Ci vuole sempre qualcuno da odiare per sentirsi giustificati nella propria miseria. L'odio è la vera passione primordiale. E' l'amore che è una situazione anomala. Per questo Cristo è stato ucciso: parlava contro natura.
Eco, U., Il cimitero di Praga, Bompiani, Milano, 2010, pg. 400
sabato 30 ottobre 2010
venerdì 29 ottobre 2010
I tempi del nonno
Ai miei maestri piaceva mangiar bene, e questo vizio deve essermi rimasto anche nell'età adulta. Ricordo tavolate, se non liete almeno compunte, dove i buoni padri discutevano sull'eccellenza di un bollito misto che il nonno aveva fatto apprestare.
Ci volevano almeno mezzo chilo di muscolo di manzo, una coda, culaccio, salamini, lingua di vitello, testina, cotechino, gallina, una cipolla, due carote, due coste di sedano, una manciata di prezzemolo. Il tutto lasciato cuocere per tempi diversi, secondo il tipo di carne. Ma, come ricordava il nonno, e padre Bergamaschi approvava con energici cenni del capo, appena collocato il bollito sul vassoio di portata, occorreva spargere una manciata di sale grosso sulla carne e versarvi alcuni mestoli di brondo bollente, per farne risaltare il sapore. Poco contorno, salvo qualche patata, ma fondamentali le salse, vuoi mostarda d'uva, salsa al rafano, mostarda alla senape di frutta, ma soprattutto (il nonno non transigeva) il bagnetto verde: una manciata di prezzemolo, quattro filetti d'acciuga, la mollica di un panino, un cucchiaio di capperi, uno spicchio d'aglio, un tuorlo d'uovo sodo. Il tutto finemente tritato con olio d'oliva e aceto.
Questi erano stati, ricordo, i piaceri della mia infanzia e adolescenza. Che altro desiderare ?
Eco, U., Il cimitero di Praga, Bompiani, Milano, 2010, pg. 79
Ci volevano almeno mezzo chilo di muscolo di manzo, una coda, culaccio, salamini, lingua di vitello, testina, cotechino, gallina, una cipolla, due carote, due coste di sedano, una manciata di prezzemolo. Il tutto lasciato cuocere per tempi diversi, secondo il tipo di carne. Ma, come ricordava il nonno, e padre Bergamaschi approvava con energici cenni del capo, appena collocato il bollito sul vassoio di portata, occorreva spargere una manciata di sale grosso sulla carne e versarvi alcuni mestoli di brondo bollente, per farne risaltare il sapore. Poco contorno, salvo qualche patata, ma fondamentali le salse, vuoi mostarda d'uva, salsa al rafano, mostarda alla senape di frutta, ma soprattutto (il nonno non transigeva) il bagnetto verde: una manciata di prezzemolo, quattro filetti d'acciuga, la mollica di un panino, un cucchiaio di capperi, uno spicchio d'aglio, un tuorlo d'uovo sodo. Il tutto finemente tritato con olio d'oliva e aceto.
Questi erano stati, ricordo, i piaceri della mia infanzia e adolescenza. Che altro desiderare ?
Eco, U., Il cimitero di Praga, Bompiani, Milano, 2010, pg. 79
mercoledì 20 ottobre 2010
Damnatio memoriae
Ora, per carità, non è per una questione di snobberia. No, proprio, no. Gli è per via del fatto che vorrei evitare, possibilmente, il dramma di non riconoscere e - soprattutto - l'onta di non venir riconosciuto.
A parte quei sett'otto che ho rivisto nel tempo, e che sono usi al me stesso di oggi, tutti gli altri mi hanno messo gli occhi addosso per l'ultima volta nel 1990. Ossia vent'anni or sono. I loro nomi mi dicono poco, i loro volti quasi nulla. L'entusiasmo col quale sorridono nel francobollino di Facebook che li ritrae, non mi è di alcun aiuto. E non c'è alcuna ragione che per loro non sia lo stesso nei miei confronti.
Chi è quel vecchio pelato ? Ma è il babbo di qualcuno che era a scuola con noi ? E' venuto a dirci che il figlio è morto prematuramente ? No, no, aspetta. Mi pare di riconoscerlo. Aspetta … come si chiamava ? Alberto, Umberto, Roberto, no … no, mi ricordo che a scuola metteva sempre per ridicolo cappotto con gli ossi al posto dei bottoni. Ma come si chiamava, proprio non lo ricordo.
