martedì 23 giugno 2009

Saturnino


- E che palle, sempre con le sòlite rotture, con i testi copiati da altri libri, con pizze interminabili che non fan divertire nessuno. Ma perchè non scrivi qualcosa di tuo, qualcosa di divertente, qualcosa che faccia valer la pena di tornare qui a leggere i futuri post ?

- Ma abbiate pazienza, ma se ho titolato questo blog Solus ad Solam per significare che scrivo di me a me stesso, se tratto questa pagina elettronica come se fosse un foglio del mio taccuino, se non guardo nemmeno più le statistiche per vedere chi mi visita (bugiardo) ...

- Va bene, ma allora mettilo privato, toglilo di torno, non star lì ad imporlo a quei tre gatti che hanno la bontà di venire a vedere quel che scrivi. Pare che tu voglia per forza impressionare, che tu ti diverta a far vedere quello che leggi, che tu scriva per l'opinione degli altri, altro che per te stesso.

- Oh, abbi pazienza, ma uno potrà scrivere quel che gli pare, o no ? Se non ti va bene, aria, via, sòrti di torno. Leggiti il Giannelli, o BeppeGrillo, o too, ma non impedire a me di scrivere quel che voglio. Che poi sono a corto di idee, non ho spunti, mi vien subito a noia quel che comincio. Oggi m'han persino dato un suggerimento, m'han detto di scrivere del 6, del mio numero d'elezione.

- E te ? Quello poteva essere un bell'argomento, sono degli anni che la meni con quel 6, ne avrai di cose da dire ! Tutto 6, tutto 6, tutto 6, e allora ?

- Allora nulla, non scrivo del 6. Sono cose troppo delicate. Altro che 6. Non sono pronto a dare in pasto i miei segreti a chi, oltretutto, rischia di leggerli per caso grazie ai risultati di una ricerca fatta su Google. Senti, se ti va, leggi la poesia di Giordano Bruno che ricopio qui di seguito, sennò cambi pagina, va bene ? Del resto anche Gianburrasca copiava sul suo giornalino gli scritti della sorella Ada. Oh !



Un alan, un leon, un cane appare
All'auror, al dì chiaro, al vespr'oscuro
Quel che spesi, ritegno, e mi procuro,
Per quanto mi si diè, si dà, può dare.

Per quel che feci, faccio ed ho da fare,
Al passato, al presente ed al futuro
Mi pento, mi tormento, m'assicuro,
Nel perso, nel soffrir, nell'aspettare

Con l'agro, con l'amaro, con il dolce
L'esperienza, i frutti, la speranza
Mi minacciò, m'affliggono, mi molce.

L'età che vissi, che vivo, ch'avanza,
mi fa tremante, mi scuote, mi folce*,
In absenza, presenza e lontananza.

Assai, troppo, a bastanza
Quel che di già, quel che di ora, quel che d'appresso
M'hanno in timor, martir e spene** messo

Giordano Bruno, Opere Italiane, a cura di Giovanni Gentile, Laterza, Bari, 1908.

* Folcire, verbo latino, puntellare. Lat. fulcire, qui reggere e sostenere.
** Spene, usato in rima in vece di speme.

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