapere non vi è progresso, ma al massimo una continua e sublime ricapitolazione.

Tant'è.

Panofsky, E., Studi di iconologia, Einaudi, Torino, 1975.

Prima, L., I wan'na be like you, in The Jungle Book, Walt Disney, 1967.
(qui ad 1:43)


Stimolo

O vediamo se questa foto stimola l'esausta D. a scrivere qualcosa !

"Datemi un tema" - mi ha confessato "ed io ricomincio a bloggare".




Sul retro sono state tracciate tre righe con un lapis sopra le quali c'è scritto, in bella grafia:

13 sett. 1963
Isola del Tino
Festa di S. Venerio

Se il blocco dello scrittore non viene rimosso così, temo che non ci siano altre speranze.

martedì 26 maggio 2009

A-ha

Ecco perchè aumentavano le visite al mio blog ! Mi ero ringalluzzito delle 27 visite di jeri, e pensavo già ad un rinnovellato successo, ma ...

Molti web browsers hanno una pagina d'apertura in cui compaiono miniature aggiornate dei preferiti. Safari la chiama Top Sites, e serve al navigatore per accedere più velocemente ai siti di primo interesse. Ogni volta che si apre questa vetrina, le miniature vengono aggiornate e di conseguenza aumentano le visite al blog.

C'è da rimanerci male.

lunedì 25 maggio 2009

All'amica risanata


Ieri (anzi: jeri) tentavo una conversazione con l'amica D. tra un'urleria di bambini, i doveri sociali verso gli altri genitori e la regia (si, si, proprio la regìa) di una festicciola in giardino.

Dopo la centesima interruzione il discorso s'è spento da solo e quindi lo riprendo qui, brevissimamente, e lo concludo. Dicevo:

"... tua sorella, avida consumatrice di telefilm americani, t'avrebbe senz'altro detto che di fronte alla rivelazione di una diagnosi infausta, l'essere umano passa cinque fasi canoniche:

1) Negazione - Non è vero, le analisi sono sbagliate, devono essere sbagliate.

2) Rabbia - Ma perchè proprio a me e non a quella vacca della mia vicina ?

3) Negoziazione - Vediamo di scendere a patti: quanti mesi ? E se piglio tutte le medicine, quanto allungo la vita ?

4) Depressione - E vorrei vedere ...

5) Accettazione - Presa di coscienza."

Però una cosa sono riuscito ad affermare, con la solita assolutezza che mi contraddistingue. Mai e poi mai, guai al mondo, per nessuna ragione cercare su internet sintomatologie e prognosi su malattie che si teme di avere. E questo, almeno, per tre ordini di motivi.

"... Di più, a pensarci bene, molti di più".

Ma questo ce lo siamo detti.


Kübler-Ross, E., On Death and Dying, The MacMillan Co., London, 1969

venerdì 22 maggio 2009

Acciaio sincero, lama dritta


Cento e cinquanta anni or sono nasceva oggi a Edinburgh (leggasi Edinboro, come Marlboro per Marlborough) Arthur Ignatius Conan Doyle, medico, scrittore, biografo.

Medico, per aver ottenuto il titolo di M.D. nel 1885 con una tesi su The Vasomotor Changes in Tabes Dorsalis.

Scrittore, ça va sans dire, per aver dato vita ad indimenticabili personaggi: il professor Edward Challenger, il Brigadiere Gerard, il professor Maracot (dell'omonimo abisso), Sir Nigel, Micah Clarke, Rodney Stone ... ed infiniti altri. Ed anche poeta per aver scritto le raccolte Songs of Actions, Songs of the Road e - a me ignota - The Guards Came Through.

Biografo per aver affidato ai posteri le memorie della vita di Sherlock Holmes e del Dottor J. H. Watson.

Come incipit de Il Mondo Perduto, celebre avventura più volte rappresentata al cinema e fonte di ispirazione per Jurassic Park del compianto Michael Crichton, egli scrisse :

I have wrought my simple plan
If I give an hour of joy
To the boy who's half a man
To the man who's half a boy


Che io posso barbaramente tradurre (in due versioni) con:


Il mio piano avrò compiuto
Se darò un pò di trastullo
Al ragazzo già cresciuto
All'adulto ancor fanciullo


Il mio piano avrò compiuto
Se darò un pò di sollazzo
Al ragazzo già cresciuto
All'adulto ancor ragazzo

A Sir Arthur Conan Doyle, Cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia, va oggi il mio pensiero e quello di tutti quanti grazie a lui hanno imparato il senso dell'onore, dell'amicizia e della rettitudine.

Tant'è.

giovedì 21 maggio 2009

I quindici


4 9 2

3 5 7

8 1 6

mercoledì 20 maggio 2009

Ecco fatto


Lo sapevo io che non c'era da fidarsi. Me l'avevan detto che stavo frequentando brutte amicizie, che mi facevan perder tempo, che mi portavano sulla cattiva strada.

Mi hanno sedotto con le lusinghe del blog, con le letture, con le visite ad orari impensabili, e poi mi hanno abbandonato. Qui, per conto mio, a scrivere. Del resto ho fatto bene a titolarmi "solus ad solam". Si vede che prevedevo di rimanere per conto mio.

Scaricato ormai dagli amici, colpito negli affetti più cari, lasciato come Giobbe sul ciglio della strada a grattarmi con un coccio, guardo l'abbagliante bianco della pagina vuota e mi chiedo che senso abbia continuare a riempirlo con queste formiche nere che allungano sempre di più la loro colonna.

[Oh, per inciso: ieri in giardino c'era un formicaio. Tale era il viavai delle formiche che si era creato nell'erba un sentiero, un viottolino, un nettissimo percorso privo di foglie dal continuo passare avanti e indietro delle alacri operaie.]

E si che ne avrei di cose da raccontare, di letture delle quali rendervi partecipi, di spigolature da edurre dal granaio. Ieri, per esempio, mi hanno mostrato un Cristo in bronzo di squisita fattura. Un oggetto da perdere la testa, da rimanere a bocca aperta. E subito è iniziata l'indagine per riuscire a risalire all'autore. Applicare il metodo holmesiano, utilizzare il paradigma indiziario, usare l'insegnamento di Giovanni Morelli per seguire le tracce lasciate dall'artista e riuscire così ad identificarlo. Cosa che, raccontata qui nel blog, non sarebbe priva di interesse.

[Per inciso: questo Giovanni Morelli od Ivan Lermolieff o Johannes Schwarze, a seconda dello pseudonimo scelto, è personaggio interessantissimo che meriterebbe più di un post.]

