sabato 29 maggio 2010

In obscura nocte sidera micant


Iersera siamo stati ad Arcètri dove, grazie all'intercessione dell'amica A., abbiamo visitato l'osservatorio astrofisico.

Bello l'ambiente, affascinante la strumentazione, interessante la storia ... ma mi dispiace confessare che la visione delle stelle con il cannocchiale è stata deludente. Si vedevano dei pallini di luce tutti tremolanti e contornati da un alone. Saturno poi, con tutti quegli anelli, pareva una capocchietta di fiammifero dipinta nella lente. L'emozione sarà stata forte per i primi osservatóri, ma la TV di oggi ci ha abituati ad immagini troppo spettacolari per poter apprezzare la vera gloria di questa fase primitiva dell'astronomia.

Veramente straordinaria, invece, è stata la Camera di Wilson, o Camera a Nebbia. Un grande vassoio nero, circa 60 x 60, chiuso in una solida struttura in vetro entro la quale si forma un sottile ma fitto strato di vapore d'alcool. Non chiedetemi come, non chiedetemi perchè, ma questo sistema rende visibili le particelle che, attraversando lo strato, lasciano una scia chiaramente visibile ora spessa ora sottile a seconda della propria carica d'energia. Sembra di veder Pollock mentre dipinge di grigio su una piccola tela nera quadrata.

Ora, lì per lì la cosa non sarebbe poi così sensazionale. Ma quando ci si ferma a pensare che quella traccettina grigiastra rappresenta una particella che è partita dal Sole ( ... o magari da molto molto più lontano) ha attraversato tutto quelle che c'era nel mezzo, ha trapassato anche me che stavo davanti alla macchina, ha lasciato la traccia e poi ha continuato imperterrita bucando tutto quello che s'è trovata davanti, continuando indefessa il suo moto verso l'infinito ed oltre ... viene la cute anserina (che poi non sarebbe altro che la ciccia di gallina).

Sul serio, viene proprio la ciccia di gallina. Tanto che ad un certo punto me ne sono dovuto andare, perchè il pensiero dell'infinito, di quella particella che non si sarebbe fermata mai, mi soffocava d'angoscia.

Eh già. Perchè mentre il saggio indica il cielo con un dito, lo stolto guarda il dito. E ride.

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