Erra, dicea la Scimmia, chi
natura
e la sua provvidenza tanto loda;
verso di noi mostrossi o cieca o
dura:
come ? Non darci un palmo almen
di coda?
Fino i topi, di coda ella ha
provvisti;
a noi manca; ond’è che con maligno
occhio ogni giorno gli animali
tristi
ci guardan dietro, e poi ci fanno
un ghigno.
L’Asin risponde: io non la stimo
niente;
a che mi val ? Perché di
ragazzacci
con mille insulti un stuolo
impenitente
le spine sotto quella ognor mi
cacci?
E’ una disgrazia il non aver le
corna:
ah son le corna pur la bella
cosa!
Rimira il bue, che n’ha la testa
adorna,
che faccia alza sublime e
maestosa
E capri, e agnelli, e s’altra
inutil v’è
bestia, di corna fia dunque
guernita?
E non l’avrà una bestia come me?
Non me ne darò pace in fin che ho
vita.
Li udì una Talpa, e lor gridò:
tacete,
e per conoscer ben fin dove
arriva
vostra ingiusta follia, bestie
indiscrete,
guardate me, che sono di vista
priva.
Chi viver vuol tranquillo i
giorni sui,
non conti quanti son di lui più
lieti,
ma quanto son più miseri di lui.
Pignotti, L., Favole e novelle
del dottor Lorenzo Pignotti / nuova edizione napoletana diligentemente corretta
e riveduta, Napoli, 1830, Da’ torchi di R. di Napoli.
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