O potrei raccontare delle fotografie scattate da Moscassassina (sic) e scelte per una serie di cartoline di prossima pubblicazione. Scatti inusuali di Forte dei Marmi, magari a prima vista poco legati all'immagine patinata del noto beach resort, ma a ben vedere adattissimi a veicolarne significati ulteriori. Traduzioni in immagine di prose da Versilia Rock City, di poesie del Comandante, di disegni alla Giò Ponti.

[Per inciso: le foto saranno vendute in esclusiva dalla Rivendita n° 3. A tempo debito verranno fornite coordinate precise per individuare luoghi e persone.]

Non vi parlerei, invece, degli ultimi scatti a colori fatti con la Holga. Che temerei la sovraesposizione.

[Per inciso: non so se avete colto il giuoco di parole.]

Ma a chi lo racconto, a me stesso ?

Vigliacchi. Vigliacche.

venerdì 15 maggio 2009

Cerno


Mi càpita di leggere in una email: "we are particular fond of pie and cake".

Dunque c'è una differenza tra pie e cake, ed è bello a sapersi. Non ci avevo mai pensato. Conoscevo l'apple pie e la frase idiomatica "shut your pie hole !", ma non pensavo ad un vero e proprio distinguo tra i due cibrei. Del resto anche Garzantilinguistica propone per entrambi "torta" come prima definizione.
In realtà le cose stanno diversamente:

Pie è un contenitore di pasta (sfoglia o frolla) riempito di frutta e crema (e quindi dolce) o di carne e spezie (e quindi salato).

Cake è una torta dolce più o meno lievitata e cotta in forno.

La nostra crostata, se al posto delle strisce di pasta messe a decorazione, fosse interamente ricoperta di frolla sarebbe un pie. Lo strozzacollo della mia nonna, invece, è senz'altro una cake.

Pare poco, ma è un punto fisso.


Stream


Oh, allora oggi esce il DVD del film di Virzì su Bobo Rondelli. Ah, no, oggi è il 15. Esce domani. Oggi esce il disco di Jovanotti per i terremotati dell'Abruzzo. Vabè, farò un saldo all'edicola domattina, tanto sono in negozio. Mi par mill'anni di vedere questo Bobo Rondelli chi è. C'è caso che sia davvero un tipo valido, eh.
Mmm, ho sentito dei pezzettini di canzoni su internet, mi pare che non sia malvagio. E poi io per Livorno ho sempre avuto un fascino, che ti devo dire.

E meno male che quelli della Miele sono precisi. M'ha fatto arrabbiare, ma poi i 110 Euro me l'hanno ridati. Io sono fanatico della Miele. C'ho tutti gli elettrodomestici della Miele. Frigorifero, lavapiatti, aspirapolvere. E di tutti c'ho la lunga protezione, tanto vuoi che non succeda nulla in sei anni ? Con 65 Euro stai tranquillo. Sono un fanatico, io, della Miele. E' che gli avevo detto a quella signora che ci aiuta in casa: "Guarda, lì c'è la garanzia, te la metto sul tavolino". Lei m'ha detto "Si", ma si vede che non ha capito. Abbia pazienza, sa, delle volte dice di "si" perchè non sa che dire. Ma poi non ha capito.

Il bimbo ha la febbre. Allora non si va al mare. Forse allora si potrebbe andare sabato sera al concerto a Palazzo Medici Riccardi. M'ha invitato il direttore d'orchestra, il maestro Sardelli. Dice, lo so che è all'ultimo momento, ma sarei contento se venisse. Eh, ma se me lo dice di giovedì, come faccio io a venire sabato ? Se l'avessi saputo per tempo. Sabato sono al Forte dei Marmi.

Ma è possibile che si stia qui a ragionare di queste bischerate quando si dovrebbe pensare a vendere. Si dovrebbe pensare a chi rompere le palle oggi, a chi proporre qualcosa, a chi scrivere. E invece siamo qui a ragionare intorno al palo sempre degli stessi discorsi. Sempre delle solite storie. Io mi chiedo davvero che senso abbia. Ma avete sempre voglia di rimanere lì. Quando ci sarebbe altro da fare. Se tanto ieri si fosse venduto, oggi si potrebbe anche stare d'intorno a un tavolino a discutere di queste rotture di corbelli. E invece siamo qui a guardarci nel muso e a dirci le stesse cose.

Ora aspetto che quella abbocchi e poi ci si diverte. Mi sono iscritto a facebook con un nome falso, ho preso la fotografia di un travestito su Flickr, l'ho cambiata un pochino, l'ho sfocata e poi l'ho messa come immagine del profilo. Sono nata a Napoli il primo d'aprile 1958. Tanto per capirsi. E poi ho chiesto amicizia non a lei, ma a due suoi amici. Sì, mi sono messo lì ad incrociare gli amici in comune e ne ho trovati tre di Napoli che sono amici di tutti. Ho chiesto a loro di aggiungermi. Dopo, quando ho già qualche amicizia che lei conosce, chiedo a lei il contatto diretto. Così mi accetta, e poi ogni volta che scrive un commento su facebook, io gli vado contro. Ta ! Vedrai che ci si diverte.

L'hai vista la foto di Ada su Flickr ? A me mi par bella. Si, son quelle fatte con la Holga. Lo sai che ora sono fissato. O m'è sparito un rullino o tre fotografie non son venute per nulla. Mi par strano, perchè proprio tre, una di fila all'altra, non sono venute per nulla. Che mi sia dimenticato il tappo sull'obiettivo mi pare strano. Tre volte ! Vabè che sono rimbecillito, ma tre volte di fila. O magari l'hanno ancora in lavorazione. Tanto ce n'ho anche uno a colori da ritirare quest'altra settimana. Forse sarà con quello. Ho fatto anche delle foto a Nemo, che non mi paion malvage. E una che ho chiamato "Assunta" perchè mi pare un groviglio di situazioni, di nervosismi, di scepaloni. Mi pare adatta a rappresentare la situazione che c'è lì, in quella giungla.


[E qui mi fermo. Mi impongo di fermarmi, che altrimenti potrei andare avanti all'infinito. Son tutti brani di discorsi, di ragionamenti, di chiacchiere che hanno gravitato intorno a me questi giorni. Così è. Anzi, tant'è.]

lunedì 11 maggio 2009

Campani(n)ismo

[...] Quegli che si dimandano campanini sono quella sorte di marmi che suonano quando si lavorano et hanno un certo suono più acuto degli altri; questi son duri e si schiantano più facilmente che l'altre sorti suddette e si cavano a Pietrasanta.


