Lo sforzo che ho fatto - e, conoscendomi, ce n'è voluta - è stato ampiamente ripagato dalla visita al museo dell'istituto. Passeggiando per il corridoio ho notato che la porta era aperta e mi sono fatto accompagnare per una visita di straforo, saltando l'iter tortuoso previsto dall'amministrazione.
Nella collezione si ammirano, per chi sia interessato, una serie di mirabolanti cere raffiguranti le peggiori malattie e deformazioni del corpo umano. Persino - per gli amanti del genere - una cera a grandezza naturale raffigurante il cadavere di un lebbroso. Oltre, naturalmente, a scheletri di idrocefali, calchi di iperspadici, teste doppie su un corpo solo ed altre penosità inimmaginabili.
La raccolta ha un doppio pregio: da una parte mostra con chiara evidenza il vertice dell'arte ceroplastica, dall'altra propone testimonianze di malattie ormai debellate o curabili prima che giungano a stadi così gravi.
Trattasi di un museo da sconsigliare agli stomaci deboli, ma che vale proprio una visita, anche se lascia nei giorni futuri un senso di disagio nei confronti del prossimo.
A scopo consolatorio, anche per chi non è solito visitare simili esposizioni, riporto una citazione di Beethoven che compare in un suo ritratto ad opera di Leone Tommasi:
Chi avrà penetrato il senso della mia musica sarà liberato da tutte le miserie fra le quali si trascina il resto dell'umanità.