Ecco, io questo non lo sopporterei.
Per carità non che la mia persona sia degna di particolare memoria. Ma il non suscitare alcun ricordo sarebbe un duro colpo per il mio ego. Magari qualificato come … "ah, quel rompicoglioni … ", tutto, piuttosto che l'oblio.
Già me la vedo, quella bionda slavata che strizza gli occhi nell'ombra. Mi guarda e mi riguarda. Scuote la testa. Parla a voce bassa con l'amica (una mascherona truccata come i carri del carnevale), chiede un suggerimento. Ma anche l'altra scuote la testa. Poi si rende conto che me ne sono accorto. Accenna un sorriso. Ma poi si alza per andare a prendere da bere. Mi gira le spalle. E, sempre con l'amica, confabula. Cerca di ripescare dalla mente il mio nome, il mio volto d'un tempo. Ancora scuote la testa. Poi va verso un ragazzo al centro della sala. Quello che all'epoca era il capo carismatico del gruppo. Gli chiede chi sono e quello, d'impronta, gli fornisce le mie generalità. Ma anche il mio cognome non le dice nulla. E neppure la sezione che frequentavo. Lui cerca, invano, di far riemergere il mio antico me stesso nella testa della bionda slavata. Ma non c'è nulla da fare. Annegato, sepolto, tamquam non esset.
No, no, no. Questo proprio non lo sopporterei.
Ecco, in poche parole, perché non andrò alla rimpatriata degli ex allievi C*** il prossimo 29 ottobre.
A parte quei sett'otto che ho rivisto nel tempo, e che sono usi al me stesso di oggi, tutti gli altri mi hanno messo gli occhi addosso per l'ultima volta nel 1990. Ossia vent'anni or sono. I loro nomi mi dicono poco, i loro volti quasi nulla. L'entusiasmo col quale sorridono nel francobollino di Facebook che li ritrae, non mi è di alcun aiuto. E non c'è alcuna ragione che per loro non sia lo stesso nei miei confronti.
Chi è quel vecchio pelato ? Ma è il babbo di qualcuno che era a scuola con noi ? E' venuto a dirci che il figlio è morto prematuramente ? No, no, aspetta. Mi pare di riconoscerlo. Aspetta … come si chiamava ? Alberto, Umberto, Roberto, no … no, mi ricordo che a scuola metteva sempre per ridicolo cappotto con gli ossi al posto dei bottoni. Ma come si chiamava, proprio non lo ricordo.
Ecco, io questo non lo sopporterei.
Per carità non che la mia persona sia degna di particolare memoria. Ma il non suscitare alcun ricordo sarebbe un duro colpo per il mio ego. Magari qualificato come … "ah, quel rompicoglioni … ", tutto, piuttosto che l'oblio.
Già me la vedo, quella bionda slavata che strizza gli occhi nell'ombra. Mi guarda e mi riguarda. Scuote la testa. Parla a voce bassa con l'amica (una mascherona truccata come i carri del carnevale), chiede un suggerimento. Ma anche l'altra scuote la testa. Poi si rende conto che me ne sono accorto. Accenna un sorriso. Ma poi si alza per andare a prendere da bere. Mi gira le spalle. E, sempre con l'amica, confabula. Cerca di ripescare dalla mente il mio nome, il mio volto d'un tempo. Ancora scuote la testa. Poi va verso un ragazzo al centro della sala. Quello che all'epoca era il capo carismatico del gruppo. Gli chiede chi sono e quello, d'impronta, gli fornisce le mie generalità. Ma anche il mio cognome non le dice nulla. E neppure la sezione che frequentavo. Lui cerca, invano, di far riemergere il mio antico me stesso nella testa della bionda slavata. Ma non c'è nulla da fare. Annegato, sepolto, tamquam non esset.
No, no, no. Questo proprio non lo sopporterei.
Ecco, in poche parole, perché non andrò alla rimpatriata degli ex allievi C*** il prossimo 29 ottobre.
Santiago de Florencia
Cento chilometri ! Un viaggio. Da organizzarsi minuziosamente. Con tanto di scorte di cibo, bottiglie d'acqua e sistemi di intrattenimento per i bambini.
Raggiungere dalla costa il capoluogo di regione è impresa ardua, da compiersi dopo attenta pianificazione e previa redazione di testamento biologico. Sia mai che nel tragitto i banditi, i ladri o gli assassini assalgano la carovana per spogliar d'ogni bene l'incauto viandante.