Vasari, G., Le vite de' più eccellenti architetti, pittori et scultori italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri, Torrentino, Firenze, 1550

Ora et labora


Leggo sempre con interesse i saggi di Gian Luigi Beccaria sulle questioni di lingua. Ricordo con piacere il suo Sicuterat, il latino di chi non lo sa, pubblicato da Garzanti nel 2002 ed anche Per difesa e per amore, sempre uscito per i tipi di Garzanti l'anno scorso. Ora in Tra le pieghe delle parole leggo a pagina 189:

[...] incontro nel vocabolario milanese del Cherubini l'espressione fa el fraa, fare lo gnorri, fare l'indiano, che ricorda l'ottocentesco modo toscano sto co' frati, o anche sto co' frati e zappo l'orto, riferito a chi non voleva far capire a colui che lo interrogava una cosa che non aveva alcuna intenzione di dire.

A me la frase sto cco' ffrati e zappo l'orto, detta proprio alla versiliese, pare voglia dire qualcosa di diverso. Ho telefonato al Giannelli, che mi ha riferito un punto di vista ulteriore. Per lui la frase significa "apparentemente sto in chiesa, ma in realtà faccio i miei affari. Pare che sia religioso ed osservante, ma ho il mio credo personale, non sono quello che sembro".
E' un punto di vista che rispetto, ma che non condivido del tutto. Mi trovo invece d'accordo con lui quando, di sfuggita, accenna ad un "imbroglio di testimone". Per me star coi frati e zappare l'orto equivale alla posizione di chi si lega ad una personalità maggiore della sua ed ubbidisce senza farsi tante domande. Si è messo in convento, sta con i frati, quegli gli hanno detto di zappare l'orto e lui, senza chiedere il perchè, si mette lì e lo zappa. Se poi un giorno qualcuno verrà a chiedergli contezza di quel comportameto lui risponderà innocentemente: Nulla vidi, nulla saccio e mi levo d'ogni impaccio.

Chi sta coi frati e zappa l'orto è persona che si contenta d'esser guidato, che aderisce senza discutere alla proposte altrui, che lega l'asino dove vóle 'l padrone e quando gli chiedono perchè ha tenuto tale comportamento si scherma dietro l'auctoritas altrui.

Ma, trattandosi di questione di lingua, attendo i vostri punti di vista.

Beccaria, G.L., Tra le pieghe delle parole, Einaudi, Torino, 2008

domenica 10 maggio 2009

Sesquicentenari


Se avessi vinto l'indolenza ed avessi aggiornato con regolarità questo blog, non avrei certo dimenticato una ricorenza importante.

Il 27 aprile 1859 lasciava per sempre suolo natìo Leopoldo II d'Asburgo-Lorena, penultimo (praticamente ultimo) Granduca di Toscana. Ciò per colpa di certi personaggiacci che tesserono trame con Camillo Cavour al fine di far passare la nostra bella regione sotto la corona Savoia.
Non ha senso che io faccia qui un riassuntino di quello che potete leggere tranquillamente su Wikipedia, come appare superfluo rimarcare che si trattò una mossa scorretta, sbagliata e sconveniente. La Toscana aveva tutto il necessario per poter vivere tranquilla e non aveva affatto bisogno di legarsi al costituendo regno d'Italia, arretrato sotto ogni punto di vista: giuridico, amministrativo e sociale. [Si veda supra il post di sabato 3 gennaio 2009].
Canapone amava la Toscana di un amore sincero, di un amore che veniva dimostrato non tanto a proclami, quanto a fatti. Di un amore paterno, tanto che i sudditi gli dettero l'addio chiamandolo babbo.

Il secondo sesquicentenario, che questa volta mi impegno a non dimenticare, ricorerrà il prossimo 22 maggio, quando saranno centocinquant'anni dalla nascita di Sir Arthur Conan Doyle. Ne parlerò, forse, in un programma radiofonico in onda sulla BBC il prossimo venerdì 15.

Tant'è.

venerdì 8 maggio 2009

Holga



Per chi ha figli in età prescolare, "Olga" è senza dubbio la tata del Volga, quella che parla quattro lingue (più una di scorta). Ne sia fedele testimonianza la canzone che noi genitori siamo costretti ad ascoltare durante ogni viaggio in macchina, sia pure di pochi chilometri, nel tentativo di placare urli, richieste e mal d'auto.

Per me, da circa un mese, Holga (con l'acca davanti) è invece una straordinaria macchina fotografica di gusto retro, che pare uscita da una fabbrica di Berlino est. Interamente in plastica (lente compresa), senza fuoco, diaframma, contascatti, viene venduta con un rotolino di nastro isolante nero per impedire alla luce di entrare dal coperchio posteriore e bruciare la pellicola. Praticamente ha solo il mirino, una leva per scattare ed un flash.

Ma è proprio questa sua limitatezza a renderla unica e straordinaria. La sua parvità di risorse rende assolutamente necessario studiare ogni ripresa, pensare attentamente all'inquadratura, considerare con precisione le luci e le ombre. L'impossibilità di veder subito il risultato dello scatto ed anzi dover aspettare una settimana per lo sviluppo e la stampa della pellicola (monta film da 120, non i comuni 35 mm.) aggiunge la trepidazione dell'attesa al fascino del risultato finale.

Ecco che in questi giorni non parlo d'altro, non vedo altro, non immagino altro. Mi alzo al mattino pensando a quali scatti fare, a quali pose sfruttare, da quale angolo riprendere la scena. E vivo in virtù del venerdì pomeriggio, quando il fotografo mi riconsegna i tanto attesi provini. Come questo, che condivido con voi.




E' per me un sogno realizzato, un living dream, quello di poter fare fotografie come agli inizi del secolo scorso. I bordi scuri attorno al centro dell'immagine nitidissima, i grigi così carichi di sfumature, la sfocatura negli angoli rendono queste foto di straordinario interesse. Mi fanno vedere through the looking glass una realtà più bella del reale, mi permettono di osservare per speculum in aenigmate il mondo che vorrei, mi proiettano come specchio delle mie brame un mondo più desiderabile. Insomma, sono degne di riflessione.




Sono tornato. Sono tornato ?

Mi dispiace di morire, ma son contento


La vulnerabilità, la fragilità, la precarietà della nostra esistenza è pensiero temibile e terribile. Quando si viene assaliti immotivatamente da questi pensieri, come quello d'esser destinatari di infauste diagnosi, in genere è per colpa di uno squilibrio chimico. Con un pochino di litio, e con l'amore della famiglia, si riesce in genere a ritirar su l'umore ed a scacciare i fantasmi.

