venerdì 19 settembre 2008

Inf., XV, 61.

[Avviso: questo è un post inutilmente polemico, forse dovreste smettere di leggerlo]

Allora, mettiamola così. Io sono nato in un piccolo paese di provincia, where everybody knows your name, e sono sempre stato abituato ad un rapporto di piena cordialità e di fattiva collaborazione con i negozianti della mia zona. Massimamente con quelli attorno a casa od al luogo di lavoro. Basti pensare che, proprio ieri, qui a F*** ho incontrato le nipoti della nostra storica tabaccaia (molto più di una tabaccaia, in verità), le quali mi hanno abbracciato e baciato come fossi un fratello.

Bene. Detto questo, va saputo - od anche no, se vi pare - che i negozianti attorno alla mia sede lavorativa qui in città sono, malheureusement, il massimo della scortesia, il vertice dell'ignoranza, l'apoteosi del disservizio.

Esempio 1

L'altra mattina vado al sòlito bar, dove entrerò almeno tre o quattro volte la settimana e dove ancora non sanno come prendo il caffè; mi accorgo che il cassiere mi rende cinquanta centesimi in più del dovuto e prontamente glie li restituisco. Quello li piglia senza nemmeno ringraziare, e passa al cliente successivo. Poco male.

[Oh, ve l'ho detto che è un post polemico, se continuate a leggere sono cavoli vostri]

La sera, col cellulare scarico, rientro nello stesso bar per fare una telefonata. Mi dirigo al telefono in fondo alla stanza e noto che accetta solo tessere telefoniche. Allora chiedo al cassiere, con i soldi già in mano, la cortesia di farmi fare una chiamata urbana, offrendomi naturalmente di pagarla.

Io: "Per piacere, mi farebbe fare una telefonata urbana ? Glie la pago, naturalmente".
Lui: "Vendiamo le schede telefoniche da tre euro".
Io: "Non ne dubito, ma a me non serve. Devo solo fare una chiamata urbana. Glie la pago, eh".
Lui: "Vendiamo le schede telefoniche da tre euro".
Io: "Ho capito, ma è che ho il telefonino scarico. Non mi serve una scheda. Mi basta fare una telefonata breve in città".
Lui: "Vendiamo le schede telefoniche da tre euro".
Io: "Bene, grazie. Lei è molto gentile (crepa, bastardo!), arrivederci".

Esempio 2
Qui al portone a fianco c'è una mesticheria dove compriamo spesso e di tutto. Pile, chiodi, spray sbloccanti, lampadine, multiprese ... L'altro giorno sono entrato ed ho chiesto due pile AA.

[Davvero, se continuate nella lettura poi non lamentatevi, io vi ho avvertiti]

Io: "Per piacere, mi darebbe due pile stilo ?"
Lei: "Vendiamo pacchetti da quattro".
Io: "Non ne dubito, ma a me me ne bastano due."
Lei: "Vendiamo pacchetti da quattro".
Io: "Ho capito, ma l'orologio mio ne tiene due e durano tre anni. Quattro sono troppe".
Lei: "Vendiamo pacchetti da quattro".
Io: "Bene, grazie. Lei è molto gentile (crepa, bastarda!), arrivederci".

Esempio 3

Sempre la meschina mestichina. Vado a comprare della carta vetrata e chiedo la più fine.

Io: "Questa forse va bene. Me ne darebbe un pezzettino per provarla su questo bastone?"
Lei "La vendo a metri. Minimo uno".
Io: "Non ne dubito, ma posso provarne un pezzettino per vedere se va bene ?"
Lei: "La vendo a metri. Minimo uno".
Io: "Ho capito, ma prima di prenderne un metro vorrei provarla se va bene. Basta un'unghia".
Lei: "La vendo a metri. Minimo uno".
Io: "Bene grazie. Lei è molto gentile (crepa, bastarda!), arrivederci".


Ora, quello che mi manda fuori di testa non è tanto che non mi hanno accontentato (so di essere un rompiglioni), quanto che abbiano ripetuto la stessa frase per tre volte rifiutandosi di entrare in dialogo. Non hanno respinto solo la richiesta, hanno respinto persino il concetto stesso di motivare il rifiuto trincerandosi dietro una frase ripetuta all'infinito.
Noi versiliesi siamo famosi per essere scostanti, ma qui si esagera. Qui si varca ogni limite dell'umana tollerabilità, qui si perde persino di vista il più elementare livello di customer service. Non esiste service e, da come rispondono, neppure il customer.

[Oh, vedo che continuate a leggere, allora davvero volete annoiarvi con le mie bischerate]

Tanto per dare un geotag all'evento, sappiate che sia il barista che la meschina si affacciano su una piazza di F*** nel mezzo della quale troneggia una colonna di marmo mischio di Seravezza. Detta piazza, e persino il bar, sono stati immortalati nel primo romanzo di Magdalen Nabb, dove esordisce il commissario Guarnaccia. (Questa indicazione bibliografica la devo al mio amico Philip W., che mi ha regalato il libro).

Nabb, M., Death of an Englishman, Collins, London, 1981

[Eh, ma proprio tutto tutto l'avete voluto leggere questo post].

4 commenti:

C.P. ha detto...

:-D
Bellissimo questo post.
L'avevo detto che da questa categoria mi aspettavo le creazioni migliori...
;-)

Solus ad Solam ha detto...

Tu vuoi la vita vera. Altro che lipogrammi e vite superflua demo! Ma ... ti pare facile sguarnirsi ?

C.P. ha detto...

Mi piace la vita vera vista da occhi guarniti (si dice così??).

Solus ad Solam ha detto...

Carissima, anzitutto ti ringrazio per il vivo complimento.
Sì, credo che si dica guarniti, ossia - in questo senso - difesi, schermati, protetti. E magari anche - in altro senso - ornati, decorati, abbelliti. Ti confesso che sono andato vicinissimo a cancellare tutto il post. Se non mi fosse venuto in mente di alleggerirlo con le frasette tra parentesi quadre l'avrei cancellato. Troppo pudore di me stesso, o troppa vergogna.

Grazie, comunque.