Questa, più o meno, dev'essere l'idea di chi - da Forte dei Marmi - debba raggiungere parenti od amici domiciliati a Firenze.
Firenze è lontana, distante, oltremontana. E non ci sono mostre d'arte che tengano. Nè rappresentazioni teatrali od eventi culturali di un certo interesse. A Firenze ? Ma siamo matti ? Prima la macchina, poi il treno, forse addirittura l'autobus … no, no. Meglio starsene al Forte. Magari fare un salto alla Standa a Massa. Forse azzardarsi sino alla Metro di Pisa. Ma tenere sempre il mare a vista d'occhio. Giungere sin dove arriva il salmastro, e non un metro più su.
In questo momento, tanto per dire, qui a Firenze ci sarebbe la mostra del Bronzino* a Palazzo Strozzi, quella sul Rustici e Leonardo al Bargello ed una sui cassoni rinascimentali all'Accademia. Per non parlare poi delle consuete attrattive: la Signoria, il Duomo, San Lorenzo …
Ma no, no, guai. A Firenze non ci si va. E' troppo lontana. A meno che …
L'unica calamita, irresistibile ed invincibile, l'unico motore che riesce ad attrarre il versiliese in questo onfalo inospitale è l'Ikea. La grande madre svedese della quantità, la vera regina della casa, la dispensatrice di soluzioni.
Ora, intendiamoci: anch'io mi iscrivo nella lista dei felici clienti Ikea. Anch'io sono dotato della plasticosa tessera Family, anch'io spesso vado a gustarmi le loro aringhe affumicate. Insomma: acquisto e consiglio d'acquistare dai gialloblù. Ma ciò non ostante non riesco a capire per quale motivo il pellegrinaggio del marinello venga istigato dalle polpette svedesi e non da Michelangelo. Perché la mèta ultima sia Via Francesco Redi, 1 - 50019 Sesto Fiorentino e non, tanto per dire, Via del Proconsolo, 4 - 50122 Firenze.
La visita annuale alla Mecca della praticità toglie ogni dubbio, appiana ogni monte, cancella ogni tortuosità della strada. Ci si va persino con i figli, con le amiche, con i mariti**. Si parte in allegria, dopo scrupolosa compulsazione del catalogo, con la testa piena di Bestå, Mörrum, Patrüll, liste chilometriche di desiderata e misure del sottoscala scritte sul palmo della mano all'ultimo momento prima di uscire di casa.
E' proprio vero. Tira di più un pelo di Gåser che la Galleria Palatina.
Tant'è.
Ahh, sì. Proprio: tant'è !
* Bronzino era, tra le altre cose, il nickname di un biciclettaio (dicesi anche 'ciclista') che lavorava vicino a casa della mia nonna.
** La famiglia-tipo che si aggira per l'Ikea è argomento degno di una tesi in sociologia. E per questo meriterebbe un post a parte.
Raggiungere dalla costa il capoluogo di regione è impresa ardua, da compiersi dopo attenta pianificazione e previa redazione di testamento biologico. Sia mai che nel tragitto i banditi, i ladri o gli assassini assalgano la carovana per spogliar d'ogni bene l'incauto viandante.
Questa, più o meno, dev'essere l'idea di chi - da Forte dei Marmi - debba raggiungere parenti od amici domiciliati a Firenze.
Firenze è lontana, distante, oltremontana. E non ci sono mostre d'arte che tengano. Nè rappresentazioni teatrali od eventi culturali di un certo interesse. A Firenze ? Ma siamo matti ? Prima la macchina, poi il treno, forse addirittura l'autobus … no, no. Meglio starsene al Forte. Magari fare un salto alla Standa a Massa. Forse azzardarsi sino alla Metro di Pisa. Ma tenere sempre il mare a vista d'occhio. Giungere sin dove arriva il salmastro, e non un metro più su.
In questo momento, tanto per dire, qui a Firenze ci sarebbe la mostra del Bronzino* a Palazzo Strozzi, quella sul Rustici e Leonardo al Bargello ed una sui cassoni rinascimentali all'Accademia. Per non parlare poi delle consuete attrattive: la Signoria, il Duomo, San Lorenzo …
Ma no, no, guai. A Firenze non ci si va. E' troppo lontana. A meno che …
L'unica calamita, irresistibile ed invincibile, l'unico motore che riesce ad attrarre il versiliese in questo onfalo inospitale è l'Ikea. La grande madre svedese della quantità, la vera regina della casa, la dispensatrice di soluzioni.