Quando il cervello mi propone queste riflessioni finisco sempre per pensare alla mia morte come qualcosa che non mi riguarda. Non soffro per la mia dipartita, ma per gli altri, per quelli che rimangono. E poi comincio ad immaginare il mio funerale in pompa magna. Una camera ardente, cupa, con drappi neri alle pareti, illuminata solo da quattro ceri attorno al feretro, in sottofondo la messa da requiem (Op. KV 626), la gente seduta attorno su lunghe panche basse. Ma purtroppo non riesco mai ad immaginarmi le facce, non vedo mai chi c'è, chi manca, chi piange, chi chiacchiera, chi è fuori a fumare una sigaretta, chi prega.

Trasformo, insomma, il pensiero in una rappresentazione barocca, in un film, in una dansa macabra che finisce per farmi ridere e per compatirmi. Come diceva la canzone:

Son contento di morire, ma mi dispiace tanto
Mi dispiace di morire, ma son contento

Dev'essere un rigurgito di litio, o d'amore, che mi riporta a più dritto cammino.


P.S.

Trasformo in post quella che avvrebbe dovuto essere una email indirizzata a D., in questi giorni smarrita nelle tenebre. E la immagino di mattina presto, davanti al computer, vincere la ritrosia di scrivere su Google il nome della temuta patologia, premere invio, scorrere con l'occhio la lista di voci in blu sulle quali cliccare, ed iniziare una lotta intestina contro le informazioni lette. Stupidamente, con un misto di vanagloria, orgoglio e presunzione mi chiedo perchè non mi ha telefonato, perchè non mi ha chiesto un appoggio, perchè non si è confidata.

Come se avessi potuto fare qualcosa. Come se fossi lì. Come se anch'io ...

martedì 5 maggio 2009

Tant'è

Ringrazio i miei affezionati lettori per le visite del 26 u.s. e di oggi. 
Mi fate quasi venir voglia di ricominciare.

lunedì 13 aprile 2009

Prima di noi

Sul Vangelo hanno basato la loro vita i migliori uomini dell'umanità, tutti i Santi, tutti coloro che già sono in Paradiso, e tutti quelli che al giudizio finale si troveranno a destra con il Redentore. Noi vogliamo essere di questi ! Non dispute, ma una vita di opere buone come Gesù Cristo.

Sul Vangelo non hanno basato la loro vita i seguaci di Satana: i ladri, i disonesti, gli omicidi, i senza Dio, in breve tutti i dannati e tutti quelli che al giudizio finale si troveranno a sinistra, per udire la sentenza che il Vangelo ha già pronunciata (vedi S. Matteo, cap. 25, 46-16 (sic)). Noi non vogliamo essere di loro.

Schierarsi dunque !

O con Cristo fino al trionfo in Paradiso, o contro Cristo, ma già sapendo che cosa ci toccherà, piaccia o dispiaccia, anche se non si vuol credere. Dio nè promette, nè minaccia invano.


Il Santo Vangelo, con note catechistiche, Ed. Paoline, Roma, 1946 (ristampa 1963).

martedì 31 marzo 2009

Disclosures

Via, oggi sono didascalico. Rivelo una fonte d'ispirazione:

L'elenco o catalogo non riempie uno spazio, che di per sé sarebbe neutro, con apparenze significative, con pertinenze, evidenze, particolari che saltano all'occhio. Allinea nomi di cose o persone, o luoghi. Fa in un certo qual senso vedere per eccesso di flatus vocis, come se l'orecchio assegnasse all'occhio parte del compito, troppo faticoso, di tenere a mente tutto quello che ode, o l'immaginazione si sforzasse di costruire un luogo in cui possano trovare alloggio tutte le cose nominate. L'elenco, nella sua immediata prepotenza, farebbe vedere anche a un cieco, è una ipotiposi Braille.


Eco, U., Les sémaphores sous la pluie, già in Sulla Letteratura, Milano, Bompiani, ed ora leggibile su

http://www.golemindispensabile.it/index.php?_idnodo=8702

A rrRoma

Sono proprio un idiota. Non conosco nulla, proprio nulla, di Roma [leggasi rrRoma, come diceva la mia nonna]. Mi sento come uno di quegli idioti che vengono qui a Firenze e girano col naso per aria e non alzano la testa perchè ignorano di passare a fianco di capolavori.

Ieri, per motivi professionali, mi sono fatto un tour-de-force di mezzo centro con passo alla bersagliera e sono riuscito ad imbriacarmi con: l'incrocio delle Quattro Fontane e la relativa chiesa di San Carlino tutta a seni ed a golfi a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, la Chiesa di San Lorenzo in Lucìna col busto del Bernini che sembra uscir fuori da una nicchia (e con una pasta alla crema che sarà pesata un chilo e mezzo, presa nel bar di fronte), l'atelier Canova-Tadolini dove si gusta il caffè tra gessi di sculture alti tre metri, l'odiernissima scatola che contiene l'Ara Pacis, e quindi la Chiesa di Sant'Agostino con la Madonna del Parto del Sansovino ed una pala di Caravaggio che è luminosa senza bisogno della luce.

Dopo un'amatriciana da Sabatino alle Cave di Sant'Ignazio mi sono sciroppato (sì, leggasi proprio sciroppato, verbo ggiovane): Santa Maria sopra Minerva con cristo di Michelangelo, alcune invenzioni geniali del Bernini, la tomba di un Tornabuoni di Mino da Fiesole e la lapide sotto la quale riposa il Beato Angelico. Quindi il Campidoglio, con la piazza disegnata da Michelangelo, uno sguardo veloce al Foro, un caffè al ghetto ebraico al Portico d'Ottavia, quindi a Campo dè Fiori a cercare GG (che però era in Colombaja), una puntatina a Palazzo Chigi per vedere la colonna coclide aureliana ed infine a Piazza Navona, da dove at last agguanto un taxi per la stazione Termini.

Temperatura perfetta (ero io, forse, ad esser vestito troppo), città pulita e comodamente visitabile senza traffico eccessivo, prezzi modici nei ristoranti ... si capisce perchè una volta messe le chiappe sulle poltrone del Parlamento, ci si alzano malvolentieri, quei birboni !

