In quegl'anni in cui val poco
la mal pratica ragion,
ebbi anch'io lo stesso foco,
fui quel pazzo ch'or non son.
Che col tempo e coi perigli
donna flemma capitò;
e i capricci, ed i puntigli
dalla testa mi cavò.
Presso un piccolo abituro
seco lei mi trasse un giorno,
e togliendo giù dal muro
del pacifico soggiorno
una pelle di somaro:
"Prendi" disse "oh figlio caro!"
poi disparve, e mi lasciò.
Mentre ancor tacito guardo quel dono,
il ciel s'annuvola, rimbomba il tuono,
mista alla grandine scroscia la piova,
ecco le membra coprir mi giova
col manto d'asino che mi donò.
Finisce il turbine, né fo due passi,
che fiera orribile dianzi a me fassi;
già già mi tocca l'ingorda bocca,
già di difendermi speme non ho.
Ma il fiuto ignobile del mio vestito
tolse alla belva sì l'appetito,
che disprezzandomi si rinselvò.
Così conoscermi mi fe' la sorte,
ch'onte, pericoli, vergogna e morte
col cuoio d'asino fuggir si può.
Da Ponte, L., Le Nozze di Figaro, ed. Barenreiter.
domenica 15 aprile 2012
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