Ora, intendiamoci: anch'io mi iscrivo nella lista dei felici clienti Ikea. Anch'io sono dotato della plasticosa tessera Family, anch'io spesso vado a gustarmi le loro aringhe affumicate. Insomma: acquisto e consiglio d'acquistare dai gialloblù. Ma ciò non ostante non riesco a capire per quale motivo il pellegrinaggio del marinello venga istigato dalle polpette svedesi e non da Michelangelo. Perché la mèta ultima sia Via Francesco Redi, 1 - 50019 Sesto Fiorentino e non, tanto per dire, Via del Proconsolo, 4 - 50122 Firenze.
La visita annuale alla Mecca della praticità toglie ogni dubbio, appiana ogni monte, cancella ogni tortuosità della strada. Ci si va persino con i figli, con le amiche, con i mariti**. Si parte in allegria, dopo scrupolosa compulsazione del catalogo, con la testa piena di Bestå, Mörrum, Patrüll, liste chilometriche di desiderata e misure del sottoscala scritte sul palmo della mano all'ultimo momento prima di uscire di casa.
E' proprio vero. Tira di più un pelo di Gåser che la Galleria Palatina.
Tant'è.
Ahh, sì. Proprio: tant'è !
* Bronzino era, tra le altre cose, il nickname di un biciclettaio (dicesi anche 'ciclista') che lavorava vicino a casa della mia nonna.
** La famiglia-tipo che si aggira per l'Ikea è argomento degno di una tesi in sociologia. E per questo meriterebbe un post a parte.
martedì 19 ottobre 2010
Ravings, sotto l'effetto di troppa vernaccia
Pare che ci sia grande fermento, per via che Obama parteciperà a Mythbusters. E noi, che viviamo alla periferia dell'impero facciamo finta di indignarci. Quando la nostra TV ha toccato il fondo. E scava.
Sabato sera ho visto per un'oretta "C'è posta per te". E ieri sera ho seguito il telegiornale. Roba da non crederci. E chissà cosa ne penserebbe Mario Pastore.
Sabato sera ho visto per un'oretta "C'è posta per te". E ieri sera ho seguito il telegiornale. Roba da non crederci. E chissà cosa ne penserebbe Mario Pastore.
lunedì 11 ottobre 2010
Alcune fra le più note vicende di Guerino detto il Meschino
Di Guerin detto il Meschino
le vicende ognuno sa:
sa che il globo corse, fino
alle estreme estremità.
Degli oceani giunse il fondo,
delle nubi in sommità,
tutto vide il mappamondo,
da Saluzzo al Canadà.
Vinse mostri, sfidò flutti,
per un pelo non fu re ...
Ma se è storia nota a tutti,
raccontarvela - perchè ?
Tutti sanno che una volta
per andare a Zanzibar,
gli successe che a una svolta
sbagliò strada in mezzo al mar;
Sbagliò strada: prese a destra,
e doveva a manca andar,
cosicchè la via maestra
più non seppe ritrovar.
Corse l'onde come matto,
giorni, mesi, anni ... finchè ...
Ma se è noto a tutti è il fatto,
raccontarvelo - perchè ?
Sto, Storie di cantastorie, Adephi, Milano, 2008
P.S. Avrei voluto scriverle io.
le vicende ognuno sa:
sa che il globo corse, fino
alle estreme estremità.
Degli oceani giunse il fondo,
delle nubi in sommità,
tutto vide il mappamondo,
da Saluzzo al Canadà.
Vinse mostri, sfidò flutti,
per un pelo non fu re ...
Ma se è storia nota a tutti,
raccontarvela - perchè ?
Tutti sanno che una volta
per andare a Zanzibar,
gli successe che a una svolta
sbagliò strada in mezzo al mar;
Sbagliò strada: prese a destra,
e doveva a manca andar,
cosicchè la via maestra
più non seppe ritrovar.
Corse l'onde come matto,
giorni, mesi, anni ... finchè ...
Ma se è noto a tutti è il fatto,
raccontarvelo - perchè ?
Sto, Storie di cantastorie, Adephi, Milano, 2008
P.S. Avrei voluto scriverle io.
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