Oggi, con ancora negli occhi tutto il barocco possibile ed immaginabile, prometto solennemente di tornarci tra breve tempo. Anche se dentro di me so benissimo che non sarà così. Potrebbe essere un'idea, invece, organizzarci una gita sociale con i lettori di Solus ad Solam. Magari proprio il prossimo AGM.


sabato 28 marzo 2009

Stream

Ma allora è vero ! Esistono ancora luoghi straordinari ! E' vero che in questo panorama piatto si possono ancora trovare dietro le porte chiuse e prive di campanello, dei giardini incantati dove il tempo non scorre. E' possibile che Pietrasanta e Firenze si confondano e paiano quasi la stessa cosa !

Gli stessi scaffali polverosi, le stesse scritte sul muro accanto al telefono, gli stessi finestroni dai quali la luce entra a quarantacinque gradi. E soprattutto gli stessi occhi, le stesse persone, gli stessi eroi ai quali menti raffinate e mani capaci hanno dato vita e forma. Il classico contemporaneo. Roba da farsi venire la ciccia di gallina.

Il liuto dal manico storto tra le braccia di un bambino. Lo stesso liuto che Caravaggio mise in mano ad Apollo. E poi calchi di Michelangelo, della Robbia, Donatello. Il Cristo alla Colonna che ritorna ossessivo in tutte le forme. Disegnato, modellato, fuso.
La visione incantata di un carboncino del nonno all'Accademia di Roma, di un olietto affatto ingenuo che raffigura un viottolo tra blocchi di marmo e faggi rossi, del bozzetto di quella contadina che trascina la mucca al mercato contro la sua volontà.

Lasciatemi qua. Tra questi bimbi di bronzo che non crescono mai, tra questi autoritratti cadenzati con isocrona regolarità, con il vecchio Eugenio che mi incanta davanti ad un bicchiere di vino.

Lasciatemi qua. A sfogliare cartelle con trent'anni di nudi di donna, a soffiar via la polvere da studi, bozzetti, impressioni, a meravigliarmi davanti a disegni su vecchi fogli seicententeschi.

Lasciatemi qua. Stupito ad ogni colpo d'occhio, con la curiosità e l'impertinenza di chi è finalmente giunto al centro del suo mondo, al kilomètre zéro.

Lasciatemi qua. Lasciatemi qua. Lasciatemi qua.

lunedì 23 marzo 2009

Carneadi

Tra tutte le stupidaggini che mi sono nel tempo passate per la testa, c'è stata e c'è quella di comprare nei mercatini fotografie di sconosciuti. Tutto si riconduce alla non poi così nascosta malattia di voler fermare il tempo; comprare e conservare una istantanea degli anni quaranta, dalla quale mi sorridono volti ignoti, mi dona per un mese l'illusion di aver impedito al tempo di scorrere. E mi fornisce anche la possibiltà di trovare lo spunto per questo post.




Questi straordinari Carneadi, se mi si passa il plurale, onorarono della loro presenza la festicciola per il fiançailles di Emily de Coetz tenutasi il 27 novembre 1943 (era un sabato). Dove ? Con precisione non si sa, ma forse in Belgio, vicino Boitfort.

E' capace che qualcuno sia ancora vivo.  Forse quel ciuffettone in prima fila, nel mezzo. O magari quella ingioiellata in terza fila, quella con gli orecchini pendenti e la collana. Di certo non l'ultimo a destra nella fila di mezzo, che mi pare già passatello. Eh ?

giovedì 19 marzo 2009

Gratis et amore Dei


Ci sono delle cose che mi inorgogliscono. Una di queste è il "Permesso di Libero Ingresso - con Priorità" a tutti i musei fiorentini che ho ricevuto l'altro giorno.

Si tratta di un cartoncino con tanto di timbro della Soprintendenza che mi permette di presentarmi bel bello alle biglietterie dei musei, ritirare un talloncino gratuito e quindi entrare dritto dritto senza passare neppure dal via. Sarà una banalità, sarà un privilegio da nulla, ma a me fa piacere e comodo.

Sì, oltrechè piacere mi fa anche comodo. Perchè all'una e mezzo, terminato il pranzo alla Trattoria Casalinga, invece di tornare a sedermi alla scrivania facilito la digestione attraversando la strada alla volta di Palazzo Pitti. Un giorno alla Galleria Palatina, uno al Museo degli Argenti, una volta a passeggio per Boboli ... con l'aria scanzonata di chi si guarda intorno distrattamente sapendo di poter ritornare a comodo proprio e senza pagare una lira.

Oggi è toccata alla Galleria d'Arte Moderna ed alle sue collezioni di dipinti e sculture dalla fine del settecento sino alla prima guerra mondiale (anno più, anno meno). Tanto mi è piaciuta che domani ci ritorno. Un'oretta, con passo ondeggiato ed indolente, a godermi un'altra volta il panorama inedito che si gode dalle finestre del secondo piano ed a scattare un paio di fotografie che penso verranno bene.

Se qualcuno volesse unirsi a me ... che tanto l'ingresso è gratuito anche per le persone che accompagno.

martedì 17 marzo 2009

Turk 182


Con un certo orgoglio personale (sarà roba da poco, ma io son fatto così) ricevo una lettera dalla associate curator and librarian del dipartimento d'arte egizia del Metropolitan Museum of Arts di New York. Le avevo scritto riguardo ai graffiti di Segato e Frediani (Amiro) sul loro Tempio di Dendur e lei mi risponde aggiungendo un importante tassello alla figura del nostro conterraneo Seravezzino:

"Amiro Frediani is well known [...] as one of the most prolific graffiti scratchers on ancient monuments of Egypt and Nubia. His name can be found on countless monuments from the pyramids at Giza near Cairo to the pyramids at Meroe, just north of modern Khartoum".

"Amiro Frediani è ben noto [...] come uno dei più prolifici incisori di graffiti sugli antichi monumenti dell'Egitto e della Nubia. Il suo nome può trovarsi su innumerevoli monumenti, dalle piramidi di Giza vicino al Cairo, alle piramidi di Meroe, a nord della moderna Kartum"

Come non restare affascinati dalla figura di questo figlio di Versilia che in Egitto scrive il suo nome da tutte le parti ? Una vita come la sua andrebbe raccontata al cinema, più che in un libro. Dalle sue gesta come soldato nell'esercito napoletano all'apertura della seconda piramide assieme a Belzoni, passando per il suo viaggio con Ismail Pasha in qualità di aio e dragomanno fino alla sua morte al Cairo quando, persa la ragione, si credeva d'esser un principe.

Io, intanto, continuo a raccogliere tasselli per un nuovo librettino scritto da me a me stesso. Solus ad solam.

Tant'è.

mercoledì 11 marzo 2009

L'officina della parola


... l'ondulazione dei lemnisci che pendono dal serto ...

Leggo questa frase incomprensibile sul terzo volume de "Il Medioevo" uscito come allegato al quotidiano La Repubblica. E' posta come didascalia al Sarcofago di Sarigüzel, un bellissimo marmo conservato al museo archeologico di Istanbul, che naturalmente non conoscevo.

Così come non conoscevo i significati delle parole qui di seguito riportate:

Lemnisco [lem-nì-sco]
Dal lat. lemni°scu(m) 'fascetta, nastro', che è dal gr. lìmnískos
1 nell'antica Roma, nastro che ornava le corone trionfali
2 nastro avvolto attorno a ghirlande e festoni in decorazioni architettoniche

Serto [sèr-to]
Dal lat. se°rtu(m) 'corona', neutro sost. di se°rtus, part. pass. di sere°re 'intrecciare, legare insieme'
(lett.) corona, ghirlanda: un serto di fiori | serto nuziale, ghirlanda di fiori d'arancio che la sposa porta in capo; (fig.) raccolta di versi scritti in occasione di un matrimonio | serto regale, corona regale | serto di gloria, aureola.

Ecco. Due aggiunte al mio vocabolario (che tra un mese rileggerò da qualche parte e non ne ricorderò la definizione)

Eco. U., a cura di, Il Medioevo, vol. 3. Alto Medioevo, Gruppo Editoriale l'Espresso, Milano, 2009.

martedì 10 marzo 2009

Aldo Novarese

I tre "oggetti" del quiz dell'altro giorno hanno in comune un uomo, Aldo Novarese, il creatore dei caratteri - o font - utilizzati per il testo che compare sopra di essi.

a) Il carattere col quale sono scritti i numeri che ti indicano se hai o meno la febbre si chiama "Microgramma" ed è stato disegnato nel 1952.
b) Quello usato per il frontalino della lavatrice è "Eurostile", simile al precedente, ma di dieci anni più vecchio;
c) Il titolo dell'Edipeo Enciclopedico è invece composto in "Nadianne", un font del 1978.

Aldo Novarese, (1920-1995), era un pittore e un grafico pubblicitario, ma soprattutto un disegnatore di caratteri. Il migliore che ci sia mai stato in Italia. Come spesso accade, qui da noi è conosciuto solo in ambito specialistico, mentre all'estero è quasi venerato. A lui si deve, oltre alla realizzazione di una serie di font di larghissima diffusione, una vera e propria teoria del carattere ed un metodo di classificazione dei caratteri a tutt'oggi ineguagliato.

Così quando vi misurerete la febbre, quando imposterete il tempo necessario al risciacquo, quando risolverete il prossimo enigma, penserete anche a chi per anni ha lavorato - nell'ombra - dietro a tutto questo.

lunedì 9 marzo 2009

Da solo (on la strada)

Da molto tempo io vado a letto presto la sera. Raramente ho la possibilità - e soprattutto l'energia - di uscire con la Mumi. Faccio però sempre un'eccezione per Vinicio Capossela, che seguo in concerto ormai da anni.

Ho qui davanti a me, tanto per dire, un biglietto per lo spettacolo che si tenne al Teatro Verdi di Firenze giovedì 20 dicembre 2001 alle 20.45. Quella volta andai nel primo ordine di palchetti, al numero 6, posto A (prezzo EUR 20,00). Venne insieme a noi il nostro amico Fabietto (al quale devo la segnalazione di All'una e trentacinque circa) che poi si trattenne a dormire in quella che in seguito sarebbe diventata la camera di Ada. Ma lasciamo stare, erano - pare strano a dirsi - altri tempi.

Da quella volta ne ha percorsa di strada Capossela: sopra e sotto il mare, nelle caverne, tra la folla, nei deserti polverosi d'America, alla stazione monumentale di Milano, lungo le strade del ritorno ... e questa volta sembra proprio averla trovata una strada.
Il concerto dell'altra sera è stato infatti un vero e proprio show, con maghi, ballerine, fuochi d'artificio, giganti, cambi d'abito e persino un coniglio che ogni tanto attraversava il palco. Tale è la sicurezza e la padronanza delle scene raggiunte dall'artista, che per la prima volta ho assistito ad uno spettacolo nel quale il protagonista ha scelto di mettersi in secondo piano, quasi ad accompagnare col pianoforte una rappresentazione più centrale della sua stessa musica.

Lo show è diviso idealmente in due parti: la prima offre quasi integralmente le canzoni presenti nell'ultimo disco (disponibile anche in vinile, per i puristi), la seconda invece ripropone i cosiddetti grandi successi, quelli più richiesti dal pubblico, cantati dall'interno di una gabbia. Ciò a significare l'eterna schiavitù del cantante, costretto a riproporre i cavalli di battaglia over and over, anche sugli ultimi lavori e ssugli inediti. Questo tema, già presente in Capossela da lungo tempo [di creta mi pare il cerone / s'appiccica al volto / il mal del buffone. / Ridere vorrei stasera / ridere vorrei per me] è qui dichiarato apertamente. Mentre molti si sono fatti schiacciare da un personaggio o da qualche hit, lui è riuscito ad esorcizzare il dèmone ridendoci sopra e mostrando apertamente d'essere stato ingabbiato dalle pretese del pubblico.

Da dentro la cella, tra le altre cose, canta in russo una straordinaria Утренняя гимнастика, la Ginnastica Mattutina di Vladimir Vysotskij che non mi levo più dalla testa e che continuo a riascoltare con la speranza di mandarla a memoria e canticchiarla quest'estate per le strade di Forte dei Marmi.

Nessuno creda d'essersi perso lo spettacolo. Cinque o sei telecamere hanno ripreso tutte le scene, pubblico compreso, e ciò fa supporre che prima o poi ne venga tratto un DVD.

[Per inciso: non mi piace molto questo post. Vorrei limarlo ed aggiustarlo, ma non ho tempo. Per il momento ve lo pigliate così com'è. Tanto il messaggio s'è capito, no ?]

domenica 8 marzo 2009

How is a raven like a writing desk ?

Cosa hanno in comune questi tre oggetti ?

a) il classico termometro a mercurio;
b) il pannello di controllo della lavatrice Whirpool Easytronic plus;
c) L'edipeo enciclopedico de "La Settimana Enigmistica";

Un paio di giorni per trovare la soluzione. In palio, anche per chi non vince, il piacere della ricerca.

sabato 28 febbraio 2009

More hominum

Nel tempestoso Atlantico del mio abisso, io sempre godo di una muta calma nell'intimo e, mentre pesanti pianeti di dolore incessante mi ruotano attorno, laggiù in fondo continuo a bagnarmi in un'eterna soavità di gioia.

[Chi è in grado, oggi, di scrivere così ?]

Melville, H., Moby Dick, Adelphi, Milano, 1994.

[Cap. LXXXVII, La grande armada, pag. 414]

giovedì 26 febbraio 2009

Spigolatura

Sfoglio online un volume della biblioteca riccardiana, e non ve ne nascondo l'emozione. Lo cercavo, l'ho trovato, ed ora lo sfoglio sul Mac. Sarà cosa di poco conto, ma per me è importante.

Vi lascio questa spigolatura, degna di "Forse non tutti sanno che"

Avanti questa Porta [Porta al Prato] vi era un Ponte, col quale si attraversava il Torrente di Mugnone, che dalla Porta a S. Gallo passava lungo le mura, e se ne veniva alla Porta a Faenza, e quindi da questa del prato si scaricava in Arno. Questo Ponte denominavasi il Ponte alle Mosse, perchè di quì si davano le mosse ai cavalli nel giorno di S. Barnaba, in memoria della vittoria riportata dai Fiorentini nel 1289 contro gli Aretini, e della sconfitta data ai medesimi nel Piano di Campaldino; ed in fatti si trova per tal'effetto un'Ordinazione antica della Repubblica, in cui si vuole, che da questo ponte sino alla riparata siano le strade conservate, ed in buono stato.

Moreni, D., Notizie istoriche dei contorni di Firenze dalla porta al Prato fino alla real villa di Castello raccolte dall'abate Domenico Moreni socio colombario, Firenze, 1791.

mercoledì 25 febbraio 2009

Non abbiate paura !

Ai miei lettori che oggi, smarriti e solinghi, hanno visitato questo blog° nella speranza di un nuovo post, voglio dire che non li ho dimenticati e che presto tornerò, più in forma di prima.


Grazie per la vostra fiducia e per la vostra attesa.


°rispettivamente: dar*** alle 10.27.48 e dan*** alle 20.02.04

giovedì 19 febbraio 2009

E pluribus unum

Riporto (non per mancanza di idee, ma per volontà di divulgazione) il collegamento ad un sito olandese di fotografia dove si possono vedere i risultati di un interessante progetto sociale.


Ognuno sta solo sul cuor della terra ... eccetera, eccetera eccetera ? No. Siamo tutti insieme. Tutti in gruppo. Anche chi crede di distinguersi dagli altri.

Vedere per credere

mercoledì 11 febbraio 2009

Me le canto e me le suono

Tanto per smentire me stesso, ecco alcune alternative al termine serendipity di cui sopra:

Iacopo Sannazaro; [...] essendo fierame[n]te innamorato, e stimando che ciò gli fusse honore [...] stette ogn'hora in aspettatione d'esser ricompensato in amore, come gli auuenne: portò per impresa un'urna piena di pietruzze nere con vna sola bianca, con vn motto, che diceua:

AEQVABIT NIGRAS CANDIDA SOLA DIES

Volendo intender, che quel giorno, che sarebbe fatto degno dell'amor della sua dama, haurebbe contrapesato quegli, che in vita sua haueua prouato sempre neri e disauenturati. E questo alludeua all'vsanza de gli antichi, i quali soleuano ogn' anno segnare il successo delle giornate loro buone e cattiue con le pietruzze nere e bianche, & al fine dell'anno annouerarle per fare il conto secondo quelle che auanzauano, se l'anno era stato lor prospero ò infelice.


Giovio, P., Dialogo dell'imprese militari et amorose, in Lyone, appresso Guglielmo Rouillio, 1574.

Ed inoltre, per rimanere in tema con l'usanza di colorare i giorni a seconda del loro esito:

It is a great day for me, sir - one of the red-letter days of my life.

Conan Doyle, A., The Hound of The Baskervilles, London, George Newnes Ltd., 1902.

Da qui, ritengo, la ragione per la quale i nostri calendari hanno i giorni festivi stampati di rosso.

Ecco, l'aver trovato su eBay una cartolina scritta dalla mia nonna nel 1911 mi pare evento degno di essere segnato sul calendario, vuoi con una pietruzza nera (bastante a sopravanzare il mucchio delle bianche), vuoi cerchiando di rosso la data dell'11 febbraio 2009.

Tant'è. Tant'è. Tant'è!

Serendipity


Come definire altrimenti l'occasione di chi, spulciando eBay, trova una cartolina scritta di pugno dalla propria nonna il 29 decembre 1911 ?


"Le auguro buon principio d'anno. La scolara Giulietta"


giovedì 5 febbraio 2009

H2O

Ieri, citando dal Dies Irae che in questi giorni ascolto (e dirigo) mentre guido la macchina, ho intitolato un post con la frase salva me fons pietatis.
Se mi permettete vorrei condividere con voi uno spunto per riflettere sulla ricchissima funzione metaforica dell'acqua e della parola fonte.

Mi è venuta in mente, reminiscenza degli studi di diritto romano, la descrizione delle XII tavole data da Pomponio.

[Per inciso: non ricordavo affatto che fosse Pomponio, nè che si trovasse in Dig. 1, 2, 2, 6. L'ho trovato su internet].

Dalle XII tavole, insomma, egli scrisse, fluere coepit jus civile. Da quella prima raccolta di leggi scritte, inizia a scorrere il ricco fiume del diritto civile.
E non ho dimenticato neppure Dante che prega la Vergine dicendole "sei di speranza fontana vivace".

Acqua come elemento di divisione tra la vita e la morte (spartiacque, si potrebbe dire), acqua come fonte salvifica, acqua come sorgente di diritto, acqua come zampillo di speranza.

Da qui credo che si possa partire. Ecco.

Ăchĕrōn

Nuova visita coatta all'Istituto di Anatomia Patologica e (c'era da aspettarselo) nuova scoperta consolatoria.
Detto istituto è stato collocato al di là del Terzolle, un rio che divide in due il complesso ospedaliero di Careggi. Per recarvicisi (bella parola, eh ? Quasi come stizziscitici !) bisogna quindi attraversare il fiumiciattolo; come dire: per entrare nell'insula mortis, dove si fanno le autopsie, occorre passare l'Acheronte. Una barriera d'acqua che divide la zona destinata ai vivi da quella riservata ai trapassati. Immagine di tutto rispetto, nata nelle menti di chi ha progettato la disposizione dei padiglioni ospedalieri (mica come fanno oggi).

A qualcuno ho già raccontato, poi, che all'ingresso dell'istituto sono collocati due calchi in gesso dei prigioni di Michelangelo. Non solo in omaggio all'artista, che in vita si dedicò allo studio dell'anatomia dissezionando cadaveri, ma anche allo scopo di comunicare agli studenti che la scienza lì insegnata è in grado di togliere il vivo dalla materia, di liberare il corpo dalla prigionia del male, di spezzare il giogo della patologia.
Mi sono anche tolto la soddisfazione di suggerire ad un professore l'idea di tenere la prima lezione dell'anno proprio nell'atrio di ingresso, per spiegare ai ragazzi i significati profondi della strada che si accingono ad intraprendere.

La mattina, insomma, è cominciata bene.


mercoledì 4 febbraio 2009

Salva me, fons pietatis

Qualcuno conosce i cerchi magici, tipo quelli che sono raffigurati nella Clavicula Salomonis ?
Io ne ho trovato uno, inciso su rame, nascosto in un armadio. Mi chiedo se sia benefico o malefico. Non capisco, insomma, se attribuirgli quel poco di bene od quel tanto di male ricevuto da quando l'ho trovato. Che le disavventure con la macchina dipendano da quello ?
A forza di consigliarmi amuleti, talismani, feticci, mi avete quasi fatto cadere dal piedistallo del positivista.

E mi fa anche male un occhio. Tra l'altro.

venerdì 30 gennaio 2009

Adversaria anatomica

Ieri sono stato - controvoglia - all'istituto di anatomia patologica dell'Università di Firenze. Dovevo andare a ritirare una copia di un vecchio referto da una professoressa che si è dimostrata gentile, cortese ed affabile. Bontà sua.

Lo sforzo che ho fatto - e, conoscendomi, ce n'è voluta - è stato ampiamente ripagato dalla visita al museo dell'istituto. Passeggiando per il corridoio ho notato che la porta era aperta e mi sono fatto accompagnare per una visita di straforo, saltando l'iter tortuoso previsto dall'amministrazione.
Nella collezione si ammirano, per chi sia interessato, una serie di mirabolanti cere raffiguranti le peggiori malattie e deformazioni del corpo umano. Persino - per gli amanti del genere - una cera a grandezza naturale raffigurante il cadavere di un lebbroso. Oltre, naturalmente, a scheletri di idrocefali, calchi di iperspadici, teste doppie su un corpo solo ed altre penosità inimmaginabili.

La raccolta ha un doppio pregio: da una parte mostra con chiara evidenza il vertice dell'arte ceroplastica, dall'altra propone testimonianze di malattie ormai debellate o curabili prima che giungano a stadi così gravi.
Trattasi di un museo da sconsigliare agli stomaci deboli, ma che vale proprio una visita, anche se lascia nei giorni futuri un senso di disagio nei confronti del prossimo.

A scopo consolatorio, anche per chi non è solito visitare simili esposizioni, riporto una citazione di Beethoven che compare in un suo ritratto ad opera di Leone Tommasi:

Chi avrà penetrato il senso della mia musica sarà liberato da tutte le miserie fra le quali si trascina il resto dell'umanità.

mercoledì 28 gennaio 2009

zero/uno

Vi riporto di seguito una frase degna di essere letta:

Nel breve scritto De organo sive arte magna cogitandi Leibniz, nel cercare pochi pensieri dalla cui combinatoria tutti gli altri possano essere derivati, come accade per i numeri, individua la matrice combinatoria essenziale nell'opposizione fra Dio e il nulla, la presenza e l'assenza. Di questa dialettica elementare è meravigliosa similitudine il calcolo binario.

Eco. U., Semiotica e filosofia del linguaggio, Einaudi, Torino, 1980.

Suum cuique tribuere

Come fosse ieri, sessantaquattro anni or sono, l'esercito russo entrava in Auschwitz e liberava gli internati sfuggiti alla folle marcia della morte, l'ultimo disperato tentativo tedesco di sfuggire dalla responsabilità.

Io ho inteso ricordare il prigioniero ignoto, scegliendo a caso un numero di matricola rappresentativo, più che di un individuo particolare, dell'idea stessa di deportato. E' finita che alcuni, assai più bravi di me, sono riusciti a trovare nome, cognome, residenza ed esito di quel numero di matricola, rivestendo quindi di ossa e di carne quel fantasma che credevo d'aver evocato nell'anonimato. Meglio così.

[Per inciso: si tratta di un deportato veneto, partito dal campo di Fossoli e riuscito a sopravvivere].

Oggi, pur in ritardo, voglio stimolare una riflessione sui motti che campeggiano sui cancelli d'ingresso dei campi. Conoscevo il celebre "Arbeit macht frei" che ritenevo velato di una macabra ironia. Nulla sapevo, invece, del motto "Jedem das Seine" che dava il benvenuto a Buchenwald. Può forse tradursi con la frase "a ciascuno il suo" e mi pare così orribile, così scientemente malvagio, così filosoficamente spregevole da non poter immaginare niente di peggio. Mi offende per due ordini di ragioni: la principale è evidente, e non merita di essere commentata; la subordinata è legata al fatto che la stessa frase è posta a cardine del diritto romano ed è nata con significati e scopi assai più nobili. Usarla in chiave antisemita è quindi anche un oltraggio ai principi fondamentali del nostro sistema giuridico.

Come se non bastasse tutto il resto.



lunedì 26 gennaio 2009

Olio that wad staw a sow

Ieri si officiava il duecentocinquantesimo anniversario della nascita di Robert Burns, massimo poeta scozzese. Un tempo lo celebrai degnamente con haggis (portato da amici scozzesi) con contorno di nip and tatties ed annaffiato da whisky di malto singolo. Ieri sera non eravamo dell'umore adatto, tuttavia non ho rinunciato ad una stilla di Caol Ila con il pensiero rivolto al bardo delle campagne.

Quel farabutto, è vero, ha osato parlar male del nostro olio d'oliva, ma noi lo perdoniamo; che olivi, in Iscozia, non ce ne resiste.

Oggi, invece, è il sesto compleanno di A.

sabato 24 gennaio 2009

Istrice Piero

Istrice Piero
una poesia di
A. Salvatori

Istrice Piero cammina.
La mamma lo chiama.
E lui non risponde.
E dice qual’è,
Il mio numero.
Di telefono?
13.29.41.55.67.78.46.44.
17.19.22.41.43.60.
1.41.43.54.68.81.
Mamma ho finito.
Di fare merenda.
Mamma eccomi.